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Cosa fare quando le scelte di vita dei nostri figli non ci piacciono?

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Edifa - pubblicato il 20/11/20

Saper fare le scelte giuste non è innato. E noi abbiamo un ruolo importante in materia nella vita dei nostri figli, che siano piccoli o adolescenti. Ma quando crescono, come reagire quando le loro decisioni non ci sembrano buone?

di padre Vincent de Mello

“Fai come vuoi!” Applicata al rapporto educativo, questa frase suona come una parola di fiducia, è un modo di scommettere sulla capacità di nostro figlio di fare una scelta da sé. Sappiamo bene che arriverà inevitabilmente il momento in cui i nostri figli dovranno fare le loro scelte senza di noi, anche se rimane possibile e a volte auspicabile che sappiano ancora chiedere consiglio. Tuttavia, questo “fai come vuoi”, può avere altre formulazioni ma anche un doppio significato. A volte si tinge di amarezza e di rassegnazione, e la sua traduzione più o meno decifrabile dai nostri figli è simile a “poiché tu, a differenza di me, pensi che sia una buona idea, fai dunque quello che non voglio per te, e che non posso impedirti di fare”…

Accompagnare la scelta dei nostri figli anche se non ci piace

A torto o a ragione, a volte ci rammarichiamo delle scelte dei nostri figli, ma siamo obbligati per forza ad accettarle, a tenerne conto e persino a ratificare, in parte, ciò che non approviamo pienamente: la scelta del coniuge, l’orientamento professionale, ecc.

Arriva il momento in cui, se non ci siamo sottratti alla nostra missione di consiglio, se abbiamo chiarificato le coscienze, dovremo lo stesso organizzare questo matrimonio e accompagnare questa scelta, salvo casi eccezionali, che verranno valutati con attenzione e umiltà. Infatti i nostri rifiuti sono questioni delicate, possono mascherare un certo orgoglio sociale, una delusione verso i nostri figli, che a volte affonda le sue radici nelle nostre delusioni personali e nelle nostre frustrazioni da adulti. Spetta poi a noi chiedere un consiglio, per non farci vincere dall’amarezza.

Se ci deve essere una rottura, deve essere comunque un atto di educazione, un atto generativo e di amore per i nostri figli, non un giudizio che li sminuisce e li umilia. I malintesi possono, molti anni dopo, trovare un lieto fine, e magari ciò accadrà in Paradiso.


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Essere genitori è un’ascesi

Ancor più delicato è un modo di dire le cose in cui, senza rendersene conto, l’adulto si è abituato a colpevolizzare il figlio quando si prende la sua indipendenza, a volte liberandosi da un rito familiare che abbiamo instaurato e al quale ci aggrappiamo pesantemente. “Ogni 15 agosto ci ritroviamo a casa dei nonni! ”o “I tuoi fratelli e sorelle si alternano per le feste tra i due suoceri”.

Sono tutte strategie degli adulti con le quali cerchiamo di rassicurarci per non perdere tutto, (come rami deboli, che si spezzano sotto il peso di questi principi etici), e riempire la nostra paura del vuoto. Il senso di colpa come modalità di governo è una perversione che rivela una piega psicologica, un deficit spirituale, un timore affettivo, e che genera tirannia. L’ascesi della genitorialità è l’abbandono del potere, non della fede, della speranza o della carità.




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