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Vincent Lambert, il 20 maggio sarà eseguita la condanna a morte per fame e sete

Vincent Lambert – fr

© PHOTOPQR/L'UNION DE REIMS

Paola Belletti - pubblicato il 17/05/19

Eutanasia a tappe forzate per il 42enne francese che ha avuto la sfortuna di restare vivo e di sembrare utile alle lobbies dello smaltimento rifiuti umani. Ma c'è chi resiste, insieme con i genitori.

Sul pianeta rosso, persino, siamo finiti a cercare l’acqua e nell’ospedale di Rems, in Francia, è programmato che a partire dal 20 maggio, lunedì prossimo, sia tolta l’idratazione ad un uomo immobilizzato a letto perché muoia.

Quest’uomo si chiama Vincent Lambert, un signore che ha avuto la sfortuna di incappare in un incidente stradale nel 2008 unito all’ardire di non morire subito. Era in sella alla sua moto, il 29 settembre di 11 anni fa e stava andando al lavoro.

Cioè, prima che facciano salire la nebbia intorno a questo fatto semplice e brutale con le loro perifrasi e i loro protocolli (o meglio per diradarla, visto che di polvere ne hanno alzata già parecchia e da tanto tempo), guardiamoci la scena.

Un uomo adulto, disabile e non in fin di vita, amato e accudito dai suoi anziani e pugnaci genitori -meno, molto meno dalla moglie che invece si trova d’accordo con i medici che intendono procedere con la sospensione dei sostegni vitali (Nota Molto Bene: per me e per te sono sostegni vitali il pranzo di oggi e l’acqua in bottiglia con basso residuo fisso; le acque aromatizzate, il succo ace, no oggi non mi va, meglio un estratto di rapanello, ananas e zenzero. Per dire) -, fra circa 72 ore sarà privato del nutrimento e peggio, molto peggio, dell’idratazione. Come un cane alla catena e la ciotola messa distante un palmo in più della lunghezza del collo teso al massimo. Perché i mezzi per idratarlo e nutrirlo sono proprio lì a pochi centimetri da lui.

L’annuncio è stato dato dal suo medico curante, Vincent Sanchez, in una lettera rivolta ai famigliari di Lambert che recita testualmente: “Vi informo che la sospensione dei trattamenti e la sedazione profonda e continua evocata dalla procedura collegiale avranno inizio nel corso della settimana del 20 maggio”. (Vatican News)

Era il 10 maggio scorso.




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Essere handicappati è una colpa che merita la pena capitale

Eppure, ripetiamolo ancora, e ancora, l’uomo non è affatto in una fase terminale, cioè non si tratta di accelerare un processo già iniziato quello dell’agonia che altrimenti sarebbe stranamente lungo: 11 anni di agonia ininterrotta visto che le condizioni sono stabili da allora. Distinguo agghiacciante poiché anche l’agonia che conduce alla morte è parte integrante e intoccabile della vita di una persona. Esiste la terapia del dolore, esistono sistemi umani e davvero pietosi per accompagnarla.

Ma siccome abbiamo a che fare con una serie di cervelli che ragionano di qualità di vita (la loro, forse) allora conviene che si sappia: Vincent non sta morendo. Vincent non sta morendo. Vincent non sta morendo.

La madre lo dice continuamente e ogni volta la umiliano con insulse virgolette come si trattasse di invenzione della sua febbrile immaginazione, di una donna resa pazza non tanto dall’amore al figlio, quanto dal suo essere cattolica, vicina a frange integraliste; lo ricorda Leone Grotti su Tempi. Siamo alle solite, che noia signori miei, se non fosse che anche questa è vera persecuzione e con tanto di morti e feriti.

Vincent è tetraplegico, in uno stato di coscienza minima (la mamma dice “Manifesta regolarmente la sua presenza, ci riconosce (…). Ha bisogno di tempo, di fiducia, di benevolenza”), nutrito e idratato artificialmente, in grado di respirare da solo, con regolare ritmo sonno-veglia.

E’ evidentemente una persona in stato di grave handicap (ce ne sono anche di molto più gravi! Per esempio mi pare che risponda agli stimoli visivi, e uditivi e tattili. E che abbia “solo” il sondino e non la più invasiva PEG).

