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Donne coraggiose: Melania Trump premia Suor Orla Tracey, missionaria in Sud Sudan

OLRA TRACEY, MELANIA TRUMP

RTE News

Annalisa Teggi - pubblicato il 08/03/19

Ancora oggi una figlia femmina in Sudan vale solo per il numero di mucche che può far guadagnare alla famiglia sposandosi. Suor Orla è tra le fondatrici della Scuola di Loreto a Rumbek che contrasta la violenza dei matrimoni forzati con l'accoglienza e l'educazione .

Si è svolta ieri a Washington la cerimonia per la consegna del premio Women of Courage che il Dipartimento di Stato Americano riconosce ogni anno a figure femminili che dimostrano audacia in ogni parte del mondo nel preseguire traguardi di pace, giustizia, diritti umanitari, parità di genere anche a costo di grossi rischi personali. Alla presenza del Segretario di Stato Mark Pompeo e della First Lady Melania Trump sono state insignite di questa onoreficenza 10 donne, tra cui una suor Orla Tracey, irlandese della Congregazione di Loreto, che dal 2006 è in missione in Sud Sudan.


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Polemiche vs realtà

Insieme a Suor Orla sono state premiate altre figure provenienti dal Perù, dal Mianmar, dal Bangladesh, dalla Giordania, dall’Egitto e dal Montenegro: sono laiche e religiose che proteggono donne e bambini in contesti di guerra, lottano per debellare la pratica delle mutilazioni genitali, offrono supporto legale a famiglie in difficoltà, tentano di riabilitare i bambini soldato. Ogni storia meriterebbe una finestra di approfondimento. Peccato che l’unica notizia che faccia gola ai giornali in queste ore sia la polemica per il mancato premio alla giornalista finlandese Jessikka Aro:

Un errore clamoroso, che la rivista Foreign Policy ha voluto indagare. E alla vigilia del giorno della donna, la nota rivista di politica pubblica un imbarazzante resoconto del perché il premio è stato ritirato: nel preparare la biografia della premiata, il personale del Dipartimento di Stato si è accorto che Jessikka Aro nel suo conto twitter ha spesso criticato Donald Trump. Ecco perché l’award viene cancellato. (da Il Messaggero)


Si cerca di raccattare anche da quest’occasione un po’ di astio mediatico contro il Presidente degli Stati Uniti d’America. Molto più interessante, invece, è dare spazio alla voce di queste donne che twittano meno delle paladine del #metoo e non strillano come loro, ma un gesto dopo l’altro accarezzano il volto più ferito e dimenticato del mondo.


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Dalla verde Irlanda al rosso Sudan

Il problema educativo è una priorità anche nel nostro paese, ma ci sono zone in cui costruire una scuola è un più dirompente di una bomba. Quando si parla di diritti della donna si pensa sempre a immagini di signore occidentali che protestano, guidate da ambasciatrici di Hollywood. Il fronte aperto di questi diritti è altrove, dove la protesta non è neppure concepita. La storia di Suor Orla Tracey è parte dell’eterno paradosso cristiano: costruire ripari in mezzo alla guerra, essere mani che custodiscono frammenti di bene in mezzo alle rapine continue.

Nonostante il suo aspetto delicato e gioviale, risiede in Sud Sudan dal 2006 ed è tra le fondatrici della locale Scuola di Loreto, che è parte una congregazione cattolica irlandese devota all’educazione e ha sedi in tutto il mondo. Ha vissuto in prima persona il sanguinoso processo di indipendenza di questo Stato africano, cominciato con un referendum nel 2011 e approdato a una guerra: dal dicembre 2013, un conflitto brutale ha portato all’uccisione di migliaia di persone e ha costretto circa quattro milioni ad abbandonare le proprie case.

In mezzo a quest’apocalisse le suore cattoliche non hanno mollato la loro missione.


