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Nike celebra con Serena Williams la pazzia coraggiosa delle donne (VIDEO)

NIKE, SERENA, WILLIAMS

LADBible | Facebook

Annalisa Teggi - pubblicato il 26/02/19

Uno spot potente che parla di un coraggio ferito che porta all'eccellenza. Possiamo celebrare anche l'audacia di donne che si fanno ultime per compiere imprese matte e benedette?

Pur essendo inesperta in materia, intuisco che ogni campagna pubblicitaria sceglie un focus attorno a cui costruire un messaggio potente, che sia una parola o un concetto o un’immagine. Per un nuovo spot che ha la voce narrante di Serena Williams, Nike ha scelto una parola inglese breve, incisiva, poliedrica come un prisma: crazy.

Demente, stramba, entusiasta, meravigliosa

Per quanto in italiano esistano numerose parole inerenti la pazzia (strambo, folle, matto, eccentrico), nessuna riesce a tradurre davvero il senso di crazy. E qui sta la genialità del marketing, che ha trovato un piccolo contenitore dentro cui stipare l’infinito. In più, Nike ha associato questa particolarissima forma di pazzia alla donna.


SERENA WILLIAM

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In appena due minuti di video si crea una tempesta perfetta che nasconde un imponente lavoro concettuale. Vale la pena raccontarlo.

Il potenziale del termine crazy sta nel fatto che convivono nel suo significato estremi negativi e positivi. Il viaggio delle parole nel tempo ne fa dei contenitori sempre più ricchi di sfumature, unici e perciò intraducibili. Infatti in inglese la storia di crazy è molto variegata:

I sensi di questo aggettivo vanno dal “pazzoide, demente, malato di mente” al “insensato, irrealizzabile” (uno schema folle*), fino al “esageratamente entusiasta” (pazzo* di baseball). Altre definizioni includono “fortemente innamorato” e “bizzarro” (lei indossa sempre un cappello assurdo*); e anche “meraviglioso, eccellente”. (da The Thirty) (*nell’originale inglese c’è crazy)

Mi sono imbattuta in questo approfondimento linguistico facendo una breve ricerca sul web, e trovando un sito americano di lifestyle che dedica un lungo pezzo a spiegare perché l’insulto più sessista verso le donne sia proprio definirle crazy. In sintesi la parola nasce attorno al 1500 nell’ambito delle malattie mentali, e solo attorno al 1920 acquisisce tutta la connotazione positiva che ha tuttora, grazie alla cultura jazz (in cui la stravaganza assume il senso di cosa eccellente).


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Per 400 anni crazy ha mantenuto un valore patologico, solo da un secolo a questa parte ha assunto un risvolto di meraviglia. Lecito dunque che sia percepito come un insulto, soprattutto per etichettare l’emotività e l’irruenza femminile.

SERENA WILLIAM
By Neale Cousland | Shutterstock

E Nike ha creato la collisione perfetta tra questo paradosso che convive in un bisillabo così veloce da pronunciare. La prima parte del video è tutta incentrata sulla pazzia femminile in senso patologico, la seconda fa esplodere tutta l’esuberanza positiva della follia, come tenacia e intuizione. Come a dire: la donna è capace di contenere squilibri enormi e rilanciarli in conquiste impensabili.

Dall’isteria al genio

Nello spot della Nike il racconto di Serena Williams accompagna immagini di donne sportive di ogni disciplina che hanno mostrato i risvolti di sé più assurdi e fantastici. La stessa Williams è stata emblema di eccentricità sul campo da tennis e recentemente non ha taciuto la sua depressione post parto; ha poi osato ritornare a prendere la racchetta in mano nonostante la pausa della maternità. Se c’è una crazy è lei.

Se mostriamo le emozioni ci definiscono melodrammatiche. Se ci mettiamo a giocare contro i maschi, dicono che siamo svitate. Se sogniamo le pari opportunità, deliriamo. Quando lottiamo per qualcosa, siamo squilibrate. Quando eccelliamo da qualche parte, deve esserci qualcosa di sbagliato in noi. E se ci arrabbiamo, siamo isteriche, irrazionali o semplicemente pazze (crazy).

La pars destruens del video arriva a far deflagrare la parola chiave dopo aver elencato tutte sfaccettature più brutte della pazzia; sono parole scelte accuratamente per indicare (come nel caso dell’isteria) le cause di internamento nei manicomi delle donne.


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Anche le immagini non sono meno mirate, sul tema dell’essere “sbagliate” compare l’atleta Caster Semenya su cui incombe lo spettro dell’iperandroginismo (i livelli alti di testosterone le procurarono un test del DNA per verificare che il suo sesso non fosse maschile, il risultato dell’esame è rimasto privato). Detto per inciso: Nike sa bene che c’è una discussione accesa e infuocata nel mondo sportivo sugli atleti transgender e questo spot è ancora molto stile Ponzio Pilato … ma senza precludersi un ammiccamento.

