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Quegli alberi fiorivano miracolosamente, nella notte di Natale

FRANCOBOLLO CON IL BIANCOSPINO FIORITO DI Glastonbury

Timofeeff - Shutterstock

Francobollo emesso nel Regno Unito con l'immagine di The Glastonbury Thorn, intorno al 1986.

Lucia Graziano - pubblicato il 11/12/22

In alcuni casi si trattava dichiaratamente di leggende natalizie; in altri casi, dietro a questi aneddoti c’erano reali fenomeni naturali, inspiegabili per gli uomini del tempo, che furono riletti in chiave cristiana come episodi miracolosi.

Ce lo siamo sentiti ricordare stamattina a Messa, grazie alle parole del profeta Isaia: è arrivato il momento di gioire, poiché la venuta di Gesù è ormai vicina. E di fronte al Natale ormai imminente, l’intero mondo esulti in un palpito di gioia: «si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa. Come fiore di narciso, fiorisca; sì, canti con gioia e giubilo». 

Difficile pensare un’immagine più potente per rappresentare la gioia del Natale: una distesa di sabbia arida che improvvisamente porta frutto, diventando terreno fertile e ubertoso. Fin dai tempi antichi, nel periodo d’Avvento, la Chiesa scelse di riproporre ai suoi fedeli questi stralci tratti dal libro del profeta Isaia: e, inevitabilmente, un’immagine così suggestiva non mancò di colpire la fantasia popolare. Nacquero così, nel corso del Medioevo, alcune deliziose leggende natalizie che avevano come addentellato il passo biblico che abbiamo ascoltato oggi: in omaggio a quella terra arida che improvvisamente sboccia «come fiore di narciso», la fantasia e la devozione popolare cominciarono a fantasticare circa episodi dello stesso tenore che avvenivano nell’imminenza del Natale. 

Natale 1425: e un albero di melo fiorì a Bamberga

Le più antiche attestazioni di questa leggenda risalgono alla Germania del XV secolo; e, a onor del vero, le fonti d’epoca sembrerebbero concordi nel descrivere questi prodigi come miracoli a tutti gli effetti, che realmente avrebbero avuto luogo di fronte agli occhi di numerosi testimoni.

Mettiamola così: la frequenza con cui le cronache citano questi miracoli (che, a quanto pare, si ripetevano di anno in anno, con regolare continuità, in svariate zone della Germania), è tale da far quantomeno inarcare le sopracciglia. D’altro canto è pur vero che, a riportare questi fatti, furono spesso individui di tutto rispetto, che faticheremmo a immaginare nell’atto di scriver fanfaluche: le prime testimonianze scritte circa una fioritura miracolosa sono costituite da una deposizione congiunta di Frederick, vescovo di Bamberga, e di Nikolaus von Dinkelsbühl, membro dell’aristocrazia locale, fatta mettere agli atti il 16 gennaio 1426. Il documento esiste ancora, ed è oggi gelosamente conservato dalla Hofbibliotheck di Vienna (ms. 4899, fol. 312): stando alle parole dei due testimoni, nella notte di Natale 1425 un melo che si trovava a poca distanza dal duomo di Bamberga era fiorito inspiegabilmente in mezzo al gelo invernale, agghindando i suoi rami con tre deliziosi pomi rossi, lucenti e succosi; apparentemente, numerosi cittadini avevano avuto modo d’assistere a questo prodigio.

Ancor più numerosi furono quelli che, nei primi giorni del 1430, accorsero presso la città di Norimberga per essere a loro volta testimoni di un analogo miracolo. In questo caso, a descrivere i fatti è Johannes Nider, frate domenicano, parlando appunto di un grande albero di mele che sorgeva nel contado della città di Norimberga: a quanto pare, a partire dal 1430, il melo aveva preso l’abitudine di fiorire nella notte di Natale suscitando la comprensibile curiosità della popolazione locale, che ogni anno si recava sul posto per prendere visione di questo miracolo invernale. 

Ma quelli che abbiamo citato sono solamente i casi più precoci. A partire dalla seconda metà del XV secolo, si moltiplicano in tutta la Germania le testimonianze circa miracolose fioriture natalizie di alberi da frutto che esplodono di vita in pieno inverno, in mezzo a distese di neve e di ghiaccio; proprio come aveva profetizzato Isaia, se vogliamo metterla in questi termini. 

