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Per diventare santi e felici basta fare come i denti: stare al proprio posto!

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MIENMIUAIF - MIA MOGLIE ED IO - pubblicato il 10/04/18
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Una metafora che lascia il segno per spiegare come si fa discernimento e si segue la propria vocazione: con la docilità di un canino o di un molaredi Giovanni Biolo (pianto e stridore di denti by dento-teologo)

È di dominio pubblico la suddivisione dei denti in base al loro ruolo nella masticazione degli alimenti. Gli incisivi tagliano il cibo, i canini lo strappano e premolari e molari lo triturano. Queste diverse funzioni nascono dalle diverse anatomie dentali e dalle diverse posizioni all’interno della bocca. Un incisivo non ha scelto di esserlo (o magari esiste un cappello magico tipo quello di Harry Potter in cui il dente lo indossa ripetendo a bassa voce “no premolare, no premolare”). Qualcuno ha già scelto per lui e l’ha posizionato in quella determinata zona e con quella determinata forma anatomica.
Ogni dente ha il suo ruolo, in equilibrio con gli altri. Vi immaginate un incisivo che un giorno si sveglia e dice “oggi cambio posizione e vado a fare il dente del giudizio”?

Quando un dente erompe in bocca in una posizione anomala, infatti, viene chiamata eruzione “ectopica”, ossia fuori posto.



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I talenti sono beni di inestimabile valore che appartengono al Signore!

E noi siamo “cristiani ectopici”? E come facciamo a non esserlo? Con la docilità, l’argomento dento-teologico di oggi! Non so se capita anche a voi, ma molto spesso sono tentato di dire “è questo il posto giusto che il Signore ha voluto per me? Forse sto sbagliando tutto e dovrei cambiare”. E più ci penso, più mi salgono dubbi e angosce.
“A parte chi è pienamente rassegnato alla volontà di Dio, non c’è persona con una vocazione che non vorrebbe cambiare la propria condizione con quella degli altri” ci rassicura san Francesco di Sales.
È chiaro e doveroso che ognuno di noi ricerchi e coltivi i propri talenti, le proprie “caratteristiche anatomiche”. Ma arrivati a un certo punto di discernimento e presa una decisione di che denti siamo, stiamo lì. Come dice Costanza Miriano: “stacce”.
Noi siamo strumenti in mano al Signore: c’è chi sarà un pennello, chi un cacciavite e chi uno specchietto da dentista. Non sarebbe strano vedere un cacciavite ostinarsi a dipingere un quadro o un pennello innervosirsi ad avvitare una vite?
Se sei un pennello preoccupati di tenere le setole ben pulite e pronte all’uso, lascia stare i desideri momentanei di scappare via. La tavolozza del vicino è sempre più verde.

“Ok sono un pennello, ma vedo solo pennellate di colori diversi senza un senso preciso”. Il problema è che sei troppo vicino alla tela e il quadro è in divenire. Ma quando il quadro sarà finito, e lo ammirerai dalla giusta distanza, che capolavoro risulterà! La Gioconda in confronto sarà come i disegni che facevamo all’asilo, con la casa il tetto a punta e il sole che ride (in verità io disegno ancora così).
Quindi il moLare della storia è questo: fai quello che devi e stai in quello che fai. E se un giorno ti viene voglia di scombinare tutto, chiamami. Una birra in compagnia e torna tutto come prima.