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Geneviève di Parigi, una donna per il nostro tempo

Statue de sainte Geneviève

Wikimedia Commons

Statue de sainte Geneviève par Michel-Louis Victor Mercier, au jardin du du Luxembourg (Paris), 1845.

Gabriel Privat - pubblicato il 16/03/20

La tradizionale novena alla patrona di Parigi si è conclusa quest’anno, l’11 gennaio, con l’apertura ufficiale del suo giubileo. Ma chi è colei sulle cui reliquie (a più riprese furiosamente profanate) tante generazioni di Parigini si sono raccolti nelle ore buie come in quelle di gioia? I tempi difficili di Geneviève ci dicono ormai poco, ma il loro tumulto dovrebbe parlare al nostro cuore.

Geneviève nacque a Nanterre, nel cuore della Gallia e da una famiglia franca, nel 421. I suoi genitori, cristiani impiegati nell’amministrazione imperiale, risalivano al ceppo dei Parisii. Severius, il padre, fu membro della curia di Lutezia, l’assemblea che assicurava il governo: faceva parte di quei magistrati cooptati per il loro senso civico, ma anche perché dotati di sostanze tali da sostenere i munera publica, cioè le spese dello stato. Molto pia, la piccola Geneviève scelse di essere una vergine consacrata. Fu sostenuta nella sua scelta da Germain, vescovo di Auxerre e legato del Papa. La sua esistenza fu quella di un’aristocratica, donna di spirito e volitiva. Ereditando la carica paterna, sedette nella curia di Lutezia per presiedere ai destini della città con gli altri magistrati.

Attila cambia strada

L’ascendenza franca della giovane donna le permise di intrattenere relazioni strette con i re di quell’indocile popolo dapprima passato al servizio dall’Impero, e poi distintosi per la conduzione di una propria politica. Dei franchi erano impiegati nelle legioni del generale Ætius, colui che vinse gli Unni di Attila nella battaglia degli Champs Catalauniques, presso Châlons-sur-Marne, nel 451.

Proprio di Attila Geneviève, contro ogni attesa, aveva già avuto ragione poco tempo prima. Quando le armate degli Unni marciarono su Lutezia fu lei ad opporsi all’ipotesi di evacuare la città, che le autorità proponevano, e organizzò la preghiera delle donne per la salvezza del popolo. I luteziani dovettero allora organizzare la difesa: Attila ne fu scoraggiato e cambiò strada.

Obiettivo: convertire Clodoveo

Qualche anno più tardi i Franchi, da amici che erano, divennero nemici. Geneviève si preoccupò i prima persona dei vettovagliamenti alla città assediata. Le grandi personalità si riconoscono, tra loro, e nacque una stima reciproca tra l’inflessibile luteziana e il re Childerico. Quando Clodoveo, che di questo era figlio, salì al trono nel 481, l’Impero d’Occidente era da poco definitivamente crollato. La datazione calendariale basata sui regni degli augusti e i mandati dei consoli bizantini è ormai un mero orpello. La guerra civile impose i suoi disordini, l’economia ne soffrì e, con i cattivi raccolti e le rivolte di schiavi, l’eresia ariana fece progressi dappertutto.


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A Lutezia, Geneviève non fa un passo indietro. È verso il re franco che si volge il suo sguardo. Quel pagano venuto dalle periferie della civiltà divenne la speranza della cristiana gallica. Vicina alla regina Clotilde, ella operò quanto potè per la conversione del re, il quale collocò la propria capitale a Lutezia. Il battesimo di Clodoveo, poi l’arretramento dell’arianesimo in Gallia al ritmo delle conquiste militari franche, diede all’ardente vita di Geneviève una conclusione speranzosa, dopo anni di lotte contro il declino. Il potere franco seppe cosa doveva alla vergine di Parigi. Quando Geneviève morì, il suo corpo fu deposto nella chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, costruita per ordine del re su richiesta della santa. Clodoveo per primo, quindi Clotilde, la raggiunsero nella morte sotto le volte del medesimo luogo.


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Ecco cosa potè, in termini di ricomposizione della società, una donna dalla fede ardente la cui fortuna e la cui potenza furono poste interamente a servizio della pace e del regno di Dio.


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[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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