Ma essere handicappati equivale quindi ad un crimine tra i più odiosi se merita la pena capitale. Lo disse Oriana Fallaci, lo diciamo anche noi. Lei parlava allora di Terry Schlinder Schiavo.

Intervistata dal quotidiano “Il Foglio” commentava:

nella nostra società parlare di Diritti-Umani è davvero un’impostura, una farisaica commedia. Ne deduco che da noi essere malati in modo inguaribile è un delitto per cui si rischia la pena capitale. Ne deduco che nel nostro tempo chi è malato in modo inguaribile viene considerato un cittadino inutile, un disturbo da cancellare, quindi un reprobo da punire. (…) Ammazziamoli tutti gli handicappati, i paralitici, i paraplegici, i tetraplegici, i mongoloidi, i nonni e le nonne novantenni che giacciono a letto col femore rotto. E con loro i rachitici, i gobbi, i monchi, gli zoppi, i ciechi, i sordi. Anche se sono sordi come Beethoven che da sordo scrisse l’Eroica. Anche se sono ciechi come Omero che da cieco scrisse l’Iliade e l’Odissea. (…) (Il Nuovo Arengario).

Un’iperbole che perde forza retorica a vista d’occhio e diventa ogni giorno di più una didascalia, la cronaca di un fenomeno reale e pervasivo.

Una morte messa in agenda in nome di un’altra agenda

Hanno semplicemente programmato di sopprimerlo, Vincent. E siccome sono persone a modo e organizzate hanno sfogliato le agende e visto che lunedì prossimo poteva andare. Ovvero ad un mese di distanza dall’ultima tregua concessa dal ricorso presentato dai legali dei genitori e accolto dalla Corte del Tribunale Amministrativo di Châlons en Champagne. In nome di quel pronunciamento la rimozione dell’idratazione è stata sospesa.

In realtà l’agenda che hanno sott’occhio non è tanto quella dei turni di lavoro degli infermieri o dei giorni di consegna dei farmaci sedativi, piuttosto è quella politica. Ricorda il collega Giovanni Marcotullio che ogni sette anni si riuniscono gli Stati generali della Bioetica

per riconsiderare gli aspetti dell’ordinamento vigente che interessano inizio e fine-vita alla luce dei progressi medici e tecnici. Essi sono stati appunto convocati in questa primavera, e le solite lobbies si sono vastamente adoperate per cercare di forzare le marce della politica imponendole la nota agenda radicale: meno soldi per le cure, agevolazioni per lo smaltimento dei membri improduttivi della società. (Aleteia)



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Accanimento eutanasico, ma parliamo come mangiamo: vogliono proprio sopprimerlo

I fautori della morte pietosa sono anche acutissimi osservatori e smascheratori di inganni. Quella sagoma di Vincent vuole morire, solo che dissimula e lo fa in modo davvero sorprendente. Come si spiega altrimenti che abbia resistito per 31 giorni in totale assenza di alimentazione e alla riduzione più che drastica dell’idratazione? 

A fine marzo 2013 dal dottor Karinger, in accordo con Rachel Lambert e all’insaputa dei genitori e dei fratelli di Vincent: viene interrotta l’alimentazione e ridotta drasticamente l’idratazione (200 ml/24 ore). Il 20 aprile, durante una visita, uno dei fratelli, scopre che Vincent sta subendo questa tortura (terapia eutanasica, nell’antilingua) da oltre 10 giorni. I genitori di Vincent mandano un ufficiale giudiziario per indurre il Dr. Kariger a ripristinare l’alimentazione e presentano un rapporto al Procuratore della Repubblica per tentato omicidio. Dopo settimane di trattative, il giudice costringe il Dr. Karinger a reintrodurre l’alimentazione artificiale: Vincent Lambert è rimasto completamente privo di alimentazione per 31 giorni. E’ l’11 maggio 2013. (Il Nuovo Arengario)

Sì quest’uomo è veramente un fenomeno.




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«Non è privo di coscienza, ma della capacità di esprimersi», afferma instancabile la madre Viviane. Di parere opposto, ma concorde con la Corte dei diritti umani, l’ospedale, sono due degli otto fratelli di Vincent, un nipote e soprattutto la moglie. La quale riferirebbe di una volontà espressa dal marito, prima dell’incidente, di non voler vivere ridotto in quello stato.

