Si può diventare santi se si è ancora in vita? O bisogna per forza essere morti per avviare un processo di canonizzazione?
Pensate ad una persona dal particolare carisma, di cui si accertano dei miracoli, avvenuti per la sua presunta intercessione quando è ancora vivo e vegeto. E’ una persona in fama di santità, riconosciuta da molti. Eppure ci sono degli “ostacoli” che non consentono l’apertura del processo che lo condurrebbe, già in vita, sugli altari.
Il comportamento “variabile”
A spiegare perchè accade questo è il professore Guido Mazzotta, docente ordinario di Metafisica e di Teologia filosofica alla Pontificia Università Urbaniana, esperto di processi di canonizzazione. Mazzotta premette ad Aleteia che «finché si è su questa terra, c’è sempre la libertà di poter cambiare il proprio stile di vita». «Se sono un peccatore incallito – spiega il teologo – posso cambiare orientamento, convertirmi e trasformare la mia esistenza caotica in retta, rigorosa, esemplare. Non c’è nulla che me lo vieti».
“Amicizia o inimicizia con Dio”
Viceversa, prosegue Mazzotta, una vita virtuosa «può trasformarsi nell’esatto contrario». Si prenda il caso di Giuda Iscariota. Era un apostolo, un amico di Gesù, un “santo in vita”. Poi cambia, lo tradisce. Sono esempi come questi che “sconsigliano” qualsiasi ipotesi di santificare una persona in vita. «Nel momento della morte – sottolinea il teologo – si verifica uno “stato di amicizia o di inimicizia” nei confronti di Dio».
Fama di santità
E’ così che prende forma il processo canonico di beatificazione e canonizzazione. In particolare, tutto ruota intorno alla cosiddetta “fama di santità” che circonda il servo di Dio in vita. La fama è la “chiave” per diventare santi e considera soprattutto gli ultimi vent’anni di vita, «che sono quelli che meglio determinano l’esistenza o meno di una unione più intima con il Signore. Per esempio Santa Teresa di Gesù fino a quarant’anni aveva vissuto una vita mediocre, certamente priva di fama di santità. E’ nell’ultima parte della sua esistenza che si è “acceso il fuoco” e si è dedicata al Signore, diventando la “riformatrice del Carmelo”».
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Atti di virtù eroica
Mediamente, evidenzia Mazzotta, trascorrono cinque anni tra la morte e l’avvio del processo perché «bisogna rendersi conto se la “fama di santità” è artificiale o temporanea e se accompagna stabilmente la memoria di quella persona. La Chiesa è molto saggia. Quando si studia la “fama” si devono scorgere nel vissuto atti di virtù eroica, un essere gioiosi nell’arco della vita, e nulla di indotto perché altrimenti saremmo di fronte ad una persona mediocre e quindi priva di “fama di santità”».