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Ma perché uomini e donne amano così diversamente?

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Paul Habsburg - pubblicato il 30/12/19

In una coppia, la maniera di amare non è affatto omogenea. Per un uomo, «nessuna nuova, buona nuova». Per una donna quasi il contrario. I bisogni sono differenti in funzione delle rispettive natura. Se non lo si comprende in profondità, e se a questa comprensione non si associa Dio, si rischia di avviare circoli viziosi. Non è facile ma vale la pena di tentare un qualche eroismo. No?

«Fabien è sempre meno aperto… parliamo così poco…», dice Élise.

Non si apre più come prima, e mi manca così tanto! Perché non ho più accesso alla sua persona interiore, all’intimità del suo cuore, certe volte mi sembra di soffocare!

Aveva l’impressione che il marito preferisse parlare con l’ultimo arrivato piuttosto che con lei. Come se fosse calata una cortina fra loro due: tornava dal lavoro sempre più tardi, e quando lei cercava di capirne la ragione, confessandogli come la cosa la ferisse, lui reagiva piuttosto male. Gli capitava anche di alzarsi senza una parola e di uscire di casa.




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Da parte sua, Fabien mi confidava che non riconosceva più sua moglie: era sempre meno attenta ai suoi bisogni, non riconosceva più gli sforzi che faceva sul lavoro. Il peggio – mi diceva – erano le sue espressioni, talvolta estremamente violente. Questo non poteva sopportarlo, al punto che preferiva essere solo piuttosto che insultato. Che cosa è capitato a quegli sposi radiosi, quelli che tutti consideravano una coppia-modello, l’esempio delle anime gemelle, da quanto apparivano complementari?


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Niente di che, in effetti… Stavano conoscendo entrambi un richiamo alla propria specifica natura sessuata: Fabien è un uomo, Élise una donna. Il loro modo di amare non è affatto simile, i loro bisogni sono assolutamente diversi. Tra loro, la maggior parte delle donne risolve i problemi relazionali con una conversazione sincera e aperta, dove ci si dice tutto quel che si sente e si pensa, senza nascondere nulla: quindi cercano di comprendere l’altra e di trovare un punto d’intesa in ciò che le unisce. Riconoscono altresì i loro errori e si chiedono scusa a vicenda. Quando è sincera e non accompagnata da autogiustificazioni, questa richiesta di perdono è molto importante: spesso la scena si conclude con qualche lacrima, ci si abbraccia e si riparte.


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Da parte loro, gli uomini preferiscono risolvere i problemi tra loro senza parlarne. Si ritirano in solitudine in un luogo di silenzio per riflettere… Ancora meglio: quando non trovano una soluzione evidente, mettono la cosa da parte e il più delle volte finiscono per dimenticarsene. Il tempo passa, la tempesta si sposta e la vita continua come se nulla fosse. Si ricordano sì che c’era stato qualcosa… ma niente di grave, perché la vita è più importante delle nostre dispute… Trovano tanto preferibile non ferire l’altro che si comportano da gentiluomini: quei due sono gli stessi che potrete osservare mentre guardano insieme una partita di calcio, e tutto sarà stato dimenticato. Può sembrare un po’ caricaturale, eppure è proprio così che funziona… tra uomini. In una coppia, invece, no.


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Queste differenze sono volute dal Creatore, e sono anzi necessarie, perché è proprio in queste differenze che l’uomo scopre che deve oltrepassare il suo modo di essere, la sua maniera di amare. Grazie alle differenze comprenderà di essere fatto per il dono di sé: l’uomo è

la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stesso, non possa ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé.

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E Papa Giovanni Paolo II precisò che da sé l’uomo non può realizzare interamente la propria essenza:

La realizza soltanto esistendo “con qualcuno” – e ancor più profondamente e più completamente: esistendo “per qualcuno”. Questa norma dell’esistere come persona è dimostrato nel Libro della Genesi come caratteristica della creazione, appunto mediante il significato di queste due parole: “solo” e “aiuto”. Sono proprio esse che indicano quanto fondamentale e costitutiva per l’uomo sia la relazione e la comunione delle persone. Comunione delle persone significa esistere in un reciproco “per”, in una relazione di reciproco dono. E questa relazione è appunto il compimento della solitudine originaria dell’“uomo”.

