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Donne dei soldati in trappola a Mariupol dal Papa a perorare la loro causa

POPE-FRANCIS-AUDIENCE-MAY-11-2022

Antoine Mekary | ALETEIA

i.Media per Aleteia - pubblicato il 11/05/22

Mentre un migliaio di soldati ucraini sono attualmente intrappolati in condizioni umanitarie gravi nelle viscere dell’acciaieria Azovstal di Mariupol, alcune delle loro giovani mogli sono venute a perorare la causa dei mariti presso papa Francesco, durante l’udienza generale di questo 11 maggio 2022. Esse sperano che la diplomazia vaticana possa sbloccare la situazione critica.

In rappresentanza di 500 mogli di soldati, Kateryna (27 anni, moglie del comandante del Reggimento Azov Denis Prokopenko) e Yulya (29 anni, moglie di Arseniy Fedosiuk) si fanno avvocate dei soldati in Europa. Questa mattina è stato in piazza San Pietro, dal Vescovo di Roma, che sono venute a chiedere aiuto. 

«Abbiamo detto al papa che ci sono 700 soldati feriti», hanno riportato alla stampa dopo l’incontro. Alcuni sono amputati, altri soffrono gravi infezioni e non hanno modo di curarsi. «Molti sono morti e non abbiamo potuto offrire loro cristiana sepoltura», hanno aggiunto le donne, che hanno chiesto al papa di andare in Ucraina e di «parlare a Putin perché lasci andare via i soldati». In risposta, il pontefice ha dichiarato che avrebbe pregato e fatto «tutto il possibile per questo». 

Kateryna Prokopenko wife of the commander of the Azov regiment Denis Prokopenko,
Le giovani mogli dei soldati Azov fotografate durante l’udienza dell’11 maggio 2022

Gli Ucraini chiedono che i soldati assediati, i quali ancora resistono all’armata russa, siano evacuati con urgenza mediante corridoi umanitari sicuri verso un paese terzo. La Turchia e la Svizzera avevano proposto la loro mediazione, rifiutata da Vladimir Putin. Eppure questa è l’unica possibilità di salvezza per i soldati del reggimento Azov, che – se cadessero in mano ai Russi – sarebbero torturati e uccisi (così temono Kateryna e Yulya). 

Le giovani donne attendono le azioni del Vaticano per i loro compatrioti, che scarseggiano di acqua e cibo e che «muoiono tutti i giorni» – deplorano con uno scoramento percettibile nella voce. 

Esse auspicano «una coalizione diplomatica forte che spinga Putin a lasciarli andare». «Faremo tutto quanto ci è possibile per salvarli», affermano le due donne, che proseguono oggi il loro periplo andando in Germania. E concludono con un appello per l’Ucraina: 

Non vogliamo essere delle rifugiate. Vogliamo vivere nel nostro Paese: costruire e sviluppare il nostro Paese. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio] 

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