Ispirata da eventi veri, durante una visita a un orfanotrofio, una bambina incontra Joseph, un ragazzo che sogna di avere un Ombrello giallo. Questo incontro inaspettato risveglia i suoi ricordi del passato.
di Nory Camargo
Umbrella è un corto animato brasiliano in cui mi sono imbattuta per caso e che mi ha profondamente commosso. È stato candidato agli Oscar di quest’anno, ed è basato su una storia di vita reale.
I registi, Helena Hilario e Mario Pece, hanno affermato che “realizzando questo corto il nostro sogno e il nostro obiettivo era quello di tradurre un ricordo doloroso in arte per diffondere un bel messaggio di empatia e speranza. Un evento triste ci ha ispirati a creare una bella storia.
Non potevamo non pensare a quanto siano preziosi i nostri ricordi, e al fatto che dobbiamo metterci nei panni dell’altro prima di trarre conclusioni affrettate”.
In otto minuti, Umbrella parla solo attraverso gesti e suoni dell’empatia e dell’importanza di non giudicare, e ci ricorda che questo mondo è assetato d’amore e che ogni gesto, per quanto piccolo, se nasce dal cuore conta, e molto.
Umbrella e il nostro modo di affrontare il dolore
Questo corto mi ha fatto riflettere su varie cose, ma soprattutto sul fatto che è molto importante capire che affrontiamo tutti il dolore in modi diversi, e che giudicare senza conoscere l’altro è solo una perdita di tempo.
Quante volte ci accade la stessa cosa che capita alla bambina dell’orfanotrofio! Mossi dalle prime impressioni giudichiamo, puntiamo il dito e feriamo profondamente gli altri.
Prima di lanciarci a criticare e a offendere (cosa che a volte sembra più naturale che respirare), facciamo una pausa, e pensiamo per qualche minuto all’impatto che quello che diciamo o facciamo può avere su chi abbiamo accanto.
So la ragione che lo ha spinto a comportarsi in quel modo? Conosco almeno una parte del suo passato? Mi sono sforzato di conoscerlo di più? Mi sono offerto di ascoltarlo o consolarlo? Mi sono preso la briga di chiedergli “perché”?