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Come parlare della morte ai bambini della pandemia?

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Shutterstock | Suzanne Tucker

Violeta Tejera - pubblicato il 26/11/20

Con centinaia di morti al giorno, il coronavirus ci mostra brutalmente la fine della vita. Bisogna affrontare il tema della morte con i più piccoli?

“È importante preparare la morte, perché per un cristiano è preparare la vita”. Sono parole di Germán Menéndez, chimico e professore di Scienze da 19 anni. Germán ha avuto il coronavirus a marzo, ed è rimasto ricoverato in ospedale per 15 giorni. Durante quel periodo in terapia intensiva, solo e isolato, ha rafforzato i suoi legami con quelli che in quel momento non gli erano accanto e ha approfondito la sua fede. Aleteia ha avuto l’occasione di parlare con lui.

Dobbiamo essere preparati alla morte? È stato un periodo di paura e angoscia in cui si è interrogato sulla sofferenza e sulla morte: “Che senso ha? Chi sono io? Sono fatto per l’eternità?”

Domande che lo hanno portato a una risposta:

“Se è solo un momento non vale la pena. Bisogna preparare la morte perché significa preparare la vita. La morte è solo un passo nella vita di un cristiano, che non toglie la paura di quel momento, ma gli dà un senso”.

Come parlare della morte con i bambini?

Germán crede che non si debba evitare di parlare della morte con i più piccoli, e consiglia di farlo con parole come quelle che usano loro e risposte adatte alla loro età:

1. La prima cosa è dare un senso alla morte. La vita non finisce, si trasforma.
2. Bisogna parlare loro partendo dalla fede, spiegando l’annuncio cristiano. Questo anelito alla pienezza esiste ed è reale.
3. Si deve far capire loro che la morte è uno stadio intermedio e che la persona continuerà a esistere perché noi che crediamo alla Resurrezione non moriamo.
4. Bisogna evitare di adornare la cosa con messaggi formali e infiorettature, rispondendo in modo naturale e con il cuore.


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Qual è il pericolo di parlare della morte?

“Un figlio educato senza il dolore o la responsabilità è un figlio vuoto”

Queste parole di Germán ci portano oltre. Se nascondiamo ai bambini il dolore e la realtà della vita avremo una società vuota. Una società inserita in una bolla irreale che non li aiuterà ad affrontare i problemi, la tristezza e la sofferenza, che non è preparata alla vita reale.

Qual è il ruolo dei genitori in questa situazione?

Bisogna cercare la via di mezzo, senza lasciarsi trascinare dall’ossessione diventando ipocondriaci, ma senza neanche negarlo fingendo che non ci accadrà niente.

Dobbiamo far comprendere ai figli che la morte fa parte della vita e che quindi non c’è spazio per l’improvvisazione. Ogni giorno che passa la morte fa un passo, e bisogna arrivare preparati ma senza angoscia.

Bisogna dar loro delle risposte perché il Signore si serve della sofferenza per educarci. Come riassume Germán:

“Educare alla sofferenza e alla morte è educare a vivere”.

Come essere ottimisti in questo momento e non cadere nella disperazione?

Possono essere utili queste quattro regole:

  1. Evitare la sovrainformazione, l’intossicazione dell’informazione nei mezzi di comunicazione.
  2. Curare la nostra vita spirituale e di preghiera, senza lasciarci sopraffare dalla situazione, perché come dice la Parola di Dio in Matteo “a ogni giorno basta la sua pena”.
  3. Curare i rapporti familiari e di amicizia. Trascorrere più tempo con i nostri cari e impiegare con loro tempo di qualità ora che dobbiamo stare più tempo a casa. Fare attenzione agli altri.
  4. Portare tutte le nostre preoccupazioni nella preghiera. Il Signore ci ricorda che le cose non dipendono da noi. San Matteo ci ricorda anche: “Non temete, voi valete più di molti passeri”.

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