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White Christmas: la vera storia dietro la canzone

ALBUM CON VINILE DI WHITE CHRISTMAS E VOLTO DI BING CROSBY

Ralf Liebhold - Shutterstock

Copertina del vinile di White Christmas con Bing Crosby del 1942

Lucia Graziano - pubblicato il 03/12/22

Il popolare canto natalizio ha un significato più profondo di quanto possa sembrare a prima vista. Molti di noi, nell’ascoltarlo, tornano col pensiero ai loro Natali d’infanzia; ma i primi coristi che intonarono questa canzone, negli anni ’40, lo fecero pensando ai profughi di guerra e ai soldati costretti al fronte.

«I’m dreaming of a white Christmas», recita la canzone che abbiamo nelle orecchie e che ci commuove ogni volta che viene trasmessa in radio. Ed è forse inevitabile che ci prenda un po’ di malinconia nel ripensare ai Natali lontani della nostra infanzia, in cui ci par quasi che la neve fosse più bianca, le decorazioni più festive e i buoni sentimenti più diffusi. 

Ma è proprio questo il messaggio che vuole trasmettere la canzone? A cosa stava pensando realmente Irving Berlin, nel comporre quei versi così famosi? 

In origine, White Christmas era lo sfogo di un professionista costretto a passare il Natale lontano dalla famiglia

Sorprenderà scoprire che Irving Berlin stava rimuginando sui bianchi Natali della sua infanzia mentre si preparava a trascorrerne uno nell’assolata California, in tournée, in compagnia del suo produttore discografico e dello staff che li accompagnava. Correva l’anno 1940; e il compositore, immalinconito per la lontananza da casa, scriveva la canzone che ben conosciamo… con una differenza di rilievo: la faceva iniziare in questi termini:

The sun is shining, the grass is green, the orange and palm trees sway. There’s never been such a dayin Beverly Hills, L.A. But it’s December the twenty-fourth – and I am longing to be up North.

Fortunatamente per tutti noi, Berlin impiegò poco tempo prima di realizzare che la lontananza dalla famiglia è certamente fonte di sofferenza, ma il cittadino-medio avrebbe forse potuto avere qualche difficoltà nell’empatizzare con un uomo di successo che si lamenta di aver dovuto trascorrere le sue feste in un resort a cinque stelle di Beverly Hills. Di conseguenza, la prima strofa fu stracciata; e questo permise alla canzone di trasformarsi in una reminiscenza malinconica dei Natali passati, simbolo di una infanzia più innocente e più gioiosa che spesso ci sembra di aver perso irrimediabilmente.

White Christmas fu interpretata dal cantante Bing Crosby e lanciata nel dicembre 1941, ottenendo un discreto successo di pubblico. Il che vuol dire che il successo non fu travolgente: successivamente, lo stesso Crosby dichiarò di non aver colto immediatamente le potenzialità di quella canzone, che a prima vista gli era parsa certamente graziosa ma non così speciale da poter diventare un grande classico.

Nel 1942, White Christmas diventò il simbolo di tutte le vite sconvolte dalla guerra

Ma quando, a distanza di dodici mesi da quel Natale 1941, le radio ripresero la loro programmazione delle feste: beh, tutto era cambiato; gli Stati Uniti erano in guerra ormai da un anno. Molte famiglie non vedevano da mesi i loro mariti, padri, figli; e molte donne erano dolorosamente consce del fatto che, quell’anno, diverse sedie sarebbero rimaste vuote al pranzo di Natale. Sentendo cantare la malinconia di chi, lontano da casa, non può fare altro che sognare un Natale «just like the ones I used to know», era inevitabile che il pensiero corresse a quei soldati al fronte, circondati dagli orrori della guerra e in costante pericolo di vita. 

Ma non solo: nella malinconia di chi rimpiange i Natali d’un tempo perduto, molti videro un richiamo ai profughi di guerra che erano stati costretti ad abbandonare le loro case per salvarsi dai bombardamenti o per sfuggire alle persecuzioni razziali. E, in tal senso, parve suggestivo il fatto che lo stesso Irving Berlin avesse origini ebraiche: il compositore viveva in America fin da quando era bambino, dunque non era mai stato toccato direttamente dalle leggi razziali; ciò non di meno, questa coincidenza contribuì a rendere ancor più forte l’associazione tra White Christmas e le sofferenze di chi, a causa della guerra, si vede sottrarre la quotidianità di sempre. 

E così, quella canzone di Natale si trasformò in un successo travolgente: le emittenti radiofoniche furono inondate dalle richieste di trasmetterla più volte al giorno, al punto tale che molti dischi finirono col distruggersi fisicamente per l’usura. La si cantò durante le raccolte fondi che venivano fatte a favore dei profughi emigrati negli Stati Uniti; molte chiese e molte scuole la insegnarono ai bambini, suggerendo loro di intonarla pensando ai loro coetanei meno fortunati. 

E l’associazione mentale tra la guerra e la canzone permase a lungo, nell’immaginario collettivo: a partire dagli anni ’50, molte produzioni cinematografiche la utilizzarono come colonna sonora nei film ad ambientazione militare; durante le guerre di Corea e del Vietnam, diversi giovani la intonarono polemicamente, in chiave contestatoria. 

La canzone perse le sue connotazioni più guerresche solamente negli ultimi decenni, quando molte nazioni posero fine all’obbligo di leva e quasi ovunque ci si illuse che il rombo dei cannoni potesse ormai essere derubricato a un ricordo del passato. Purtroppo, la storia recente ci ha mostrato che queste speranze non erano poi così fondate; e anche quest’anno molte famiglie si troveranno dolorosamente a rimpiangere quei loro Natali di sempre, che ormai non sono più.

E allora, non farà male far correre su di loro il nostro pensiero ogni volta che sentiremo suonare in radio le note di White Christmas. Al Natale sono state dedicate canzoni a tema sacro indubbiamente splendide e preziose… ma, talvolta, anche le musiche “profane” possono essere spunto di riflessione e di preghiera.   

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