Giovanni Paolo II, udienza generale 9 gennaio 1980

Poiché Élise ha dei bisogni veramente molto differenti da quelli di Fabien, bisognerà che egli esca dalla propria comfort zone, dal suo modo naturale di amare, per imparare a conoscere in profondità i bisogni di sua moglie. Questo cammino di conversione, questo “esodo”, dispiegherà tutto il potenziale che si trova in lui. In questo senso, la donna è un vero dono del Creatore per l’uomo (e viceversa), grazie al quale si realizza l’essenza dell’uno e dell’altra.




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È precisamente in questa differenza tra l’uomo e la donna che si dà un grande potenziale di crescita… ma è pure lì che sta in agguato, almeno virtualmente, un circolo vizioso: per un uomo vale il detto “nessuna nuova, buona nuova”, per una donna assolutamente no. Per lei, più si smette di confidarsi cuore a cuore, meno va bene. Quando ad esempio uno dei due è preso da un lavoro che separa la coppia per più di tre giorni, la cosa si fa davvero pericolosa: se questa musica non dura più di un anno e non si prolunga, può anche andare, ma se permane nel tempo può lasciare tracce. In molte donne, il silenzio e la mancanza di prossimità sviluppano il senso di non essere amate.


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Quando poi una donna non si sente amata, tende ad agire in modo che l’uomo – a sua volta – non si senta rispettato. Cosa che lo indurirà o lo inciterà ad aumentare le distanze. Come è avvenuto a Fabien. E ciò rappresenta per la donna la peggiore delle aggressioni. Élise non voleva essere né dura né violenta, tutto al contrario! Voleva ritrovare l’unità che si erodeva. Malgrado la sua collera esteriore, dentro di sé era veramente calma: se criticava Fabien era per amore. Riconosciamo che questo è difficilmente comprensibile per gli uomini, ma allora attenzione Signori: nella coppia, quasi tutti gli sforzi della donna hanno per finalità la fortificazione del legame tra gli sposi, lo stabilimento di una più forte connessione: è la loro missione, è così che Dio li ha creati – è ciò in cui l’uomo dovrebbe credere, e anzi verso cui dovrebbe essere riconoscente. Se ci riesce in modo quasi incondizionato, riuscirà a digerire questa “amorosa critica” molto differentemente.


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D’altro canto, capita che la sopraddetta “amorosa critica” cada nel momento sbagliato, che sia accompagnata da un viso poco ameno e da un tono di voce un tantino elevato. L’uomo interpreterà questo come un atto ostile, almeno come una violenza verbale, e potrà non saper gestire il caso – lui che vuole restare calmo (all’esterno, perché dentro è un vulcano in eruzione) presumendo di poter così meglio risolvere il problema. Non vuole reagire con parole troppo forti, perché sa che il loro significato potrebbe essere male interpretato: segue il suo codice d’onore. Alle volte si ritira, pure senza dire nemmeno una parola. Non perché voglia aggredire la moglie, ma per amore, per non diventare egli stesso violento.




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Siamo al cuore della contraddizione e del malinteso: per una donna, andarsene in silenzio è una grave aggressione, e dunque reagirà di conseguenza. La sua collera aumenterà, e questo darà al marito ancora meno voglia di tornare prima a casa e di aprirle il suo cuore. Un vero circolo vizioso! È così che Dio ci ha creati, e certamente non per farci soffrire, bensì per la nostra felicità. Per trovare la luce e comprendere quali siano i nostri differenti bisogni, niente di meglio che scrutare le Scritture. Alle volte, la Parola di Dio contiene parole sorprendenti. Dalla lettera agli Efesini, san Paolo ci dice questa frase:

Ciascuno ami la moglie come sé stesso, e la donna abbia rispetto per il marito.

