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Suor Helen Alford: «Prossima enciclica potrebbe contribuire a rifondazione economia»

Sister Helen Alford

Photo Courtesy of Pontifical University of St. Thomas Aquinas - Angelicum

i.Media per Aleteia - Claire Guigou - Augustin Talbourdel - pubblicato il 21/09/20

Un frangente di crisi è il momento opportuno per ripensare le strutture del sistema economico e sociale attuale. Così dice, in un'intervista, il vice-rettore dell'Angelicum.

La terza enciclica di Papa Francesco, che ha per tema “la fraternità umana”, «potrebbe largamente contribuire a una rifondazione dell’economia su una concezione più realista dell’uomo e dei rapporti sociali» – ha confidato ad i-Media suor Helen Alford, vice-rettore dell’Angelicum, il 17 settembre 2020. Nominata membro della Pontificia Accademia per le Scienze Sociali da Papa Francesco il 4 settembre 2020, la religiosa domenicana ha ricordato che un frangente di crisi è il momento opportuno per ripensare le strutture del sistema economico e sociale attuale.

La prossima enciclica di Papa Francesco verterà sulla “fraternità umana” e sull’“amicizia sociale”. Che posto c’è per questi valori in una economia essenzialmente retta da relazioni contrattuali, dal “poursuit of happiness” individualista eccetera?

Siamo all’alba di grandi cambiamenti. A prima vista, il tema della “fraternità umana” non sembrerebbe essere una priorità, e in ogni caso si potrebbe pensare che si tratta di un concetto tra gli altri e che ci saranno poche conseguenze. In verità, sappiamo che le idee fanno la storia. Il grande economista John Maynard Keynes ha scritto da qualche parte, con humour, che «il potere degli interessi particolari è largamente esagerato in rapporto al progressivo peggioramento delle idee».

Mi piacerebbe insistere soprattutto su due punti. Anzitutto, in particolare dopo la crisi finanziaria del 2008, tutti si sono resi conto che il nostro modello era troppo riduzionista. Studi di economia comportamentale, soprattutto legati alle neuroscienze, tendono a provare che non siamo esclusivamente individualisti, centrati sui nostri propri interessi. In tal senso, sebben ci siano ancora pochi cambiamenti nelle strutture economiche, si può sperare che ve ne siano molti a venire. Abbiamo progressivamente allontanato la vecchia idea secondo la quale da una parte si producevano le ricchezze e dall’altra parte le si distribuiva nell’educazione, nella sanità eccetera. L’economia nel suo modello attuale non soddisfa il bisogno profondo dell’uomo. Adesso abbiamo compreso che le ineguaglianze e i disastri economici nascono già dalla produzione delle ricchezze.

D’altra parte, si potrebbe pensare al grande slogan della Rivoluzione Francese: “liberté, égalité, fraternité”. In ottica storica, si constata che i partiti liberali nati dalla Rivoluzione si sono fondati sulla difesa della libertà, l’economia del laissez-faire, della proprietà privata eccetera. Altri gruppi politici hanno deciso di sostenere più particolarmente l’uguaglianza, ma sempre nell’ottica della libertà umana, perché vogliono più distribuzione perché le persone siano più libere. Ecco i due movimenti che affondano le radici nella Rivoluzione francese. La terza via, quella della fraternità, non è stata veramente elaborata: senza dubbio oggi abbiamo l’occasione di avviare questo processo.

Dalla crisi del 2008 emergono nuove idee in questo senso, che spingono a riconciliare le genesi individualistiche e il bisogno di vivere in collettività che abitano l’essere umano. A proposito della sua celebre opera intitolata Selfish Gene, Richard Dawkins ha confidato, nella prefazione di una nuova edizione, che avrebbe potuto chiamare l’opera The Cooperative Gene. Il bisogno di collaborare si trova nei nostri geni. In economia, la difficoltà sta nel riconciliare questo bisogno di collaborazione con la necessità della concorrenza. Bisogna riconciliare le due differenti parti della società: da una parte la cooperazione, la famiglia, la Chiesa, le collettività; la concorrenza, il “laissez-faire”, il mondo economico dall’altra. L’idea di fraternità potrebbe aiutare a operare questa riconciliazione.

I problemi che attraversiamo oggi differiscono profondamente da quelli che le nostre società conobbero nel XVIII secolo. Bisogna rifondare il nostro modo di pensare, non più centrato sull’individuo e sui suoi interessi, ma sui sistemi sociali. L’enciclica potrebbe largamente contribuire a questa rifondazione: è il momento ideale per toccare il tema della fraternità.