Siamo in piena partita, in un campionato mondiale abusivo

Due domande:

1- non potrebbe ora aver cambiato idea e non riuscire ad esprimerla? (Certo, il “non riuscire ad esprimere idee a riguardo di alcunchè pare sia uno parametri fondamentali per il controllo- qualità)

2- perché pensiamo che la vita sia un bene a nostra totale disposizione? Ovvero: quand’anche Vincent fosse d’accordo con questa volontà di suicidio appaltato, non ci rendiamo conto che la tragedia è essere al punto in cui QUESTO è diventato il problema: assecondare la volontà individuale qualunque essa sia? (il passaggio poi ai rappresentanti della volontà, ai suoi solerti tutori è presto fatto)

La questione che mi attraversa da cima a fondo quindi è proprio questa: se si trovasse in una condizione ancora meno “espressiva”, con una coscienza ancora più bassa (o una nostra insufficiente capacità di misurarla!), sarebbe allora in forza di questo stato o meglio della nostra grossolana registrazione di uno stato, un candidato ideale per la soppressione?

Combattere per Vincent “solo” perché sa cogliere segnali seppur debolissimi di coscienza significa accettare il campo di battaglia circoscritto dai nemici dell’uomo. Le righe bianche dicono: qui dentro si decide quando e per quanto val la pena vivere.

Enne O., no. Lo dico pensando a chi conosco e amo profondamente, a volte con un amore che è dolore e basta, dentro un’angoscia che si taglia con il coltello, a volte. Il nostro bambino non vale perché ride, ma sentirlo ridere ci sommerge di gioia improvvisa. Non ha sempre riso. E’ stato anche in coma, non reagiva nemmeno a insistiti stimoli dolorosi. Abbiamo pianto rimpiangendo il pochissimo che prima sapeva fare e temevamo aver perduto. Poi si è risvegliato e ci ha ridato quel pochissimo e ogni tanto ci aggiunge dell’altro. A seconda di come sta, di quel che può, di quanto c’azzeccano le terapie.

La mentalità eutanasica dilaga

Sono così grata di non vivere continuamente sotto check up per valutare se la sua vita valga o meno, se ci stia dando abbastanza o no. Ci dà quel che può e non è nemmeno tenuto a farlo. Si sta meglio, in questo campionato. C’è più fair play, per ora.

Ma c’è da avere paura e una paura fondata (io ne ho tanta). Le DAT sono divenute legge nel 2017 che tanta commozione sono costate alla tenerissima Emma Bonino e ora è depositata in Senato la proposta di legge del sen. pentastellato Matteo Mantero sul tema eutanasia: vuole riportare il dibattito sul tema sofferenza malati. Hanno diritto di morire a km zero. Suicidio assistito, entro i patri confini e meno traffico alle frontiere.

La battaglia dei genitori

D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera (Luca, 12, 49)

Il piccolo regno familiare di cui fa parte  Vincent è un piccolo regno diviso in sé stesso. Assediati dalla maggioranza degli altri figli, la mamma e il papà si fanno carico di pesi inimmaginabili.

L’uomo è veramente e non metaforicamente sotto sequestro: ogni volta che lo vanno a visitare ed accudire devono sottoporsi ad un’ingiusta procedura di riconoscimento. Hanno scoperto per caso, la prima volta, che era stato privato dei sostegni vitale (cibo, idratazione). E devono correre da un campo all’altro: oltre a quello già impegnativo dell’assistenza al figlio ci sono quello pubblico e quello giuridico (quindi sono altri due campi) nel quale devono dimostrare che la vita di loro figlio non è una batteria esausta da smaltire, non è rifiuto, non è packaging ingombrante da sminuzzare compattare e chissà forse riciclare. Un angolo giro di ingiustizia.

MARCH FOR LIFE ROME MAY 19
Antoine Mekary | ALETEIA



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L’opinione pubblica

Non è Alfie, non è Charlie, è solo Vincent. Suscita meno tenerezza? Non deve meritare meno sdegno. Chi combatte per la vita deve restare lucido, duro, poco emotivo. Non importa che non abbia pupazzetti intorno al letto (forse ne ha?), che non indossi soffici pigiamini, che non possa stare in braccio. Tutti noi sappiamo che è un uomo.

