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Atea e obiettrice di coscienza da 10 anni: “non ce la facevo più”

FEMALE DOCTOR,

Supamotion | Shutterstock

La Croce - Quotidiano - Rachele Sagramoso - pubblicato il 12/04/21

La testimonianza di una ginecologa diventata obiettrice di coscienza: "(...) ho dovuto smettere. Vedere la donna che abortisce perché deve andare in vacanza, quella che lo fa per la quinta volta, quella che lo fa perché è l'uomo sbagliato. (...) Un conto è dare la possibilità in extremis, un conto è usare l'aborto in questo modo, approfittando del fatto che lo Stato appoggia. Io non ci stavo più".

Cara Rachele, ti scrivo perché sei stata tu per prima a raccontarmi di te. Ovviamente ti chiedo l’anonimato, per ovvi motivi legati al mio lavoro. Sai che sono ginecologa. Mi occupo per lo più di interventi di ginecologia e meno di sala parto. Da una decina d’anni sono “obiettrice di coscienza” non per coscienza. Mi spiego: per me lo Stato deve dare la possibilità alla donna d’interrompere la gravidanza. Non mi sono mai fatta un problema nel fatto di accogliere la donna che chiedeva sia di abortire nel primo trimestre, sia di farlo nel secondo. Tuttavia io credo che siamo giunti al culmine quando in consultori e ambulatori hanno iniziato a distribuire certificati per l’IVG in qualunque situazione, evitando sia di sensibilizzare la donna verso il figlio (talvolta basta l’ecografia), sia di applicare la Legge che indica chiaramente di aiutare la donna a non procedere. Nessuno avvisa le donne che potrebbero poi soffrire a livello psichico ovviamente. Certificato e basta.

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Obiettrici di coscienza non per fede ma per onestà intellettuale

Ma io, come ti ho detto, ho dovuto smettere. Vedere la donna che abortisce perché deve andare in vacanza, quella che lo fa per la quinta volta, quella che lo fa perché è l’uomo sbagliato, quella che lo fa perché l’uomo è brutto (sì, pure quello). Chiedi alle tue colleghe dei consultori, se non ci credi! La leggerezza delle mamme che portano le figlie (anche maggiorenni) e le convincono perché così possono studiare…

Io non ce la facevo più. Un conto è dare la possibilità in extremis (può capitare e non sta a noi giudicare), un conto è usare l’aborto in questo modo, approfittando del fatto che lo Stato appoggia. Io non ci stavo più. Qui non c’entra il fatto di essere religiosi o meno (sai bene che sono atea), qui è questione di onestà intellettuale e professionalità. Il problema dell’obiezione è che verrà arginata con la privatizzazione dell’aborto grazie alla RU486, e questo sappiamo tutti, nei corridoi dell’ospedale.

Cara G., tutto questo è molto difficile da scrivere. Ti ringrazio della sincerità. Custodisco nel cuore le tue impressioni e le tue parole. Purtroppo ho avuto conferme da amiche che lavorano a livello consultoriale: mi confermano le tue informazioni. Mi spiace tu voglia l’anonimato perché potresti rispondere a tante domande, soprattutto di chi è contro l’obiezioni di coscienza, ma capisco. Alcune colleghe hanno smesso di lavorare (giusto di recente ne parlavo con una che è davvero cara) perché è difficile aiutare le donne, se l’idea di farlo è solo quella di aiutarle a non essere madri. Grazie.

QUI IL LINK A LA CROCE QUOTIDIANO

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