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10 canzoni che hanno parlato di Dio dal palco di Sanremo

SANREMO, FIORELLO, AMADEUS

Andrea Raffin | Shutterstock

Annalisa Teggi - pubblicato il 03/03/21

Non mancano riferimenti al sacro in quest'ultima edizione. E nel corso degli anni sul palco di Sanremo la musica leggera ha fatto i conti con un rapporto confuso o molto sincero con Dio.

La prima cosa che i riflettori di Sanremo hanno illuminato ieri sera è stato il conduttore: in cima alla celebre scalinata Amadeus si è fatto il segno della croce.

Lui c’entra

Pura scaramanzia? Gesto autentico? Irrispestoso nei confronti di chi non crede? Qualunque sia la risposta che ciascuno di noi vuole dare, eccoci tutti nello stesso punto cruciale. Dio & il nazional popolare. Sarebbe bello per il credente devoto accarezzare il suo Dio nei luoghi dove si conviene, custodirlo un po’ in disparte – come il servizio buono di piatti – per non “sporcarlo”. Sarebbe giusto per l’ateo convinto che Dio sparisse da qualsiasi contesto pubblico e fosse chiuso a chiave dove meno lo si possa incontrare, ogni catacomba sia benvenuta.




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Volenti o nolenti di Dio si sente parlare assai spesso proprio dove non è venerato. Volenti o nolenti Lui c’entra; nel senso proprio che ci entra. Senza la presunzione di travestire il profano con il sacro, si può tendere l’orecchio per sentire che si dice di Dio sulla pubblica piazza e guardare che specie di fotografia umana salta fuori. Nulla più.

In casa mia non c’è Dio

Ma perché nella musica leggera è così fortemente presente l’immaginario religioso? Anche usate senza nessuna attinenza con la fede, le canzoni pescano a man bassa nel Vangelo e nella Bibbia, a volte con voluta derisione e a volte solo perché certe immagini funzionano. Il bacio di un tradimento. Dare la vita per qualcuno. Tanti modi solo umani per risorgere. Mille sfumature di paradisi.

A differenza della prosa dei giornali, la canzone non deve convincere ma deve emozionare. Un ritratto del nostro tempo emerge anche da questo paradosso: in ogni forma di comunicazione parlata o scritta l’uomo del 2021 è fieramente sicuro di essere riuscito a sbarazzarsi di Dio, ma quando canta deve balbettarlo o scimmiottarlo o farci i conti se vuole parlare di amore, paura, malinconia, gioia.

E così, da ogni altoparlante social Fedez ha fatto di tutto per farci capire che la religione è qualcosa che detesta fieramente, però ieri sera insieme a Francesca Michielin ha cantato:

In ascensore spreco un segno della croce e quindi?

FEDEZ, RAP
Shutterstock

Perché non ignorarlo e basta ‘sto Dio che è salito sulla Croce?

Anche un altro gruppo che spopola, i Maneskin, ha voluto mette in chiaro la lontananza da ogni relazione col Padreterno:

In casa mia non c’è Dio
Ma se trovi il senso del tempo
Risalirai dal tuo oblio

Non sono certa di aver capito cosa significhi, ma fa effetto. Siamo molto sicuri di Chi non c’è più in casa, ma poi il resto delle stanze resta nella penombra.

Chi non sa tornare a casa

Non ho ascoltato tutte le canzoni, lo farò meglio nelle prossime serate. Dai testi su cui mi sono soffermata mi pare che si confermi la nostra eccellente qualità nel descrivere assai bene lo smarrimento e il disagio. Il ritornello contemporaneo più diffuso è una DivinaCommedia che si ferma ai primi 7 versi del primo canto, la selva oscura.

Tre esempi dalle canzoni in gara di quest’anno, in cui si potrebbe – ironicamente – parlare di plagio dantesco:

In un bosco di me

c’è un rumore incessante
e lo faccio da parte
tu sei la mia voce
mi ricordo di te – da Voce di Madame

Questa volta ho come l’impressione
che la speranza abbia cambiato umore – da Quando trovo te di Francesco Renga

Quella che ho dentro è una notte lontana
Quella di chi non sa tornare a casa – da Cuore amaro di Gaia

FRANCESCO RENGA
Massimo Todaro | Shutterstock

Disperati e lontani da casa, siamo. E anche se qualcuno parla di paradiso, lo immagina solo come un’abbuffata di voglie da esaudire.

Voglio immaginarmi che non ho sbagliato

E che il paradiso è il mio supermercato – da E invece sì di Bugo

Immagino ergo sum. La cosa più brutta della selva è che la realtà sparisce dalla vista. Resta la meravigliosa fuga in tutto ciò che la mente può fabbricare per non impazzire di paura e solitudine.

Salvami te

Chi aspettava al varco Achille Lauro per tacciarlo di blasfemia è stato accontentato. Ospite fisso della kermesse sanremese, Lauro ha messo in scena ieri sera il suo primo “quadro” con tutta la sua sfacciata tracotanza: lacrime di sangue, piume, uno scettro con il Cuore Sacro, unghie lunghissime blu.

Laddove gli altri ci girano attorno, il suo confronto con il sacro e il divino è un incidente frontale. Schizzano dappertutto frammenti di preghiera a rovescio, pose mimate da martire, parole liturgiche a profusione. Un putiferio, in cui s’intravede un’anima – a dire il vero – e non solo una maschera. Non so se per Achille valga quell’intuizione di Oscar Wilde per cui un uomo riesce a dire la verità solo mettendosi una maschera. Se è blasfemo perché è così tanto blasfemo? Cosa gli ha fatto Dio per essere così ossessivamente presente nel suo immaginario?

https://www.instagram.com/p/CL8-rKQhcQR/




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E all’eccesso barocco di un’immagine che se la racconta con mille effetti scenici, corrisponde poi una voce molto nuda, dimessa, che ieri sera cantando non ha fatto altro che ripetere senza gridare:

Salvami te

Per Achille non so rispondere, ma per me sì. Quante volte io stessa faccio fatica a togliermi di dosso tutti i miei costumi teatrali e non oso stare davvero nuda di fronte a mio Padre per chiedergli niente di meno che la salvezza. E chissà in quanti strambi comportamenti Dio coglie un barlume di questo bisogno negli uomini che ci stanno accanto, sotto mille travestimenti.

Nel corso degli anni ci sono state canzoni che hanno portato il tema della fede sul palco dell’Ariston, ecco alcuni testi che hanno lasciato un segno nella nostra memoria.

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