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Sono medico, così Dio mi ha fatto di capire la sofferenza

Dr. Tom Catena

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Catholic Link - pubblicato il 26/11/19

di Alvaro Díaz

La Fondazione Vianorte Laguna è un centro spagnolo specializzato in cure palliative. Nel video che segue si mostra un reportage realizzato in questa istituzione, cogliendo l’esperienza di persone che vi lavorano e anche di alcuni malati.

Vedendolo mi ci sono identificato pienamente. È quello che ho potuto vivere anch’io negli ultimi anni accompagnando malati in fasi avanzate della loro malattia, e alcuni alla fine della vita.

Uno degli insegnamenti più belli di questa esperienza è il fatto di poter approfondire la realtà della sofferenza dell’essere umano e imparare ad avvicinarmici con una prospettiva rinnovata. In questo post vorrei condividere alcune idee al riguardo.

Uno sguardo alla sofferenza

Comprendere le basi e la natura di quelle che sono le cure palliative è stato molto importante per vedere alcuni tratti della sofferenza che prima non avevo molto presenti.

Considerare, ad esempio, il significato della parola “palliativo” è una fonte di illuminazione. Questo termine viene dal latino “pallium”, che vuol dire manto. Questo manto era usato da coloro che accoglievano i pellegrini per poterli coprire e far sì che non avessero freddo.

Per analogia, le cure palliative sono un modo di coprire, di alleviare la sofferenza delle persone con malattie che non hanno più possibilità di cura. Non è difficile capire perché queste persone hanno una sofferenza (assenza di bene). Non hanno la salute sperata, e le loro malattie diventano più complesse e provocano dolore e problemi fisici.

Intendendo la persona come un essere integrale, possiamo percepire che c’è una sofferenza in altri ambiti, come quello emotivo (per la tristezza e l’angoscia di fronte alla possibilità di morire, per la perdita dell’autonomia o il fatto di non poter soddisfare molte aspettative, tra le altre cose), oltre alla sofferenza familiare, sociale e spirituale.

Sono sicuramente persone che vivono un’esperienza di grande difficoltà, e anche se il contesto della loro malattia e l’avvento della morte sono un mistero che ci può far sentire impotenti, è un’occasione molto speciale per percepire il bene che fa la presenza misericordiosa, impegnata e amorevole nei confronti di chi soffre.

Non si tratta di sradicarlo, ma di alleviarlo

Una delle esperienze che mi mettono più in discussione è quando una persona mi esprime la sua frustrazione e la tristezza quando percepisce che la sua malattia non ha cura e altri medici le hanno detto che “non c’è niente da fare”. Se aveva già una situazione dolorosa e complessa, la sofferenza aumenta per la perdita della speranza, perché non si vede una via d’uscita.

È in questi momenti che si può offrire un cammino attraverso l’assistenza palliativa. Anche se il risultato che si cerca non sarà la guarigione, è un’opportunità per mitigare e alleviare il dolore e molti dei problemi derivanti dalla malattia. Si può cercare di far sì che la sofferenza sia inferiore, offrire la consolazione di non dover affrontare il cammino da soli.

Credo che una delle più grandi difficoltà nel vivere una sofferenza come quella che comportano le malattie incurabili sia l’idea che ci promuove la cultura attuale, che è edonista ed esalta il valore del piacere e della comodità, e in cui non c’è spazio per il dolore o la sofferenza.

Nella nostra cultura il dolore viene visto come qualcosa di negativo, non gli si trova un senso, sembrerebbe sterile e senza opportunità di offrire alcun frutto. Può risultare sterile anche quando si evita uno sguardo trascendente e spirituale della realtà, quando qualsiasi riferimento a Dio e ai suoi insegnamenti non apporta più nulla.

Ricordare ciò che diceva San Giovanni Paolo II può illuminarci: “La sofferenza in se stessa può nascondere un valore segreto e diventare una strada di purificazione, di liberazione interiore, di arricchimento dell’anima”.

Guardare la sofferenza con Cristo

Una cosa che ho capito molto chiaramente è che se non si ha un riferimento spirituale o uno sguardo basato sulla fede, assumere la sofferenza e trovarle un senso è quasi impossibile. Non significa che credere in Dio non ci faccia soffrire, o che la vita dello spirito ci tolga la sofferenza, ma le dà un maggiore proposito.

Quello che credo sia l’insegnamento più importante che ci offre Dio è quello che ci lascia in suo Figlio, Gesù, che incarna tutta la realtà umana, inclusa la sofferenza che assume con la sua passione e morte. È molto bello capire che anche se il riferimento di Cristo crocifisso è consolatore, quando sappiamo che Egli ha già preso su di sé i dolori dell’umanità sappiamo che non finisce tutto lì.

Egli ha sofferto fisicamente, è stato solo, emarginato, stanco. Ancor più intensa è la nostra consolazione quando il Signore ci dice che la sua sofferenza non ha l’ultima parola, perché la storia non culmina nel Venerdì Santo, ma apre la strada alla Pasqua, alla Domenica di Resurrezione.

In questo senso, mi incoraggiano molto le parole di Madre Teresa, esperta della sofferenza dato che viveva in mezzo ai più poveri tra i poveri. Diceva: “Ricordate che la Passione di Cristo sfocia sempre nella gioia della Resurrezione, perché quando sentite nel vostro cuore le sofferenze di Cristo abbiate ben presente che poi arriverà la resurrezione”.

Con questa esperienza spirituale la malattia e il dolore non sono sterili, la possibilità della morte non è un’esperienza negativa. Può perfino essere un cammino molto fecondo, e accompagnare nella transizione da questa vita a quella eterna risulta una benedizione per chi vi può assistere.

Alcune frasi che possono essere utili

“Nella sofferenza capiamo chi è veramente nostro amico. L’amore vero si misura con il termometro della sofferenza” – Santa Faustina Kowalska

“Nelle fatiche e nelle sofferenze non dimenticate che abbiamo un grande premio preparato per noi in cielo” – San Giovanni Bosco

“Dio non è venuto a sopprimere la sofferenza. Non è venuto neanche a dare una spiegazione. È venuto a riempirla della sua presenza” – Paul Claudel

“Cristo è molto vicino a quanti soffrono” – Giovanni Paolo II

Qui l’articolo originale pubblicato su Catholic Link

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