Sei anni fa E. scopre di avere un cancro all’ovaio, è una giovane donna che non pensa minimamente alla morte e invece si ritrova a combattere un tumore aggressivo. Lo racconta sulle colonne del blog Malattia come opportunità del Corriere della Sera:
4 giugno 2013. Ore 19. «Ho il cancro». Me lo ripeto sottovoce, quasi senza respirare mentre il mondo mi sta cadendo addosso. Divento, senza volerlo, ospite di un carcinoma maligno del diametro di un bottone, proprio come quello del camice del dottore che mi guarda con due isole di dolore al posto degli occhi. All’uscita mi aspettano mia madre e mio cugino. Iniziamo così il nostro giro di giostra (…) che mi porta da un ospedale di una piccola provincia a quello di una grande città che ha i finestroni aperti su una bella campagna (Corriere).
Bisogna fare in fretta, il tumore mi divora un ovaio
E. pronuncia quella frase più volte fra sé e sé, mentre trattiene il respiro, tre parole che la lasciano atterrita. È estate quando le viene diagnosticata la malattia, lei si sente bene, in forma, come è possibile che il suo corpo si stia lasciando sconvolgere da un piccolo nido di cellule impazzite?
È estate e il mio corpo è nel pieno delle sue forze. Come è strano pensare che 168 centimetri di una struttura robusta e felice stiano ora tremando per 1 solo centimetro impazzito. Non riesco a comprendere tutte le parole con cui i medici mi imboccano la testa. Quello che mando giù con la stessa bramosia di un sorso d’acqua fresca è che bisogna fare in fretta perché i vetrini dicono che il tumore è aggressivo e io sono troppo giovane. «Mi divora un ovaio, quello destro, poi si prenderà la tuba, l’appendice e l’omento» (Ibidem).
Leggi anche:
Caro cancro, ti scrivo per dirti grazie! Mi sono ammalata e ho ritrovato Dio
Anche adesso che la morte mi si schianta addosso, preferisco pensare alla vita
C’è poco tempo, bisogna agire il prima possibile, è l’unica certezza che E. conserva nel cuore, e nonostante la paura e il dolore, parlando con Claudia riesce anche a ridere di gusto perché è ancora viva, c’è ancora vita da ridere e da vivere.
Lo dico a Claudia che sta vicina a me in una sala d’attesa luminosa sulla sterminata pianura padana e lei ride, perché dice che il cancro è l’unica malattia che non te la manda a dire. «Tu-MORE», mi dice, che dalle parti sue, in Umbria, si dice con la O aperta. Mi fa sorridere, anzi, mi fa ridere proprio e ridiamo senza curarci del tramonto che si porta via un altro giorno e una manciata di vita. Ma siamo impegnate a vivere e a ridere e del resto non ce ne importa nulla. Io alla morte non ci ho mai pensato, perché sono giovane. E devo dire che anche adesso che la morte mi si schianta addosso, preferisco pensare alla vita, a quella che ho, a quella che resta (Corriere).