Tutti siamo assetati di amore, anche chi lo maltratta e lo umilia. Come tutte le opere d’arte di grande valore, anche l’amore, purtroppo, conosce i falsi d’autore. Mai come in questo tempo l’amore è stato esaltato, cantato, ostentato.
Chissà che non si nasconda proprio da queste parti una delle prove dell’esistenza di Dio. L’amore vero è diffusivo, si allarga a cerchi concentrici, coinvolgendo e beneficando tutti. Un atto di carità fatto a Milano, in modo misterioso e vero, avrà ripercussioni in Nuova Zelanda.
Non s’insegna eppur si impara, l’amore. Credo che possa essere, in qualche modo, paragonato alla preparazione di una buona pietanza. Occorre sapere quali ingredienti preparare e quali proprorzioni scrupolosamente osservare; i tempi di cottura, gli aromi appropriati e qualche piccolo segreto che ogni cuoco custodisce gelosamente.
Amare e, quindi, essere felici, sono tra le esperienze più esaltanti e appaganti della vita. Le uniche da perseguire con intelligenza e cocciutaggine. Purtroppo i confini che separano l’amore dall’egoismo, suo esatto contrario, sono incerti e frastagliati. Chi ama gode, teme e trema.
Ha paura che alle persone amate possa accadere qualcosa di brutto; che possano ammalarsi, soffrire, morire. Chi ama è felice di rendere felice non solo chi gli sta intorno, ma tutti, compresi i lontani e coloro che verranno dopo. Il mondo che mi ha accolto, nutrito e vezzeggiato merita di continuare a germogliare per accogliere, nutrire e vezzeggiare i figli dei miei figli.
Al mio diritto di coltivare e pescare corrisponde il mio dovere custodire la terra e il mare. In amore non esistono clichè da seguire, piuttosto esempi da imitare. Le cose, per quanto comode e utili, non sempre sono davvero indispensabili; esse hanno nei confronti dell’amore e della gioia, un rapporto sovente ambiguo e contraddittorio.
Non è vero che più cose, più ricchezza, più comodità equivalgono a più felicità. Da questa trappola occorre liberare i più piccoli. Ognuno, quindi, deve cercare e trovare la sua dimensione. Mai come in questo campo gli stereotipi sono dannosi. Angelina, ha accompagnato all’Altare, in questi giorni, Michele, l’ultimo dei suoi otto figli.
Angelina ha fatto la mamma a tempo pieno, felice di fare la mamma a tempo pieno. Angelina e Giovanni, il marito, hanno fatto salti mortali per accogliere, educare, istruire i loro figli ai quali hanno donato tutto. In questo perdersi, però, hanno trovato se stessi, la loro vocazione, la loro missione, la loro gioia. In amore è ricco chi dona non chi prende.
Anche in amore c’è un rapporto tra pubblico e privato che non può essere trascurato. L’algido e triste inverno demografico che l’Italia sta attraversando riguarda anche gli innamorati. Credo che abbia almeno qualche ragione Ritanna Armeni quando, sull’Italia che invecchia, scrive che
Michele e Diva sono due seri professionisti, hanno sudato in Italia e all’estero per realizzare il sogno di una famiglia cristiana. Non s’illudono, sanno che “se il chicco di grano non muore la spiga non nasce”; sanno che anche i sacrifici, fatti per amore, sfociano nella gioia; sanno che amarsi e amare le famiglie che lasciano, i figli che verranno, amici e colleghi di lavoro, il Paese che li ha visti nascere, vuol dire donare a piene mani tempo, comprensioni, attenzioni, fino al dono totale della vita.
Sanno che l’amore è forte e fragile allo stesso tempo; che occorre vigilare per non farlo ammalare, non farlo invecchiare, non farlo morire. Sono dispiaciuti che la loro famiglia cristiana, che profuma di nuovo, venga descritta come “tradizionale”.
Se l’amore non può essere insegnato, gli innamorati possono essere illuminati. Ne hanno bisogno. La donna in carriera fa una scelta che, inevitabilmente, le offre qualcosa e le sottrae tante altre. Guai a farla passare come l’emblema della donna realizzata e felice.
La vera felicità affonda le sue radici altrove. La vera felicità non rimane chiusa in casa ma si fa carico dei bisogni del Paese.