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Ostacoli, falsità e nemici di Joseph Ratzinger. Ne parlano due libri

BENEDICT XVI

SVEN HOPPE | dpa Picture-Alliance via AFP

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 01/07/21

I libri sono stati pubblicati a 70 anni dall'ordinazione sacerdotale di colui che sarebbe diventato Benedetto XVI

Molti amici, ma anche tanti nemici, che hanno remato per mettere in difficoltà più volte Joseph Ratzinger. A 70 anni dall’ordinazione sacerdotale di colui che sarebbe diventato Benedetto XVI, due interessanti libri rivelano dei retroscena sul Papa emerito.

Si intitola “Benedetto XVI. La vita e le sfide” il libro scritto da Luca Caruso, responsabile della comunicazione istituzionale della Fondazione vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, la quale è anche editrice di questo volume, che porta la prefazione dell’arcivescovo Georg Gänswein

“Divisioni e liti”

Scrive Gänswein nella prefazione: «Ogni volta che si cerca di comprendere e inquadrare Benedetto XVI, sorgono immediatamente divisioni e liti. È considerato uno dei pensatori più intelligenti dei nostri tempi e al tempo stesso una figura affascinante. Ma anche un personaggio scomodo per i suoi avversari, che non mancano». 

Al riguardo, prosegue il segretario particolare di Joseph Ratzinger, «un intellettuale francese una volta ha notato che non appena si menzionava il nome di Ratzinger “pregiudizi, falsità e persino disinformazione regolare dominavano ogni discussione”. In tal modo, non raramente, è stata costruita un’immagine che non è in grado di mostrare la realtà né della persona né dell’operato, ma solo una rappresentazione fittizia che doveva servire a uno scopo specifico» (Avvenire). 

Il gruppo di San Gallo

Tra i più autorevoli biografi di Benedetto XVI c’è anche un sacerdote romano che è anche storico, don Roberto Regoli, direttore del Dipartimento di Storia della Chiesa dell’Università Gregoriana e Direttore della rivista Archivum Historiae Pontificiae. Il suo libro “Oltre la crisi della Chiesa. Il pontificato di Benedetto XVI” (Edizioni Lindau) è un racconto del pontificato di papa Ratzinger nel più largo contesto della storia della Chiesa. 

Scrive Famiglia Cristiana (28 giugno)

Benedetto XVI aveva tanti nemici, anche dentro la Chiesa. Prima di tutto la sua elezione fu ostacolata dal cosiddetto “gruppo” di San Gallo. Gli ecclesiastici di alto rango invitati dal vescovo di San Gallo in Svizzera (tra cui cardinali Martini, Silvestrini, Murphy-O’Connor e Danneels) che volevano la Chiesa “aperta” e criticavano la Chiesa durante l’ultima fase del pontificato di Giovanni Paolo II. Il loro bersaglio fu prima di tutto il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, cioè Ratzinger, perché, secondo loro, esercitava un’influenza centralizzante e conservatrice. Come se non bastasse anche nella sua patria tanti cattolici e vescovi tedeschi criticavano apertamente il Papa (“In Germania alcune persone cercano da sempre di distruggermi”, ha detto il papa emerito in un libro-intervista). Come Benedetto XVI reagiva a questi attacchi e le critiche?

«Rimaneva al suo posto – replica Regoli – Non si scomponeva. Continuava la sua politica ecclesiastica. Come abbiamo saputo dalle parole dello stesso cardinale Danneels e dalla sua biografia autorizzata, esisteva una rete di cardinali e vescovi che si riunivano per promuovere la loro agenda ecclesiale. Ratzinger non ha mai avuta una sua rete/struttura, né si è preoccupato di crearsene. Da teologo qual era aveva una chiara consapevolezza dell’opera di Dio nella Chiesa e nel mondo per cui queste dinamiche molto umane non lo interessavano particolarmente. Conosceva le critiche, era consapevole degli attacchi e la sua risposta era a livello delle argomentazioni e non di una politica di repressione. Lui voleva convincere e non imporre. Qui appare una caratteristica di Ratzinger, che è allo stesso tempo la forza e la debolezza del suo pontificato».

“Non ci fu volontà di capire

Il Papa che veniva spesso presentato come “conservatore” ha fatto un gesto “rivoluzionario”: la rinuncia al pontificato. Mons. Georg Gänswein commentando tale rinuncia di Benedetto XVI ha detto: “Dall’elezione di Francesco il 13 marzo 2013 non vi sono due papi, ma de facto un ministero allargato – con un membro attivo e un altro membro contemplativo”.

Come lei interpreta queste parole del segretario di Papa emerito? Regoli replica così: 

«L’arcivescovo Gänswein ha voluto ribadire che c’è un solo papa e allo stesso tempo ha cercato di spiegare la novità della situazione. Non venne capito e le sue parole vennero estrapolate, tagliate e comunque non citate nella loro completezza. C’è sempre chi cerca di creare confusione. In realtà Gänswein, nel ribadire l’unicità del governo papale, tentò di avviare una riflessione teologica sulla rinuncia, impiegando un linguaggio analogico sul ministero petrino «allargato», all’interno del quale rientravano – a detta dello stesso Gänswein – due biografi di Benedetto XVI, Peter Seewald e io stesso, e altri ancora. Quindi questo ministero «allargato» non sembra tanto pericoloso nel momento in cui vi rientrano anche semplici studiosi. Non tutti prestarono attenzione all’integrità del discorso. Non ci fu volontà di capire».

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