Che raffronti si possono fare tra la fraternità nella Rivoluzione francese e quella di papa Francesco? Non è questa la prova che «il mondo moderno è pieno di virtù cristiane impazzite», secondo la celebre formula di G.K. Chesterton?

Si potrebbe dire, con Jacques Maritain, che la Rivoluzione francese, con tutti i suoi problemi che ben conosciamo – il suo anti-cristianesimo e il suo anti-teismo – comportava alcuni segni che derivano dall’Evangelo. Il progetto della Rivoluzione è anzitutto riconoscere la dignità delle persone umane attraverso l’uguaglianza, la libertà e la fraternità. Queste idee non vengono dalle culture greca e latina, ma dal cristianesimo.

La dignità umana è un’idea propriamente cristiana, ma che ha acquisito un’esistenza autonoma rispetto alla Chiesa, e questo è un buon segno. Da una parte c’è il rischio di sviare queste idee, come dice la frase di Chesterton; dall’altra c’è l’opportunità di farle entrare nel patrimonio dell’umanità. Come dice Giovanni Paolo II riecheggiando Gaudium et spes, Gesù «rivela pienamente l’uomo a sé stesso» (Redemptor Hominis): ci si può dunque attendere che delle idee provenienti dal cristianesimo giungano a sopravviverne al di fuori. d

Si parla spesso – papa Francesco lo fa per primo – della difficile concordanza tra la morale cristiana e i mercati finanziari, i modelli di consumo e di gestione. Qual è la sua opinione a riguardo? Che dice la dottrina sociale della Chiesa, sul punto?

Si potrebbe utilizzare, per rispondere a questa domanda, l’analogia del cancro. Il cancro cresce nel corpo umano perché riesce a introdursi nelle cellule sane e a riprogrammarle con un altro scopo. L’economia fa parte, fondamentalmente, delle cellule sane della società, e lo sviluppo economico pure, quando si sviluppa correttamente. Il problema è che abbiamo lasciato che l’economia dominasse sulle altre scienze e sui settori della società. La soluzione potrebbe essere quella di reintegrare l’economia nella vita sociale.

Bisogna constatare che l’economia è soggetta alla morale, contrariamente alla distinzione che ancora troppo si tende a fare tra piano morale e piano economico. In tal senso, il papa punta a realtà sociali, mentre la parte del mondo donde egli viene – l’America Latina – è duramente colpita dai disastri economici e dalle ineguaglianze sociali. Basta osservare un planisfero col Coefficiente di Gini per rendersene conto: certe drammatiche situazioni trovano oggi alcune risposte. Una delle sfide maggiori della Pontificia Accademia sta nel rinforzo delle risposte positive ferma restando la critica ai difetti del sistema attuale. La situazione è drammatica ma non è disperata.

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Planisfero col “Coefficiente di Gini”

Un altro modo di affrontare questi problemi sarebbe un ritorno alle fonti. Bisognerebbe risalire alle radici dell’economia moderna, come ad esempio ha fatto Joseph Schumpeter nella sua storia dell’economia, scritta più di cento anni fa, quando fa risalire la nascita della banca moderna ai banchi francescani del “Monte di pietà”.

La ripresa dell’attività economica è diventata una preoccupazione cardinale nella recessione post-Covid. Perché si tratta di un momento cruciale per l’avvenire dell’economia?

Tutte le crisi sono dei momenti difficili, ma anche delle opportunità, secondo il mito greco della Fenice, che rinasce dalle proprie ceneri. Dopo la crisi finanziaria del 2008, il pensiero economico è sensibilmente cambiato ma la riflessione non è stata sufficientemente larga e profonda. Forse la crisi del Coronavirus avrà conseguenze maggiori. Bisogna anzitutto introdurre una concezione più realistica dell’uomo, nelle teorie economiche, per agire sulle politiche economiche, sulle strutture, sui modelli di gestione eccetera… fino al piano più concreto.

La dottrina sociale della Chiesa insiste sul fatto che non siamo degli individui guidati dai propri interessi e senza aspirazioni spirituali, come vorrebbe certa scienza economica. La celebre frase “non esiste società, esistono solo individui” [pronunciata dall’ex premier del Regno Unito Margaret Thatcher, N.d.R.] non è sufficiente: non si possono risolvere i problemi politici ed economici con questo tipo di pensiero. La dottrina sociale risponde ad esempio con la “destinazione universale dei beni”: Dio ha fatto il mondo per tutti gli uomini. Al contempo, la storia ha provato che se si sopprime in assoluto il principio di “proprietà privata” ci si espone ad altri pericoli e ad altri disastri economici e politici. Tocca al papa richiamare l’imperativo della fraternità umana, mentre ai politici spetta trovare i meccanismi per risolvere le difficoltà.

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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