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Il piccolo Julen è morto subito. A cosa è servito pregare così a lungo?

JULEN'S MOM AND DAD

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Julen Rosellò, Father and Mother

Paola Belletti - pubblicato il 28/01/19

Una tragedia che sembra senza senso. Un carico di dolore inaccettabile che schiaccia una sola famiglia. Ma è in questi casi che la speranza cristiana mostra il suo vero volto.

Quando il piccolo è stato riportato in superficie era già morto.

E’ l’alba del 26 gennaio e le operazioni di soccorso, durate quasi due settimane, hanno potuto offrire alla famiglia che lo bramava vivo solo la piccola salma. I funerali si sono svolti ieri, domenica 27 gennaio, a Totalan ed erano centinaia i presenti. Eppure le decine e decine di facce sconvolte e dolenti non riducono di un centimetro lo spazio vuoto lasciato da quel viso. Due anni e mezzo, Julen Rosellò e la sua vita è già finita. Più rapidamente di quella del fratello, morto all’improvviso per attacco cardiaco mentre era in spiaggia con la famiglia, era il 2017. Ora i due riposano insieme nel cimitero di San Juan a Malaga.

Come può una famiglia sola sopportare tanto, ci si chiede? Non aveva già pagato abbastanza? E pagato cosa, poi?

Julen cade in un pozzo durante un pic nic con la famiglia

Il 13 gennaio 2019, la famiglia Rosellò è appena arrivata a Totalan nella zona di Dolmen del Cerro de la Corona, nei pressi di Malaga. Sono lì per passare una giornata di svago, di festa. Il papà è impegnato a far legna ma si trova a 4,5 metri dal figlio e la mamma è al telefono per informare i datori di lavoro che non ci sarebbe stata quel giorno. (Ci ricordiamo vero quanto poco basti perché un bimbo di quell’età si metta in pericolo? Lo sappiamo vero che tante volte ai nostri “è andata bene”?)

La cugina, presente insieme con il fidanzato e la figlioletta coetanea, vede Julen allontanarsi e urla “il bambino!”.Teme che cada, inciampi. E’ piccino procederà malcerto.

Sono circa le 14; Julen cade e sparisce, inghiottito da un buco fondo 110 metri. Il papà Josè è già accorso vicino alla bocca del pozzo, si stende a terra allunga il braccio; l’ha visto cadere con le braccine alzate, lo sente piangere ed è convinto sia più vicino di quanto si scoprirà poi; non sospettava che il pozzo fosse così profondo. Riesce a dirgli “stai tranquillo il papà è qui e il fratellino ci aiuterà”.

Oliver, il fratello maggiore, è morto solo nel 2017, per un attacco cardiaco, in spiaggia. Aveva tre anni e Julen era appena nato. Josè e  Victoria, i genitori, credono fermamente nella sua protezione e forse anche in una giustizia non troppo cieca: abbiamo già patito, non può morire anche questo nostro bambino. Ce lo devi!




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Arrivano i soccorsi: non si fermeranno un attimo, ma non basterà

I soccorsi arrivano tempestivi e si prodigano con trivelle, capsule metalliche, tunnel laterali. Si danno da fare, non perdono un minuto ma le condizioni sono avverse: sia quelle meteo che quelle del terreno.

Sul luogo dell’incidente si ritrovano tutti i servizi di emergenza, pompieri, protezione civile, corpi specializzati della Guardia Civil (…). La cavità nella quale è rimasto intrappolato è però talmente stretta che i soccorritori non riescono a inviargli né cibo né acqua. (…) Un robot-sonda individua dei capelli che, secondo l’esame del Dna, sono proprio di Julen. Ma lui è ancora troppo lontano, a circa 80 metri di profondità. Poi, sabato scorso, i 100 soccorritori coinvolti nelle operazioni di recupero di Julen, cominciano a scavare un tunnel parallelo al foro di 60 metri in cui il piccolo è intrappolato, e attraverso il quale viene poi calata una capsula metallica, come quella utilizzata per salvare i minatori cileni nel 2010 (…) Ma l’intervento si rivela più complicato del previsto, sia per le avverse condizioni meteorologiche che per la conformazione del terreno. (…) Inizialmente erano state preventivate 24h per la sua realizzazione ma la natura del terreno ha reso i lavori più complessi portando il tempo di scavo a oltre 36h. (Fanpage)

