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La “ragazza dei foulard”: aiuta le donne col cancro a scoprirsi, non a coprirsi

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Shutterstock | Di PintoArt

Giovanna Binci - pubblicato il 03/08/21

Aurora ci è passata: un linfoma non-Hodgkin e la chemioterapia le hanno portato via i capelli, ma non la voglia di lottare ed essere femminile. Oggi, con le sue acconciature di foulard colorati, aiuta altre donne malate di cancro a s-coprirsi.

Tra i vari motivi di annullamento del matrimonio seduta stante c’è sicuramente questa frase: “cara, hai fatto qualcosa di diverso?”. Quel “qualcosa” di solito è un taglio drastico, dei nuovi colpi  di sole, ma potrebbe pure trattarsi di una tinta “blu puffetta”, ma in ogni caso, non avreste più probabilità di ricevere una risposta diversa rientrando a casa dal parrucchiere

Capelli che raccontano…

Eppure si sa, quando una donna cambia taglio o colore, qualcosa sta per cambiare nella sua vita e se non te ne accorgi… È un attimo che potresti essere tu! 

Se capelli fucsia, rosa confetto o shatush vari parlano di voglia di novità, di ribellione, di pagine da voltare, la nostra chioma è capace di suggerire storie silenziose anche quando non c’è.

È il racconto di Aurora, la “ragazza dei Foulard“. Un linfoma non-Hodgkin all’utero la costringe nel 2014, a 41 anni, a sottoporsi ad esportazione di utero, ovaie e tube all’ospedale di Gela, dopo non aver perso le speranze di fronte a una prima diagnosi di non operabilita’:

“Feci cinque biopsie ma non si riusciva a capire che tipo di tumore fosse, poi il 26 marzo ebbi l’intervento di istero-annessiectomia, che consiste nell’asportazione dell’utero, tube di Falloppio e ovaie. Dall’esame istologico emerse che si trattava di un linfoma a grandi cellule B non-Hodgkin, che risponde bene alla chemioterapia. L’ematologo mi avvertì che mi sarebbero caduti i capelli e io risposi che per me era più importante vincere questa battaglia, tanto i capelli sarebbero ricresciuti”.

(Ansa)

Scoprirsi più forti di quanto pensiamo

Otto cicli di chemioterapia ogni quattordici giorni, per due giorni consecutivi e la perdita totale dei capelli. 

“Era devastante ma sono stata sempre sostenuta da mio marito e la fiducia che ho visto nei medici mi ha dato la forza. Questo percorso mi ha portato a scoprire parti di me che neanch’io sapevo di avere: emanavo tranquillità, anche se tranquilla non ero, sembravo forte e coraggiosa, anche se in realtà avevo enorme paura”.

Ib.

Nessuno dà troppo peso all’alopecia, in una situazione simile: l’urgenza è battere il mostro.

Eppure, credo che in una situazione già così difficile, guardarsi allo specchio e dover abbandonare anche quella parte di te che ti faceva ancora sentire “te stessa“, sia un peso che si aggiunge al resto come un macigno. Combattere, certo, ma come si fa quando la malattia ti porta via tutto, anche ciò di così poco necessario, futile, un vezzo superficiale, ma così importante per poter dire: ci sono ancora, sono io, nonostante tutto? 

La “ragazza dei foulard”

Aurora non ci sta: quel tumore non le porterà via la sua femminilità

Niente parrucca, “non mi dovevo nascondere davanti alla malattia e non aveva importanza se la gente mi guardava”, spiega, ma coloratissimi foulard sempre nuovi, legati in modo sempre diverso a creare vere e proprie acconciature. 

Oggi Aurora ha sconfitto la malattia, ma non ha smesso di creare coi suoi amati foulard: è entrata nella associazione di volontarie che frequentava il suo reparto oncologico, la Farc&C per sostenere altre donne nella sua stessa situazione. 

“Provo a spiegare alle pazienti in chemioterapia quanto sia importante non trascurare la cura della propria bellezza e non perdere mai la speranza. Il cancro lascia i suoi segni sul corpo, modificando la visione che si ha di se stessi. Ma i miei occhi – conclude – ancora brillano nel vedere la mia cicatrice e quando parlo della malattia oggi lo faccio con il sorriso sulle labbra”.

Ibidem

Aiutare a scoprire, più che a coprire

Non si tratta solo di “coprire” la testa calva o i segni del cancro, ma forse più di “scoprire” delle nuove noi, anche davanti alla malattia. Scoprire una forza che non credevamo di avere.

È buffo come una sola consonante o un pezzo di stoffa possano farti passare dalla prospettiva della paura a quella della speranza. 

Che poi, ogni guerriero ha il suo elmo in battaglia. 

Se è colorato e di seta, anche meglio!

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