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Originaria di Bray, piccola cittadina sulla costa a Sud di Dublino, Suor Orla ha accettato di cominciare un’impresa coraggiosa insieme ad altre quattro consorelle: da più di dieci anni difende il diritto di dare un’istruzione alle ragazze e le accoglie in una scuola che è anche casa.

Questa scuola secondaria fu fondata dalle suore nel 2008 nella città di Rumbek che si trova nello Stato del Laghi in Sud Sudan. Suor Orla Tracey è tra le fondatrici, il suo scopo fu quello di stabilire una missione in una diocesi grande come l’Italia con solo due scuole secondarie. Lei definisce la loro scuola anche un rifugio per donne, a causa della grande pressione che esiste sulle adolescenti sudanesi a consentire a matrimoni forzati. Afferma: “Il 52% delle diciottenni sono sposate, e sono state costrette a sposarsi”  (da RTE News) [protected-iframe id=”4c7765dcefb325af62ee192cc34ee053-95521288-57466698″ info=”https://www.facebook.com/plugins/post.php?href=https%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Floretoschoolsrumbek%2Fphotos%2Fa.1842741466040660%2F1876541122660694%2F%3Ftype%3D3&width=500″ width=”500″ height=”285″ frameborder=”0″ style=”border:none;overflow:hidden” scrolling=”no”]

Purtroppo nella statistica entra anche una percentuale non esigua di ragazze sposate a 15 anni, ovviamente senza il loro pieno e libero consenso. In Sudan, infatti, è ancora consolidata l’idea che il valore di una figlia femmina equivalga al numero di mucche che può far guadagnare alla propria famiglia sposandosi. Per contrastare questa mentalità radicata nella tradizione del paese la scuola della Congregazione di Loreto fa firmare alla famiglia di ogni ragazza un documento in cui si sancisce che per tutti e quattro gli anni di studio la ragazza non verrà data in sposa a nessuno. Nonostante ciò si verificano rapimenti e forzature, non tutte riescono a finire il percorso scolastico. Quando Suor Orla accenna alle ragazze che ha perso, sottrattele con violenza, abbassa la testa in segno di grande sconforto.


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Segni di speranza e di amore

Ma l’opera di educazione dà anche frutti molto buoni; oltre alle materie di base tipiche del grado scolastico, le iscritte seguono un percorso di consapevolezza personale. L’insegnamento cristiano delle suore stimola una coscienza fondata sulla dignità personale e sulla maturazione dei propri desideri: alcune di queste giovani ragazze hanno avuto la forza di opporsi alle imposizioni della famiglia. Una di loro, Juba, ha rifiutato il matrimonio, chiedendo di poter prima finire la scuola: la sua richiesta è stata portata davanti a un giudice che le ha riconosciuto il diritto all’educazione e anche l’uomo che era stato scelto come marito ha dichiarato:

“Quando ho capito che lei non acconsentiva perché voleva concludere la scuola ho detto ai suoi genitori di rispettare la scelta della ragazza perché è un suo diritto”. (Ibid)

Una frase così scontata ai nostri occhi è l’equivalente di un terremoto nel ritaglio di vita dove suor Orla ha scelto di servire. Oltre al compito educativo altri bisogni hanno bussato alla porta della congregazione: con la guerra la povertà si è fatta ancora più devastante, il numero di orfani e senza casa è aumentato in modo esponenziale. Avendo alle spalle un’infatuazione profonda per il carisma di Santa Teresa di Calcutta, Suor Orla ha accolto un disegno più grande dentro la missione a Rumbek:

Quando iniziammo con la scuola primaria non avevamo la mensa per i bambini, ma ci siamo rese conto di quanto sia grave il problema della fame negli ultimi due anni. Ora diamo da mangiare a tutti. Cerchiamo anche di offrire servizi medici perché la maggior parte dei nostri ospiti non può pagarsi le medicine o le cure […] Sto con gente che vive ai margini: vita e morte, fame e disperazione. Vivo ogni giorno sul ciglio del burrone. Eppure anche qui si possono vedere ogni giorno scintille di amore e di speranza. (da Irish Times)

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