L’affondo successivo del video è tutta un crescendo di entusiasmo.

Ma una donna che corre la maratona è da pazzi. Una donna sul ring della boxe è da pazzi. Una donna che fa canestro è da pazzi. Essere un’allenatrice del NBA è da pazzi. Gareggiare col hijab è da pazzi. Cambiare sport, fare un doppio avvitamento con lo snowboard o vincere 23 Grandi Slam, avere un figlio e poi tornare a gareggiare per vincere ancora è da pazzi, pazzi, pazzi, pazzi. Allora mostra loro cosa sa fare una pazza.
HIGH SCHOOL VOLLEYBALL
K.M. Klemencic | Flickr CC by 2.0

L’ultimo riferimento che la voce di Serena Williams fa è proprio a se stessa; il suo rientro nelle competizioni dopo la maternità è stato bersaglio di molte frecciate. Il guizzo geniale che c’è nella pazzia è uscire dal seminato, imboccare the road not taken, citando Frost, cioè il sentiero non battuto. Però mi pare che questo sentiero non battuto di donne coraggiose e folli che la Nike applaude sia tra i più prevedibili del copione: un tocco di femminismo, un tocco di tolleranza religiosa, un tocco di competizione col maschile, e soprattutto una onnipresente associazione tra essere diversi ed eccellere.


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Distinguersi, chissà perché deve sempre aver a che fare con il criterio di essere migliori.

Un tocco di follia in più

Crazy è senz’altro un aggettivo che si addice alla donna, a quel vaso di Pandora che è la sua emotività e determinazione … anche la sua zampata ferina. Quanto a me, non ritengo un insulto neppure l’essere giudicata isterica e svitata. So bene che mi appartengono come giuste etichette in certi momenti di vita neanche troppo esclusivi.

In italiano il termine più vicino all’inglese crazy è probabilmente “folle”, avendo tutti noi subito il fascino del motto di Steve Jobs stay hungry, stay foolish. Alcuni di stampo vecchio stile come me, oserebbero tirar fuori l’impolverato folle volo dell’Ulisse dantesco. Insomma la follia contiene sia il seme di una malattia mentale sia di un’intuizione geniale. L’essere portatori sani di follia può dunque svelarsi un complimento lusinghiero; va benissimo per tutte quelle imprese che richiedono un coraggio fuori dalla norma.




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Ci sono imprese che non solo impensabili perché richiedono una forza estrema per essere intraprese, ma perché vengono schifate, snobbate derise dai più. La Nike si occupa di sport e parla del coraggio delle donne; noi vorremmo alzare un po’ l’asticella suggerendo un genere molto forte di audacia …. ed effettivamente per parlare di un certo tipo di follia femminile occorre abbassare del tutto l’asticella, per essere davvero coraggiose. E occorre scrollarsi di dosso pure tutto il velo dorato della follia. Molte sante donne sono proprio matte, e benedette.


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Samu Lyer | CC BY SA 4.0

Siamo tutti ben predisposti a capire il positivo della follia di una donna che sfida il pensiero maschilista; tutti riconosciamo il frutto di una follia che conquista premi e medaglie d’oro. Che ne pensiamo dell’audacia che per essere tale si fa invisibile?




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Prima di salire sugli altari Santa Teresa di Calcutta era una matta che stava tra gli intoccabili. Nessun applauso, nessun premio in palio, moltissime vite semplicemente accudite prima di morire. Ecco l’audacia che abbassa l’asticella per ottenere il centuplo. Tante donne più comuni di lei seguono quotidianamente questo sentiero davvero poco battuto; anche donne che, nascoste per anni, col tempo hanno emanato una luce così forte da essere oggi un grande faro. Può, ad esempio, la Nike sfornare un paio di scarpe personalizzate per Paola Bonzi? (… anche solo utilitaristicamente gli ha fornito migliaia di paia di piedi in più).

Dunque la nota dolente di questo capolavoro di spot è che per l’ennesima volta viene proposto alle donne un modello di coraggio che è fratello gemello dell’eccellenza.




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Ma sappiamo che ci sono sportive, mamme, fidanzate, suore, studentesse, figlie che hanno sete di un altro messaggio per stare a schiena dritta di fronte alle loro giornate molto comuni, eppure uniche: hanno bisogno di conforto per rimanere salde e invisibili lì dove sono; bisogno della conferma che stare dietro e stare in fondo significa piantare le fondamenta; bisogno che si ricordi loro che per essere veramente audaci occorre liberarsi dell’abbaglio del primo posto. Sì, siete delle matte. Ma avete ogni rotella al posto giusto.

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