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Appello a tutti i Fedez: lo sapete che cos’è davvero un aborto?

FEDEZ

Di stedalle|Shutterstock

Paola Belletti - pubblicato il 26/07/21

Con un recente tweet Fedez replica a Don Mirco Bianchi e al suo invito ad aiutare le donne a dare la vita e non solo ad abortire.

Twitter ci conferma un po’ tutti nell’illusione che ad essere brevi si risulti anche icastici, solenni, geniali. E che le parolacce siano necessarie perché in così pochi caratteri bisogna colpire coi toni forti.

Un classico

Eccolo, l’ultimo rinunciabile tweet dell’influencer maritato che si spende per istanze già assodate, che difende chi è già garantito, che promuove diritti già ampiamente esercitati.

Peccato però che quello ad abortire non sia un vero diritto, sebbene sia pratica garantita da una legge.

Fedez il trasgressivo, continua invece ad andare sempre più sul classico. Non solo va a Sanremo e si emoziona, ma fa cantare Orietta Berti e adesso ha deciso di osare ancora di più, incurante del pericolo: parlare male della Chiesa e dei preti.

Quando si dice che il coraggio uno non se lo può dare da solo.

Solo le donne o le donne sole?

E non si accorge, invitando i preti a non rompere gli organi genitali maschili alle donne (che dici, Federico, lo facciamo un corso sull’inclusività del linguaggio, e un bel feminism washing in un qualche Arno di fortuna?), di screditare con un ciuffo di parole la sua stessa esperienza di padre, marito e perdincibacco persino di figlio.

Sotto il post è tutto uno scrosciare di “lasciateli stare voi i bambini, brutti preti pedofili” con qualche contrappunto al fatto che essendo maschio nemmeno Fedez ha diritto di parolaccia per promuovere il diritto ad abortire, che è solo di chi possiede un corpo dotato di utero. (Si direbbe donna ma anche questa scelta è soggetta a discussioni in tutto il mondo. Vi prego, smettetela: solo le donne restano incinte).

Difendere la vita, della mamma e del bambino

Fedez riporta nel suo tweet l’invito di un sacerdote ad aiutare le donne a far nascere i figli anziché risolversi ad abortire. Non sembrava una cosa tanto aggressiva, né cupa come chi nei cortei pro life si veste da morte con tanto di falce da cui pencolano piccoli feti abortiti.

Don Mirco Bianchi si era rivolto proprio agli influencers perché dirottassero nella direzione della vita il loro strano e fugace potere. Ipotizza che forse alle volte le donne incinte non vogliano abortire e basta, ma soccombano piuttosto ad altre pressioni di fronte alle quali una gravidanza portata a termine e un bimbo in braccio diventano un peso insostenibile.

L’aborto e le sue reazioni avverse

E’ con l’esito dell’aborto che credono di diventare libere e questo potrebbe essere un errore; si potrà dire una cosa del genere o parte lo stigma sociale di default?

Sto leggendo proprio in questi giorni un agile ma ricco libro sulla pastorale post aborto, Cuori spezzati, un cammino per guarire dalle ferite dell’aborto. Il sacerdote che lo ha scritto parte da una profonda conoscenza della sofferenza che attraversa fino a spezzarli i cuori dei genitori che abortiscono e vuole aiutarli a guarire.

La verità del figlio

Sai qual è il primo passo suggerito dall’autore, caro Fedez?

Riconoscere la verità del figlio, la sua esistenza unica e duratura e a partire da essa la propria maternità e paternità.

L’aborto non cancella la vita di un figlio ma la interrompe nella sua dimensione terrena. Non lo toglie dalla mente di una madre – e spesso nemmeno di un padre – per tutta la sua restante vita a venire.

Non cancella quel bambino, si premura solo di non parlarne più; lo elimina dalla società e dalla memoria collettiva, ma lo lascia conficcato come una freccia nel cuore di chi lo aveva concepito.

Il dolore della donna

Fino a che queste madri non incontrano uno di quei sacerdoti scocciatori, magari, che si avvicinano con delicatezza e capacità di ascolto, che le lasciano piangere, che le aiutano a riconoscere la propria maternità e le accompagnano da Chi solo le può guarire.

Altrimenti non hanno più pace, dopo, caro Fedez. Interessa questo dettaglio o va spostato nello spam insieme alle rotture di scatole che intralciano la tua inarrestabile rivoluzione antropologica sponsorizzata?

Il bambino non nato è uno di noi

Sono sicura che, se ti fermassi un attimo a riflettere, sapresti da solo che quel feto oggetto di aborto è identico, per natura e dignità, al tuo Leo; che a guardarlo con l’ecografia in 3d farebbe forse commuovere anche la sua di mamma, esattamente come ha fatto la vostra Vittoria dalla pancia di mamma Chiara, prima di venire al mondo. Cosa la teneva in vita? Era appesa al vostro desiderio più che al cordone ombelicale?

Sapresti pure proseguire nel ragionamento riconoscendo che tu stesso, qualche decina di anni fa, hai attraversato quella fase di sviluppo, unica via per approdare alla vita che stai vivendo ora – sul come non mi pronuncio. Chi sono io per giudicare? (e sinceramente vedo, sotto tanta caciara che fai, che ciò in cui credi di più sono le solite cose che durano: amore, famiglia, uomo, donna, libertà).

Ma si capisce, hai fretta. Troppe sono le istanze da sostenere: ora anche l’invito a raccogliere firme per il referendum sull’eutanasia che nel vostro laicista “due con l’anello” spacciate come forma di pietà e invece altro non è che smaltimento rifiuti ingombranti. Da me passano il giovedì.

Ha ragione don Mirco invece, aiutiamo chi si dà da fare con rispetto e delicatezza per andare incontro alle donne, sostenerle, accompagnarle e magari aiutarle a scegliere davvero.

Perché forse non lo sanno sul serio cosa significa abortire, cosa succede al feto, cosa fa quando sente avvicinarsi l’aspiratore che in pochi secondi svuoterà la sua dimora come un tifone tropicale.

Servirebbe forse un documentario o meglio ancora un bel film, magari una storia vera, senza piagnistei bigotti, senza gente vestita male che urla “la vita è sacra”; magari dove la protagonista è una donna, femminista, che abbia usufruito lei stessa del diritto all’aborto, meglio ancora se divorziata.

Immagina se per un puro caso si trovasse ad assistere ad una pratica, una delle migliaia che avvengono al giorno nella clinica in cui lavora come direttrice, e vedesse coi suoi propri occhi che sta succedendo a quella mamma e al suo bambino…ci vorrebbe proprio un film così.

Ah, ma c’è, ed è in giro adesso nelle sale italiane, con continue anteprime. Si intitola Unplanned ed è distribuito dalla Dominus Production.

Che faccio, Fedez, prenoto?

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