L'isolamento non è la solitudine: una preghiera e alcune riflessioni del monaco Thomas Merton per giovani ubriachi di realtà virtuale, ma ancora assetati di avventure e di gioia
Io, Signore Iddio, non ho nessuna idea di dove sto andando. Non vedo la strada che mi sta davanti.Non posso sapere con certezza dove andrò a finire.Secondo verità, non conosco neppure me stessoe il fatto che penso di seguire la tua volontà non significa che lo stia davvero facendo.Ma sono sinceramente convinto che in realtà ti piaccia il mio desiderio di piacertie spero di averlo in tutte le cose, spero di non fare mai nulla senza tale desiderio.So che, se agirò così, la tua volontà mi condurrà per la giusta via,quantunque io possa non capirne nulla.Avrò sempre fiducia in te,anche quando potrà sembrarmi di essere perduto e avvolto nell’ombra della morte.Non avrò paura,perché tu sei con me e so che non mi lasci solo di fronte ai pericoli.
(Thomas Merton)
Questa preghiera è l’ultima tappa di un cammino mentale che mi accompagna da un po’, da quando sono madre a dire il vero e in modo più stringente da quando il mio figlio maggiore ha cominciato a manifestare il bisogno di avere una sua autonomia, che talvolta si riduce a voler solo stare incollato al cellulare.
Lo scorso febbraio ho partecipato a un incontro in parrocchia di cui era ospite Don Massimo Camisasca; si parlava di giovani e un suo aneddoto di vita vissuta mi ha colpito. Don Massimo riferiva di un ragazzo che alla domanda : «Quante ore al giorno trascorri coi videogiochi?», gli ha risposto: «Anche 8, i miei genitori sono al lavoro fino a sera e io resto a casa da solo». La replica del prete è stata un’altra domanda: «E a te non viene voglia di uscire e rotolarti nell’erba?».