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Tagliare lo stipendio per lavorare da casa? La domanda di una CEO alle mamme USA

MUM WORK

Evgeny Atamanenko|Shutterstock

Giovanna Binci - pubblicato il 03/03/20

La domanda di Shaneé Moret, mamma e CEO di un'azienda americana, divide il web. Reazioni indignate? Neanche troppo, forse, perché, alla fine, la famiglia vale sempre di più e i soldi, senza la libertà di gestire il proprio tempo, non ci arricchiscono.

Vorrei chiarire una cosa, da persona che lavora da remoto o come alcuni lo definiscono…“dal divano”: molti confondono la cosa con “alzarsi tardi e concedersi 356342 caffè”, “mandare email in pigiama” o “lavorare meno e peggio perché nessuno ti controlla”. Vorrei spezzare una lancia a favore di quelle mamme (e non) come me e dire che no, il lavoro da remoto, se gestito bene dall’azienda in primis che calibra tempi e obiettivi giornalieri, è produttivo e impegnativo tanto quanto quello a una scrivania. Ti tiene attaccata allo schermo o alla tua consegna senza ammettere interferenze di sorta anzi, spesso c’è da aggiungere la difficoltà di farsi prendere sul serio proprio dai familiari, mariti o mogli che pensano che tu sia sempre a disposizione solo perché stai fisicamente a casa, di arginare le continue richieste dei figli se non vanno a scuola e sì, anche di togliersi il maledetto pigiama per darsi un tono. Lavorare da remoto richiede un’organizzazione maggiore e più impegnativa, autodisciplina che quell’”essere in ufficio”, in realtà, spesso facilita. Vi assicuro che ci si sente davvero incomprese, a volte. E allora perché farlo? Quali sono i vantaggi? Perché alla domanda di Shaneé Moret, mamma e CEO di MedSnake Media, che ha chiesto dal suo profilo Linkedin, riferendosi alla proposta realmente ricevuta da una sua amica al rientro dalla maternità, quante donne fossero disposte ad accettare un decurtamento del salario del 10% pur di lavorare da casa, una inaspettata (ma forse, da mamma, non mi sembra per niente strano) buona parte del pubblico femminile ha risposto positivamente? Insomma, se il lavoro è lo stesso e lo “sbattimento” pure, se i risultati e la mia produttività da remoto non cambiano, la proposta sembra in un certo senso discriminante, come ha giustamente fatto notare un’altra parte delle risposte al post.
Amanda Bronowski scrive rispondendo:

Sì, sì, un milione di volte sì! Lavoravo molto in ufficio, tutti i giorni della settimana. Ho quattro figli e mi perdevo tutto, feste scolastiche e anche svegliarmi con loro al mattino. Quando arrivò l’opportunità di lavorare da casa non ci pensai due volte. La miglior decisione che abbia mai preso. Non lascerei per nessuna ragione al mondo il tempo che ho guadagnato per stare con loro! (da Working Mother)

Busy - Mom - Mother - Baby - Work

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E’ la stessa Shaneé a dare una spiegazione concludendo con un

più il tempo passa, più quello che le persone vogliono è la libertà. I soldi non sono nulla senza la libertà di vivere la propria vita.

Ed eccolo qui, il motivo di accettare una proposta anche se all’apparenza ingiusta. Non entro nel merito di ogni singolo caso, pur consapevole che a leggerla così, suona più come un ricatto e a volte, purtroppo, lo è. Eppure, da mamma che lavora, che non può rinunciare allo stipendio per i più svariati motivi, quello di cui sono certa è che anche io avrei detto no a quel 10% senza pensarci due volte pur di avere la libertà di gestire il mio tempo. E avrei anche ringraziato, prima ancora che il mio lato “femminista” potesse urlare all’ingiustizia (il mio, nello specifico, non avrebbe fiatato proprio!). Anche se questo non significa che sia più facile, che lavorare da casa sia meno stressante, il lavoro da remoto permette di godere di quella flessibilità a cui una mamma non può rinunciare se non vuole delegare il suo ruolo di educazione e accudimento a qualcun altro: che sia il nido, la baby sitter, gli sport o le attività pomeridiane. Magari ci si alza presto al mattino, prima dell’orario di ufficio, magari si fa una pausa pranzo lunga per prendere i figli a scuola e cucinare per continuare a lavorare mentre fanno i compiti, forse si rinuncia a qualche sabato mattina perché il venerdì pomeriggio tua figlia aveva la partita o il mal di pancia o semplicemente voleva addormentarsi con te e poi giocare. La possibilità di utilizzare il tempo per quello che riteniamo davvero importante e che non potremmo delegare a nessun altro vale anche la rinuncia a quella parte di stipendio: la famiglia vale tanti sacrifici, spesso mal ripagati o non visti da chi sta fuori, ma mai da chi la vive da dentro. E come ho letto da qualche parte, nessuno, alla fine della vita, rimpiangerà il troppo tempo trascorso coi figli. La libertà, di questi tempi, la possibilità di scegliere è un valore davvero inestimabile. Come il fatto stesso di vedersi riconosciuto il proprio diritto a essere madre. Certo, sarebbe bello che il decurtamento della paga non fosse un prezzo da pagare, una tassa, ma il costo reale sostenuto dall’impresa per venire incontro alle mutate esigenze di una donna, come suppone il commento al post di Isabela Reed:

Direi sì senza dubbio. Per molte persone, quel 10% di paga sono spesso i costi che sostengono per recarsi a lavoro (benzina, auto…), quindi non ci penserei due volte! (da Working Mother)

MOTHERHOOD

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Tagliare o no, valutare costi o guadagni sta alla coscienza di ogni imprenditore, ma io, da mamma che tenta di raggiungere il fantomatico work-life balance, ringrazio per la possibilità di non aver dovuto scegliere tra la necessità di mantenere un lavoro, importante e fondamentale anche per la mia famiglia e quel ruolo per cui nessuna di noi dovrebbe mai scendere a compromessi. Siamo noi a decidere cosa è “meno” e cosa è “più” nella nostra vita: la libertà di gestire il tempo, vale molto più di quel 10% decurtato dalla busta paga. Ed è un discorso che vale per le mamme, ma non solo per loro.

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