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In amore si deve accettare l’altro per quello che è?

YOUNG COUPLE, KISS,

dekazigzag | Shutterstock

Credere - pubblicato il 13/03/20

Sì, ma lo si aiuta a diventare la versione migliore di se stesso!

di Robert Cheaib

Parlare di esigenza in amore potrebbe allarmare qualcuno. «L’amore», sento spesso dire, «non deve aspettarsi nulla. Non dovrebbe avanzare pretese. Dovrebbe accettare l’altro così com’è. Punto e basta». Ora caso vuole che le persone che fanno questi pronunciamenti sono solitamente le persone più difficili in amore… ma sorvoliamo perché non è questo il punto. Il punto è che le loro affermazioni sono non solo surreali, ma – secondo il mio modesto parere – lontane dalla realtà dell’amore. «L’amore non deve aspettarsi nulla». Ma come? L’amore è attesa, è attenzione, è fare spazio all’altro. Non a caso, nelle promesse dell’amore nuziale, ci promettiamo amore e onore tutti i giorni della nostra vita. È come se dicessi all’altro: ti amo, per questo puoi aspettarti da me amore, onore e fedeltà. A chi fa l’affermazione «l’amore non deve aspettarsi nulla», possiamo dire: «Bene, allora non aspettarti la fedeltà dell’altro, né il suo ascolto, né il suo rispetto, né la sua comprensione, né il suo tempo». E qui cadono le affermazioni vuote che non reggono. Che amore sarebbe quello che non è attesa dei frutti e dei segni dell’amore?


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La seconda affermazione è importante. E sono anche d’accordo: l’amore non dovrebbe avanzare pretese. Infatti, «esigenza» non è sinonimo di «pretesa». Nella «pretesa» c’è un «pre-» che tradisce un a priori. Questo è contro l’amore. Diversa è l’esigenza. Il termine significa etimologicamente «spingere fuori». È una specie di educazione. Dire che nell’amore ci deve essere esigenza è come dire «nell’amore, le persone che si amano devono educarsi a essere la versione migliore di se stessi». L’amore accetta l’altro per quello che è (come dice la terza affermazione che ho riportato all’inizio), ma non per lasciarlo come tale, ma per aiutarlo a diventare la versione migliore di se stesso. Un esempio renderebbe l’idea. Immaginiamo che io sia una persona che è stata abituata a programmare la propria vita da single, avendo passato tanti anni della mia vita come tale. L’arrivo dell’altro nella mia vita deve, da un lato accettare questa mia “storia”. Dall’altro lato, se mi ama, non deve lasciarmi gongolare nella mia “singletudine”, ma aiutarmi – con tenerezza ed esigenza – a passare al nostro stato attuale: non sei più solo, non vivi più da solo, non puoi pensare solo per te stesso. L’esigenza non strappa i nostri petali, ma ci dà il moderato calore della tenerezza per fiorire. Insieme.

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DA CREDERE

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