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All’interno del matrimonio “fare l’amore” è come pregare?

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Luz Ivonne Ream - pubblicato il 01/08/17

Il sesso tra marito e moglie è chiamato ad essere sacro

Sapevate che quando “fate l’amore” con il vostro coniuge all’interno dell’unico contesto degno e sicuro in cui deve svolgersi questo atto intimo – il matrimonio davanti a Dio – e compiendo i suoi fini – unione, procreazione, essere aperti alla vita – state facendo preghiera?

Ve lo spiegherò più avanti in modo semplice. Tenete a mente che la preghiera è elevarci a Dio, ovvero far sì che il nostro spirito comunichi con quello di Dio.

San Giovanni Paolo II, nella sua meravigliosa catechesi sulla Teologia del Corpo, ci ha parlato di una splendida capacità che solo gli esseri umani possono sperimentare attraverso il loro corpo, l’attributo nuziale che è la nostra capacità di esprimere amore. Quell’amore nel quale la persona diventa un dono, e attraverso questo dono realizza il proposito della sua esistenza.




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Potremmo pensare che non sia niente di nuovo, perché tutti abbiamo la capacità di esprimere l’amore con il corpo mediante baci, carezze, eccetera, ma non tutti, insisto. È una cosa esclusiva delle persone. Gli animali non lo fanno.

Non si fanno neanche voti e promesse d’amore. Noi umani siamo gli unici a donarci all’altro come offerta d’amore. Mi dono a te per amore e attraverso questo dono compio il proposito della mia esistenza, che è amare come ama Dio, e così divento un dono per qualcun altro donandomi completamente, a Dio e al prossimo.

Fare l’amore è fare preghiera. Come la Genesi – nell’Antico Testamento – ci ha insegnato sulla creazione dei nostri primi antenati, prima del peccato originale il cuore di Adamo era totalmente rivolto a Dio.




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Anche se tutto il paradiso era a sua totale disposizione e ne godeva, Adamo guardava solo Dio e lo amava al punto da volergli esprimere il suo amore, dimostrandolo con il proprio corpo. Ma visto che Dio era puro spirito non poteva farlo.

Adamo – ovviamente continuo a parlare in modo figurato – non si è dato per vinto e ha cercato di donare il proprio amore alle piante, agli alberi, agli animali, a qualunque essere vivente incontrasse nel paradiso, ma presto si è reso conto che con nessuno di questi si sentiva completo, che provava sempre un senso di vuoto.

Diciamo che le sue dimostrazioni d’amore attraverso abbracci e carezze non erano corrisposte e non lo soddisfacevano, perché quello che desiderava era arrivare a Dio. Il suo vuoto era sempre più profondo. Dio, dal canto suo, rendendosi conto del vuoto provato da Adamo e che il suo unico scopo era arrivare a Lui, ha avuto misericordia di lui e gli ha creato una compagna e un aiuto idoneo. Gli ha donato sua moglie, Eva.




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Dio ha capito che il “desiderio” di Adamo non era nei confronti della donna in quanto tale, ma totalmente per Lui. Ma visto che Dio non aveva – e non ha – un corpo, allora gli ha detto che gli avrebbe donato un altro corpo, quello di sua moglie, perché le si potesse donare in modo totale e libero e mediante questa unione di corpi, che si sarebbero uniti in modo perfetto, potesse raggiungere con lei quell’unione con Dio a cui anelava tanto.

Alla fine, attraverso quell’atto d’amore con Eva Adamo è riuscito ad arrivare a Dio e a partecipare allo spirito divino. È per questo che “fare l’amore” è fare preghiera.

San Giovanni Paolo II dice che “vedono e conoscono se stessi con tutta la pace dello sguardo interiore, che crea la pienezza dell’intimità delle persone”. Tutti desideriamo qualcuno che ci ami, ci accetti e ci rispetti completamente, pienamente, perché questo ci riempie, ci eleva e ci fa sperimentare l’amore di Dio.

Adamo ed Eva si sono riconosciuti nudi e non hanno provato vergogna, perché la dimensione interiore del cuore di Adamo era del tutto volta a Dio. Nella sua anima c’era solo l’amore, e non c’era malizia. Ha scoperto presto che il corpo della moglie era fatto per ricevere, come il suo era fatto per donarsi.




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Eva poteva vedere nella sua totalità ciò che c’era dentro Adamo, e si rendeva conto che partecipava a tutte le perfezioni di Dio e che il suo unico desiderio era amarlo e arrivare a Lui attraverso di lei, donandosi pienamente.

Eva sapeva che Adamo la desiderava, ma con un desiderio puro, santo, pieno d’amore e non di lussuria. Riconosceva anche che quello che voleva Adamo era esprimerle le perfezioni dell’amore di Dio mediante il suo corpo.

Con questa spiegazione possiamo renderci conto della dignità dell’atto sessuale e del perché il contesto del matrimonio, che è benedetto da Dio, è l’unico sacro e idoneo per giungere a Lui attraverso la nostra unione.




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Dobbiamo essere consapevoli del fatto che l’unione sessuale è gradita a Dio perché mediante questa ci comunica il suo amore, ci rende partecipi del suo spirito e ci trasmette la sua grazia per poter andare avanti nel compito non affatto facile che ciascuno di noi ha all’interno del proprio matrimonio.

Nessun altro atto sessuale può essere chiamato “fare l’amore”, perché l’amore è Dio, e nessun altro ti eleva o ti porta a Lui. Nessun altro ti dà dignità. Qualsiasi atto sessuale al di fuori di questo contesto è sgradito a Dio perché non ci sta unendo a Lui, anzi, ci allontana dal partecipare alla pienezza del suo amore.

Tutti noi esseri umani abbiamo bisogno di Dio. Tutti siamo creati per ricevere. Nella Messa è Gesù, Dio fatto Uomo, che si dona a noi. E tutti noi – uomini e donne –, parlando in modo spirituale e simbolico, siamo donna per riceverlo.

Ciò vuol dire che il maschile dona, il femminile riceve. È per questo che parlando della Chiesa lo facciamo al femminile, perché è quella che riceve. È un’analogia meravigliosa per farci capire perché Cristo è lo sposo che si dona alla sua Chiesa, che è la sposa che lo accoglie.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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