Ef 5,33

Dunque, l’uomo deve amare la moglie e la donna rispettare il marito. Perché siffatta differenza? La ritroviamo nella seconda domanda che il sacerdote pone agli sposi nel dialogo iniziale, poco prima della promessa di matrimonio: «Siete disposti, seguendo la via del Matrimonio, ad amarvi e a onorarvi l’un l’altro per tutta la vita?». Avevo preso l’abitudine di considerare che “rispetto” significasse l’accettazione dell’altro nelle sue differenze, ma ripensandoci meglio credo che la questione – quella di un impegno mutuo e intero – sia parecchio più profonda e importante, e va a sottolineare la chiara distinzione fatta da san Paolo.




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Ciò non vuol dire, ovviamente, che l’uomo non deve rispettare la moglie e che la donna non deve amare il marito: al contrario, si tratta di superare le tendenze naturali di ciascuno per incontrarsi al di sopra. Per un uomo, però, dopo qualche anno di matrimonio diventa meno naturale amare la moglie, avere parole amabili, sguardi benevoli, gesti di tenerezza… Gli viene più difficile dirle con tutto il cuore “ti amo, amore mio!”. Nella donna, col tempo diventa meno naturale rispettare il marito, ammirarlo, essere sempre positiva senza criticarlo. Le viene più difficile dirgli con cuore sincero “ti ammiro, amore mio!”. Per l’uno come per l’altra, si tratta di comportamenti meno naturali – ma non impossibili. E che meraviglia quando invece si diventa esperti dei bisogni dell’altro!


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Care mogli, cari mariti, alziamo la testa e guardiamo Dio dritto in volto: se ci invita ad amare diversamente, diamogli fiducia perché è con la sua Parola che s’impegna! Perciò bisogna anzitutto credere alla buona volontà dell’altro, accettando le differenze. Avete visto? Fabien ed Élise reagiscono per amore e rispetto, davvero! Lei lo critica per amore, lui indietreggia per rispetto. Per rompere il circolo vizioso, Fabien dovrà avere il coraggio di amare la moglie per rispetto… vale a dire che quando rientra a casa la sera lascerà la propria nuvola nera davanti alla porta e dirà a sé stesso: «Fabien, la tua giornata comincia adesso, c’è un cuore da conquistare: yes, we can!». Se semplicemente egli osa entrare con un sorriso, prendere fra le braccia sua moglie e dirle: «Non vedevo l’ora di rivederti! Raccontami un poco come stai»… Vedrà allora che le critiche scompariranno, potrà guardare la Croce e dire a Gesù “missione compiuta!”.


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Élise, invece, ha come missione l’imparare a rispettare Fabien, per amore. Quando vede il marito a sera affaticato e con lo sguardo cupo… se riesce semplicemente a posargli la mano sulla spalla e dirgli: «Caro, grazie di quanto fai per la tua famiglia: sono fiera di te!»… Vedrà il viso di lui illuminarsi. Élise dovrà avere il coraggio di essere positiva, di accogliere il marito con gioia e di abbandonare le lagne (per il momento). Se mostra di ammirarlo sinceramente per tutto quello che fa, troverà un uomo che si aprirà, che sarà tenero e attento… anche alle sue “amorose critiche”.




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Non è facile, sono assolutamente d’accordo! Considero però quel che c’è in gioco – la vostra vocazione, il vostro coniuge, la vostra coppia – e penso che il gioco valga abbondantemente la candela. Se stasera amerete l’altro un po’ di più, un po’ meglio, allora l’amore di Dio abiterà a casa vostra un poco di più. E per questo fine si può tentare un po’ di eroismo, non credete?

PS: se volete approfondire il tema, vi raccomando vivamente il libro di Emmerson Eggerichs, Amore & Rispetto

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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