Perché il Catechismo dedica così ampia parte alle celebrazioni? Per mostrarci che tutta la bellezza di una chiesa viva è per ciascuno di noi, per farci sentire attesi, desiderati e poi abbracciati.
Di Giorgia Farina
Entrando in Chiesa, nella mia chiesa in particolare, rimango sempre affascinata dalle luci tenui e dalla musica di sottofondo che mi accompagna.
Qualunque sia la liturgia a cui sto per partecipare, ma anche soltanto per un piccolo momento di preghiera, non posso fare a meno di notare che la mia chiesa trasuda bellezza da ogni angolo. Forse perché, come ci ricorda S. Tommaso, la bellezza è lo splendore della verità? Nel Catechismo della Chiesa Cattolica troviamo tutta una parte dedicata alle celebrazioni. Vengono spiegate nel dettaglio, con una minuzia che sembrerebbe quasi più da “addetti ai lavori” che per il comune fedele.
Perché, mi viene allora da chiedere, il Catechismo dedica così ampia parte alle celebrazioni?
Proviamo a rispondere basandoci su 5 domande.
CHE COSA?
Si celebra la Gloria di Dio.
CHI?
È tutta la comunità, il corpo di Cristo unito al suo Capo, che celebra. Le azioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa, che è sacramento di unità, cioè popolo santo radunato e ordinato sotto la guida dei Vescovi. (CCC, 1140)
Ecco qui la risposta alla mia domanda iniziale, ma soprattutto ecco qui la motivazione per cui le celebrazioni non dovrebbero essere celebrate per pochi intimi. Sebbene tutta la comunità celebri, ognuno di noi ha la sua precipua funzione; proprio come le membra di un unico corpo svolgono ruoli diversi e tutti fondamentali, così ogni fedele
svolge il proprio ufficio, compie solo e tutto ciò che, secondo la natura del rito e le norme liturgiche, è di sua competenza. (CCC, 1144)
Ognuno partecipa secondo la sua chiamata: consacrati, ministranti, lettori, commentatori, membri del coro, nell’unità dello Spirito che agisce in tutti.
Attraverso segni e simboli, parole e azioni, canto, musica e immagini sacre. Sappiamo perfettamente che quello col Padre è un rapporto umano, pertanto Dio ci parla con un linguaggio umanamente comprensibile fatto non solo di parole semplici, chiare e non fraintendibili, ma anche di gesti. Ogni celebrazione è un incontro dei figli di Dio e si esprime con un dialogo attraverso simboli e segni che trovano significato nell’Antica Alleanza e si rivelano pienamente in Cristo.
Sono azioni e parole che devono essere valorizzate per nutrire la nostra fede.
Avete presente quando festeggiamo un anniversario particolare? Il bene che ci lega al festeggiato non necessita di segni esteriori, eppure li compiamo valorizzandoli per alimentare quel rapporto. Quando diamo un regalo di compleanno non lasciamo il pacchetto all’interno della borsa di plastica, ma porgiamo in modo solenne il dono al festeggiato; quando spegniamo le candeline cantiamo a squarciagola, non con indifferenza, come se fosse un momento qualunque. Mettiamo fiori al centro della tavola, usiamo un tono solenne.