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3 parole da ricordare se volete la felicità duratura nel vostro matrimonio

DANCING

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Edifa - pubblicato il 05/11/19

Queste semplici idee possono trasformare un rapporto

di Christine Ponsard

“Ogni volta le coppie vengono da me”, mi ha detto una volta un sacerdote, “le lascio con tre paroline: parlare, perdonare, pregare”.

Queste tre parole sono fondamentalmente un programma della vita coniugale. Offrono punti di riferimento per aiutare una coppia ad andare avanti, a mettersi in discussione e a fare il punto della situazione: a che punto siamo nella nostra comunicazione come coppia? C’è ancora qualcosa per cui devo chiedere perdono? La preghiera è al centro della nostra vita?

Parlare

Sappiamo tutti che a volte parliamo senza dire molto, e che la comunicazione in una coppia non è proporzionale al numero di parole scambiate. Prendete il caso estremo di alcune coppie in cui per malattia o incidente uno dei due non può parlare e tuttavia la comunicazione è profonda.

Perché il fatto di parlare promuova l’amore bisogna iniziare ascoltandosi a vicenda. Molte coppie si lamentano della mancanza di dialogo, mentre poche si lamentano della mancanza di ascolto. È proprio l’assenza di ascolto, però, che cancella il dialogo: non dovete quasi aprir bocca prima che l’altro, sapendo cosa sta per ascoltare, assuma uno sguardo addolorato ancor prima che arriviate alla fine della frase. E allora cercate un altro argomento, e poi un altro, finché non ce ne sono più. Cadete nell’anonimato e in un silenzio di piombo estraneo a un cuore che ascolta.

È riprendendosi il tempo di assaporare la presenza dell’altro che può arrivare alle labbra una parola d’amore, seguita da uno scambio su un argomento che, anche se magari difficile, è comunque benvenuto quando l’amore è a un livello basso. Si può riscoprire la condivisione autentica. Ci vuole tempo per parlarsi. Si deve sapere come “sprecare tempo” parlando di questo o quello, e prendersi il tempo per essere davvero lì l’uno per l’altro. Tra coniugi, non si prende un appuntamento per parlare delle cose più importanti. Accade spontaneamente, mentre si parla, perché ci si è presi il tempo per allenare un orecchio che ascolta davvero.

Scusa

Quello che diceva Jean Vanier sulla vita comunitaria si può applicare anche al matrimonio: “Se entriamo in comunità senza sapere che il motivo per cui ci veniamo è imparare a perdonare e ad essere perdonati sette volte sette, verremo presto delusi”.

Molti divorzi derivano probabilmente dal fatto che la maggior parte delle coppie fidanzate non ha idea del fatto che il matrimonio è lo stato in cui si ha più perdono da offrire e ricevere. Molti, al contrario, pensano che “l’amore significa non dover mai dire ‘Mi dispiace’”, come ha scritto Erich Segal in Love Story. Quando arrivano dei dispiaceri – e prima o poi arriveranno, perché vi amate e l’amore rende vulnerabili –, le coppie iniziano a fingere che non esistano e finiscono per pensare di non amarsi più.

Dire che si è dispiaciuti non è un fallimento dell’amore, ma tutto l’opposto: è il segno del vero amore.

Ricordo un sacerdote che vedendo una coppia di anziani camminare mano nella mano si meravigliò pensando a “quante centinaia e centinaia di ‘Scusa’ deve rappresentare un amore così lungo!”

Pregare

Una coppia sposata 50 anni fa ha ricevuto un giorno questo consiglio: “Ogni sera recitate il Padre Nostro e l’Ave Maria insieme, mano nella mano, e offrite la vostra giornata e la vostra a notte a Dio per un riposo sereno”. Un po’ scettico di fronte a questa semplice richiesta, il marito tuttavia ha acconsentito, e qualche anno dopo ha detto: “Il nostro matrimonio è stato trasformato. È a questo abbandono nelle mani di Dio che dobbiamo la tranquillità di cui ora godiamo nella nostra vita come coppia”.

Molte coppie non riescono a pregare insieme perché optano per risoluzioni impossibili da sostenere a lungo termine. Per pregare insieme – e per rendere duratura la preghiera coniugale – non bisogna complicare le cose: cosa può essere più semplice del recitare il Padre Nostro e l’Ave Maria? È quasi niente, e tuttavia cambia tutto. Perché “quasi niente” è come i cinque pani e i due pesci del Vangelo: il Signore moltiplica tutto all’infinito.

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