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Caritas, Ordine di Malta, Opus Dei… il governo “muscolare” del Papa

Rycerze zakonu maltańskiego w Watykanie

Vandeville Eric/ABACA/EAST NEWS

Victor Nexon - i.Media per Aleteia - pubblicato il 20/12/22

Questo 2022 ha visto diversi interventi decisamente netti, da parte del Santo Padre. La fine dell’anno offre l’occasione per tornare sui singoli interventi e su ciò che essi dicono dello stile di governo del Pontefice.

Un anno all’insegna della fermezza. Se in Vaticano il 2022 resterà nelle cronache come quello della pubblicazione della nuova Costituzione Apostolica, Prædicate Evangelium (che imposta una riforma della Curia Romana, l’amministrazione centrale della Chiesa Cattolica), l’azione del Papa non si è limitata a Roma – tutt’altro. 

Francesco infatti è intervenuto per riformare il funzionamento di numerose organizzazioni cattoliche “satellite”. Queste ultime, che pure beneficiano di una certa autonomia davanti alla Santa Sede, sono state ritoccate direttamente dalla sua mano. 

1L’ordine di Malta

È questo il caso, in primo luogo, dell’Ordine di Malta, che pur essendo unito a Roma resta un’entità ufficialmente indipendente dal Vaticano. Da cinque anni il Papa chiedeva ai successori degli Ospedalieri di Terra Santa di riformarsi – decisione presa dopo aver deposto, nel 2017, il Grande Maestro dell’epoca, fra’ Matthew Festing, per via di tensioni interne. 

Alla fine il Papa ha preso la cosa nelle proprie mani: ha si ricordato che l’Ordine era ed è sovrano, ma ciò detto gli ha imposto una nuova Costituzione, redatta da una piccola équipe diretta dal cardinal Tomasi, inviato del Papa. 

Per apportare il cambiamento di gouvernance da lui imposto all’Ordine, il Papa ha anche rimpiazzato integralmente il “Consiglio Sovrano” che lo dirige e nominato un nuovo Luogotenente del Grande Maestro. 

2L’Opus Dei

Opera cattolica che dal 1968 beneficia di uno statuto legale a parte, in quanto prelatura personale, è stato anch’esso oggetto di cambiamenti, nel senso di una normalizzazione del posto che occupa a Roma. 

Per togliergli certe peculiarità di cui beneficiava fin dalla fondazione, papa Francesco ha anzitutto deciso di far passare la prelatura sotto il controllo del dicastero per il Clero (mentre prima rispondeva a quello per i Vescovi). Infine, per il prelato dell’Ordine – il suo più alto responsabile – è stata rivista quella prassi consolidata, che lo vedeva diventare vescovo dopo la nomina.

3Caritas internationalis

La confederazione che coordina l’azione delle 162 organizzazioni umanitarie centrali della Chiesa Cattolica ha visto i propri vertici smantellati dal Papa il 22 novembre, dopo un’udienza. Il Romano Pontefice ha nominato un commissario straordinario e così facendo ha messo sotto custodia l’organizzazione, annunciando di voler migliorare le norme e le procedure gestionali. 

La decisione è stata annunciata davanti agli stupefatti rappresentanti Caritas di una sessantina di Paesi riuniti a Roma. «Pareva di stare su Twitter», ha commentato un membro della Curia alludendo ai numerosi licenziamenti manu militari di centinaia di impiegati dell’impresa (da quando al suo vertice è salito Elon Musk). 

Un management autoritario? 

Questi tre reinquadramenti hanno un tratto in comune tra loro: sono stati annunciati senza che la direzione delle organizzazioni in questione ne fosse preventivamente informata. Ogni volta è stata una sorpresa. Dei diplomatici accreditati presso la Santa Sede hanno espresso una forma di sconcerto davanti allo stile “autoritario” o “violento” impiegato dal capo (visibile) della Chiesa cattolica. 

Una reazione che alcuni relativizzano. Ad esempio, padre Cristian Mendoza vede dietro questi interventi del Papa «il suo stile di governo» ordinario: il professore messicano di Dottrina Sociale (presso la Pontificia Università della Santa Croce, in Roma) insiste per esempio sul fatto che agisce così da quando era arcivescovo di Buenos Aires. Lo farebbe per timore delle derive e nel desiderio di addurre maggiore trasparenza alle organizzazioni. 

In un’intervista per America pubblicata nel 2013, il Papa aveva riconosciuto di aver dato prova di autoritarismo quando era provinciale dei Gesuiti in Argentina, durante gli anni 1970. Assicurava però di essere cambiato, e dichiarava di voler consultare le persone prima di prendere le proprie (necessariamente solitarie) decisioni. 

Al momento sembra prevalere una certa discrezione, in merito a queste consultazioni – e fino ai momenti delle decisioni. Il Papa “non si fida” dei dirigenti in carica, o almeno questa è l’opinione di padre Mendoza, che si spinge perfino a dire che «quando lo si va a trovare, spesso gli si presenta una verità infiocchettata». 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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