6. Ora parliamo dell’amore
In questo modo, arriviamo ad accettare quello che siamo: figli, non servi. Accettare è amare: “Non è uguale voler essere figlio e avere la consapevolezza di esserlo, riconoscerlo e accettarlo (…). Se ci fosse un bambino così ribelle da scontrarsi con i suoi genitori e non voler dipendere da loro, né dagli insegnanti (non vuol dire che vada o meno a scuola, questo è secondario), allora l’organizzazione montata per il carattere del figlio, la famiglia e la scuola, tutta la struttura educativa dell’umanità crollerebbe”(Ibid., p. 146).
Con questo riferimento all’educazione, Polo mostra come dipendiamo dai genitori, ma nel nostro essere dipendiamo radicalmente dal Creatore.
E visto che siamo persone, dipendiamo come figli, ma questa dipendenza va accettata per amore, riconoscendola con la nostra conoscenza e la nostra libertà.
Il nostro “essere figli” può essere inteso come un processo di maturazione, in cui veniamo aiutati a crescere come persone in tutte le nostre dimensioni: come conosciamo o come amiamo.
“Educare equivale ad aiutare a crescere. (…) Aiutare a crescere è affidare quell’aiuto a chi cresce. Per questo, educare è educare nella libertà, non solo parlare della libertà o lodarla, ma donare ciò che si trasmette a una libertà nuova, che si farà carico di quell’aiuto, in cui chi riceve il dono rinasce: viene assunto, appropriato, integrato”.
“La libertà del figlio non è l’indipendenza (essere indipendente è contrario all’essere figlio), ma farsi carico della sua destinazione” (L. Polo, El hombre como hijo).
7. Cosa dice Papa Francesco?

Papa Francesco ha scritto nella recente enciclica Fratelli tutti:
“L’impegno educativo, lo sviluppo di abitudini solidali, la capacità di pensare la vita umana più integralmente, la profondità spirituale sono realtà necessarie per dare qualità ai rapporti umani, in modo tale che sia la società stessa a reagire di fronte alle proprie ingiustizie, alle aberrazioni, agli abusi dei poteri economici, tecnologici, politici e mediatici” (n. 167).
Capacità di pensare alla vita umana in modo più integrale… Su questa linea, penso che possiamo guadagnare molto. San Josemaría Escrivá diceva al riguardo: “Non mi stancherò di ripeterlo: dobbiamo essere molto umani, perché altrimenti non potremo nemmeno essere divini” (Es Cristo que pasa, 166).
Dobbiamo comprendere molto bene che come persone siamo già figli di Dio, che c’è una dipendenza radicale dal Creatore. E se cresciamo come figli, nell’aspetto umano, potremo essere più soprannaturali (e aiutare gli altri ad esserlo), elevando l’elemento umano a Dio attraverso la grazia che Cristo ci ha ottenuto come Figlio eterno del Padre.
Possiamo affidare questo compito a San Giuseppe, che ha visto e ha aiutato a crescere dal punto di vista umano il Figlio di Dio.