La fioritura (non troppo) miracolosa del biancospino di Glastombury

Era però un biancospino (e non un albero da frutto) quell’alberello che, nel tardo Medioevo, fioriva in pieno inverno nel cortile dell’abbazia di Glastombury, suscitando lo stupore della popolazione inglese. Le prime testimonianze scritte su questo fenomeno risalgono al tardo XV secolo: parliamo cioè di un’epoca in cui cominciavano a diffondersi in tutta Europa le notizie di quelle misteriose fioriture miracolose che avevano luogo in Germania. 

Evidentemente, l’Inghilterra non volle essere da meno e inventò ad hoc una leggenda natalizia che, di fatto, si ricollegava ai romanzi cortesi a tema arturiano afferenti al “ciclo del Graal”. Nelle opere letterarie del tardo Medioevo inglese, si parlava spesso di come Giuseppe d’Arimatea avesse viaggiato verso la Gran Bretagna quando era ormai un uomo di tarda età (per l’appunto, portando con sé quel Sacro Graal che i cavalieri di re Artù cercavano nei paraggi). Ebbene: in una rielaborazione cristiana di questa leggenda, Giuseppe d’Arimatea morì in tarda età e fu sepolto nei pressi di Glastombury, nella nuda terra, in segno d’umiltà; per tenere traccia del suo luogo di sepoltura, un biancospino fu piantato sulla tomba. E, sui rami di quell’albero, ben presto la potenza divina si rese manifesta: ché anche il biancospino di Glastombury cominciò a fiorire miracolosamente nel periodo di Natale, quasi avesse voluto annunciare al mondo la promessa di una rinascita a vita nuova. 

L’alberello di Glastombury esiste ancor oggi (anche se non è più quello stesso albero che esisteva nel Medioevo); e la cosa buffa è che fiorisce per davvero nel periodo invernale, senza però che ci sia il bisogno di scomodare miracoli capaci di piegare le leggi di natura. L’albero in questione è un biancospino della varietà Crataegus monogyna ‘Praecox’: un cultivar che, come dice il nome stesso, si caratterizza per una fioritura estremamente precoce che ha luogo in pieno inverno, indicativamente a fine dicembre, dando origine a una leggera spolverata di piccoli fiorellini bianchi. Di fronte a questa vista inspiegabile, era quasi inevitabile che s’accendesse la fantasia popolare!

The Cherry Tree: una canzone di Natale

E si basava certamente su questo tipo di leggende la canzone The Cherry Tree, poco nota in Italia ma ancor oggi piuttosto popolare oltremanica. Il testo della carola natalizia, risalente alle prime decadi del XVI secolo, rielabora un episodio narrato dal Vangelo apocrifo dello pseudo-Matteo, laddove si immagina la fuga in Egitto della Sacra Famiglia e si descrive il prodigio con cui un albero piega le sue fronde per sfamare la Vergine, stanca e assetata. 

Ebbene: The Cherry Tree, rielaborando questo episodio in chiave più propriamente natalizia, narra eventi che si svolgono pochi giorni prima della nascita di Gesù, mentre la Sacra Famiglia è in viaggio verso Betlemme. Provata per il lungo cammino, Maria viene colta da una di quelle voglie tipiche della gravidanza; ed ecco, gli alberi di ciliegio che erano piantati lungo il sentiero fioriscono improvvisamente, mostrando alla Vergine i loro frutti rossi e scintillanti. Maria chiede dunque a san Giuseppe di raccoglierle, per cortesia, un po’ di quelle ciliegie; ma il marito, evidentemente, quel giorno s’era svegliato con la luna storta, o forse era già di malumore per aver passato troppo tempo incolonnato in mezzo al traffico sul suo asinello in attesa di entrare a Betlemme: chi lo sa. 

Sta di fatto che l’uomo le risponde bruscamente e taglia corto: “chiedi al padre di tuo figlio di raccoglierle per te!” (davvero difficile immaginare un comportamento simile, ma ehi: permettiamo al cantore di finire la sua storia, prima di giudicare!).

Ebbene: il diretto interessato (cioè appunto il padre del figlio di Maria) non se lo lascia ripetere due volte, e davanti agli occhi sgomenti di san Giuseppe si compie il secondo miracolo della giornata: i rami dell’albero di ciliegio si piegano dolcemente per arrivare all’altezza di Maria, che se ne serve con allegria. E tanto basterà a spazzar via una volta per tutte quell’umano dubbio residuo che ancora san Giuseppe aveva nel cuore (quantomeno, nell’immaginazione del cantore): con ogni evidenza, il bimbo che Maria portava nel grembo era davvero il figlio di Dio.

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