Papa Francesco lo aveva tenuto proprio stretto ad Alfie nello stesso appello a rispetto e alla difesa della vita sempre, soprattutto in condizioni di fragilità. Ricordate? Era il 18 aprile del 2018:

Attiro l’attenzione di nuovo su Vincent Lambert e al piccolo Alfie Evans: vorrei ribadire e confermare che l’unico padrone della vita dall’inizio alla fine naturale è Dio. Il nostro dovere è fare di tutto per custodire la vita. Pensiamo in silenzio e preghiamo perché sia rispettata la vita di tutte le persone e di questi nostri due fratelli, preghiamo in silenzio.

Mi assale, come un sudore freddo, qualcosa che è più di un sospetto: la tragedia è proprio questa, che non sappiamo più cosa sia, chi sia un uomo. Di chi siamo fratelli, di chi siamo figli? Le reazioni e le prese di posizione pubbliche ci sono, ma sono poche.

Dalla Chiesa francese si è levata da sola la voce chiara e forte di Eric de Moulins-Beaufort, Arcivescovo di Réims.

Lascia sorpresi che il signor Lambert non sia stato trasferito in un’unità specializzata nel supporto di pazienti in stato vegetativo o pauci-relazionale” – ha dichiarato in un comunicato stampa. E ha spronato i francesi a riflettere su dove stia andando la tradizione e la cultura dei diritti: “Fa parte dell’onore di una società umana non lasciare che uno dei suoi membri muoia di fame o di sete e fare tutto il possibile per assicurargli le cure appropriate. Permettersi di rinunciare perché una tale presa in carico ha un costo e perché sarebbe inutile lasciar vivere la persona umana interessata contribuirebbe a rovinare lo sforzo della nostra civiltà .

Monsieur le President, il solito Macron, manifesta un’inerzia che tradisce interesse. Vincent deve morire, deve la cosa tornare utile, utilissima.

Conto alla rovescia per la vita di Vincent. Ma la cosa riguarda tutti noi

Ormai manca pochissimo tempo, tanto che conviene contarlo all’indietro. Come riporta con coraggio e puntualità Davide Vairani su La Croce quotidiano e sul suo blog:

La Francia sputa in faccia a Vincent Lambert (l’espressione è dell’avvocato dei signori Lambert, NdR) fino alla fine: mercoledì 15 maggio il tribunale amministrativo di Parigi ha respinto per l’ennesima volta un ricorso d’urgenza presentato dagli avvocati dei genitori di Vincent. Lo scopo del ricorso era di chiedere al giudice di provvedimenti provvisori di sospendere l’interruzione dei trattamenti decisi per la settimana del 20 maggio dell’ospedale di Rèims.

Secondo quanto riportato da alcuni media francesi (“Valeurs Actuelles”, “20 Minutes France” e il canale televisivo BFM, tra i vari) gli avvocati di Viviane e Pierre, i genitori di Vincent, stanno cercando di giocare le ultime carte possibili per fermare la decisione di lasciare morire di fame e sete il loro figlio.

Questi due anziani leoni avevano già ottenuto l’intervento dell’ONU, interpellata nel suo Comitato sui Diritti delle persone con handicap (CIDPH): la Francia ne prendeva atto ma non tanto da tenerne conto. La richiesta di non interrompere nutrizione e idratazione o meglio di sospendere la decisione della loro sospensione è ignorata.

“Dobbiamo mantenere la speranza fino alla fine e spiegare a tutti che Vincent non è alla fine della sua vita, è disabile!”, non smette di denunciare Viviane Lambert.

E chiama a raccolta i francesi domenica 19 maggio per un presidio davanti all’ingresso dell’Ospedale di Rèims: “Nulla è perso, il Comitato delle Nazioni Unite dei disabili ha chiesto alla Francia per continuare ad idratare e nutrire Vincent, la Francia deve rispettare la convenzione che ha firmato, deve farlo per Vincent, ma anche per tutte le altre persone disabili come Vincent”.

Abbiamo il dovere di resistere, di alzare la voce, di difenderlo in tutti i modi. Segnaliamo che Steadfast Onlus e CitizenGo aderiscono all’iniziativa di Federica Picchi, candidata europarlamentare, imprenditrice che ha fondato la Dominus Production 8 anni fa, da sempre concentrata sulla difesa della vita, della famiglia, della dignità umana. E’ in programma proprio per il 20 maggio alle ore 12.30 presso Montecitorio un presidio a difesa della vita di Vincent. E della nostra.

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