COUPLE HOSPITAL

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Il pozzo non era stato autorizzato

Perché quel pozzo non era protetto? In realtà il papà racconta di avere spostato in fretta le pietre poste a protezione del buco, largo solo 25 centimetri. Ma non era sigillato. Le indagini, tuttora in corso, sembrano confermare che il pozzo sia stato scavato senza autorizzazione. (Corriere)

Le domande e l’indignazione a causa della mancata sicurezza del luogo sono più che legittime; non era protetto, né segnalato. Ma non servono a chiudere ferite, di sicuro non quelle dei cuori squarciati dei genitori di Julen.

Certo ci insegnano che la prudenza è una virtù sempre necessaria. In grado di prevenire pericoli e di indirizzare l’intelletto ma non è onnipotente.

I soccorritori, eroi che non si sono risparmiati, ora chiedono perdono. La cosa più triste trovare il piccolo già morto.

Una nazione, anzi l’Europa intera ha tremato e pregato per un piccolo sconosciuto. Allora lo sappiamo cosa conta davvero!

Eppure che meraviglioso spettacolo assistere a tanta apparente sproporzione. Un bimbetto così piccolo, sconosciuto ai più, che ha assoldato in questa battaglia senza esclusione di colpi contro la durezza della natura e una morte incombente più di cento uomini tra soccorritori e forze dell’ordine; e ha costretto una nazione intera a invocare aiuto dal Cielo. Un sassolino che ancora allarga cerchi nel cuore di tanti, che ha scosso l’Europa intera.


SGT MAJOR SAMAN KUNAN

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Il desiderio di trovarlo vivo e piangere di commozione nel riconsegnarlo ai suoi genitori e con loro alla smemoratezza di una normalità che tutti speravamo arrivasse presto si è infranto.

Julen è morto. Quasi certamente per i traumi subiti in seguito alla rapida caduta:

Sul corpo di Julen è stato riscontrato un “trauma-encefalico importante e molteplici traumi compatibili con la caduta. Il bambino è stato trovato con le braccia rivolte verso l’alto è precipitato rapidamente in caduta libera per 71 metri”. Uno schianto che ha immediatamente tolto ogni speranza di sopravvivenza. (Il Giornale)

A cosa è servito pregare?

Allora quel fiume di preghiere che invertiva la corrente e puntava in alto a cosa è servito? Si devono rivoltare in imprecazioni tutte le suppliche, si devono ritirare tutte le promesse e le offerte messe a bruciare sull’altare di un Dio che credevamo di conoscere?

Sembra tutto troppo. Eppure è proprio ora davanti alla morte vera, ingiusta, atroce che Dio spiega la potenza del Suo braccio.

Intanto ci ha educato tutti di nuovo a pensare a cosa è il bene, a cosa ci rende capaci di sacrificio, per che cosa siamo disposti a stare in piedi la notte, per cosa perdiamo l’appetito. Il dolore che viviamo come cristiani non diminuisce ma viene vinto, e superato. E offerto e reso utile. Non si salta il dolore, lo si attraversa e si approda ad un’altra riva. Il guado lo ha aperto Lui, la vita non finisce, la sofferenza degli innocenti non resta senza scopo.

E se Julen non fosse stato davvero solo laggiù?

Inoltre penso che non solo il fratellino Oliver abbia assistito Julen ma Maria Santissima in persona, proprio Lei che da secoli conosciamo come la donna del presente e dell’ora finale, Colei che è sempre presente e operante nei momenti che contano, non avrà lasciato senza consolazione quel piccolo terrorizzato.

Avevo pensato come tanti con almeno 44 anni di età di accostare questa vicenda a quella di Alfredino. La prima tragedia in tv, il primo bimbo caduto in un pozzo a tenerci col fiato sospeso per giorni. Invece non serve a nulla. Possiamo semmai aggiungere nelle preghiere con le quali imploriamo consolazione per i genitori di Julen anche chi per Alfredino piange ancora sul serio e non per un revival sentimentale.

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