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Accusa il Papa di eresia: il prete gli nega la Comunione

EUCARISTIA, COMUNIONE, SAN FILIPPO NERI

St Joseph CC

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 29/10/19

Il sacerdote che è al corrente della colpa (in questo caso un'accusa infamante pubblica, quindi manifesta, contro il Successore di Pietro e massima autorità della Chiesa) può avvertire genericamente tutti in pubblico di non accostarsi alla mensa del Signore prima di essersi pentiti dei propri peccati e riconciliati con la Chiesa

«Papa Francesco è un eretico». Una voce squillante si è levata domenica 27 ottobre, durante l’omelia di don Davide Smiderle, sacerdote di una parrocchia di Chivasso (Torino), lasciando tutti attoniti.

A pronunciare la frase è stato un uomo anziano, seduto nel settimo banco della navata centrale del Duomo di Santa Maria Assunta, affollato per la Santa Messa delle 10,30. Il parroco ha proseguito senza scomporsi. Ma quando quel fedele si è presentato di fronte all’altare per farsi consegnare l’ostia consacrata, don Davide si è rifiutato di dargliela (La Stampa, 28 ottobre).

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Hanzi-mor/Shutterstock

La contestazione sul Sinodo

Le parole pronunciate dal parroco durante l’omelia devono aver innervosito non poco il pensionato, probabilmente contrario all’apertura della Chiesa su temi quali i “preti sposati” e il “ruolo femminile”; Don Davide stava invitando i fedeli presenti a pregare per la Chiesa e per Papa Francesco, impegnato nel delicato confronto durante il Sinodo per l’Amazzonia.

“Chi contesta il Papa, deve prima…”

L’aver negato l’Eucarestia ha però turbato Don Davide profondamente: in 18 anni di sacerdozio non aveva mai impedito a un fedele di ricevere l’ostia consacrata. Ha preso questa decisione perchè chi contesta il Papa – peraltro con un’accusa molto grave e infamante – deve prima conciliarsi con la Chiesa, parole che ha usato anche domenica al termine della messa.

Dopo la decisione del parroco, molti fedeli gli hanno tributato un lungo applauso (Quotidiano Canavese, 28 ottobre).




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Sacramenti e peccati gravi

La decisione del parroco è stata corretta? L’aver accusato di eresia il Papa giustifica il diniego del sacerdote? Si legge su Aleteia (settembre 2013):

I sacramenti possono essere profanati quando sono esposti del tutto all’infruttuosità e la loro amministrazione generasse scandalo nella comunità.

Questo avviene nei confronti di coloro che vivono in una situazione oggettiva di peccato grave. Permanendo in questa situazione non possono ricevere l’assoluzione dei peccati che richiede il proposito di cambiare vita e di evitare le occasioni prossime di peccato.

Coloro che si trovano in questa situazione possono essere peccatori occulti oppure notori (manifesti).

Allora il comportamento del sacerdote sarà diversificato. Scrive San Tommaso: “Riguardo ai peccatori bisogna distinguere. Alcuni sono occulti; altri manifesti o per l’evidenza dei fatti, come i pubblici usurai e i rapinatori; oppure per la sentenza di un tribunale ecclesiastico o civile. Ebbene, ai peccatori manifesti non si deve dare la santa comunione, neanche se la chiedono”.


EUCHARYSTIA

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Invece se i peccatori non sono notori ma occulti, non si può negare la santa comunione quando la chiedono. Perché, essendo ogni cristiano ammesso alla mensa del Signore per il fatto che è battezzato, non gli si può togliere il suo diritto se non per una ragione manifesta. Per questo, commentando le parole di S. Paolo, “Se uno tra voi, chiamandosi fratello, ecc.” (1 Cor 5,11), S. Agostino afferma: “Noi non possiamo escludere nessuno dalla comunione, se non nel caso che abbia spontaneamente confessato la sua colpa, o sia stato processato e condannato da un tribunale ecclesiastico o civile” (Glossa di Pietro Lombardo).Nondimeno il sacerdote che è al corrente della colpa, può ammonire privatamente il peccatore occulto, oppure avvertire genericamente tutti in pubblico di non accostarsi alla mensa del Signore prima di essersi pentiti dei propri peccati e riconciliati con la Chiesa. Poiché dopo il pentimento e la riconciliazione, non si può negare la comunione neppure ai peccatori pubblici, specialmente in punto di morte (San Tommaso, Somma teologica, III, 80, 6).



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