Ecco di cosa parleranno il 4 luglio in udienza. Russia e Vaticano più vicine grazie alla diplomazia. Ma restano le ombre su un conflitto che non piace alla Chiesa Cattolica
E’ possibile che il presidente russo Vladimir Putin inviti il Papa in Russia durante l’udienza del prossimo 4 luglio?
Ai giornalisti che gli ponevano questa domanda il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha risposto: «Non sono ancora in grado di rispondere a questa domanda, non sono ancora riuscito a iniziare i preparativi», promettendo di rivelare presto se il presidente russo prevede di portare tale invito al Pontefice che scriverebbe una nuova pagina di storia.
«Personalmente penso che sia auspicabile. Ma credo che non sia nelle intenzioni di Vladimir Putin», ha invece affermato monsignor Paolo Pezzi, arcivescovo metropolita di Mosca e presidente della Conferenza dei vescovi cattolici della Federazione Russa (La Stampa, 2 luglio).
Le due visite precedenti di Putin
Che Putin abbia buoni rapporti con Francesco, e più in generale con i Papi (nel 2007 ebbe un confronto cortese con Benedetto XVI), lo attestano le visite in Vaticano. Quello del 4 luglio è già il terzo colloquio con Papa Francesco.
Nel 2013, al colloquio privato di 35 minuti è seguito il tradizionale scambio di doni. Al centro dell’incontro la crisi siriana. Il Papa, in quell’occasione, ha sottolineando l’urgenza di far cessare le violenze» e di «favorire iniziative concrete per una soluzione pacifica del conflitto.
Nel 2015 il colloquio privato, nella Biblioteca del Palazzo Apostolico, è durato circa 50 minuti. Il colloquio – si leggeva nella nota diffusa in quell’occasione dalla Sala Stampa della Santa Sede – è stato dedicato principalmente al conflitto civile in Ucraina e alla situazione in Medio Oriente.
Sulla situazione in Ucraina, il Santo Padre ha affermato che occorre impegnarsi in un sincero e grande sforzo per realizzare la pace. Per quanto riguarda Medio Oriente, Siria e Iraq, «è stato sostanzialmente confermato quanto già condiviso circa l’urgenza di perseguire la pace con l’interessamento concreto della comunità internazionale, assicurando nel frattempo le condizioni necessarie per la vita di tutte le componenti della società, comprese le minoranze religiose e in particolare i cristiani» (Aleteia, 6 giugno).
Leggi anche:
Papa Francesco incontrerà Putin: tra crisi ucraina e mano tesa agli ortodossi
Cosa si diranno il 4 luglio
Quanto all’udienza del 4 luglio, monsignor Pezzi sottolinea che essa «è la continuazione di un dialogo iniziato già molto tempo fa. Anche se non conosco l’agenda dell’incontro, posso immaginare che sul tavolo del confronto non mancheranno i temi cari al Santo Padre: progresso della pace, salvaguardia della casa comune, difesa del creato» (Vatican News, 2 luglio).
Un ulteriore scorcio dei temi che verranno affrontati nell’udienza di giovedì è stato dato dall’ambasciatore russo presso la Santa Sede, Aleksandr Aveev, il quale ha spiegato che al centro dei colloqui ci saranno questioni internazionali come «la destabilizzazione delle relazioni internazionali e del commercio mondiale, la crisi in Medio Oriente, il destino della Siria e del disarmo e la crisi iraniana».
Leggi anche:
Putin ha detto “Papa Francesco non è uomo di Dio”? No. E’ la solita bufala
Cosa pensa Putin del Papa e dei cristiani
In realtà, il dialogo tra il presidente e il Papa si prospetta molto intenso e interessante, «uno scambio di vedute filosofiche e politiche sul mondo tra il leader della Russia e il capo del cristianesimo cattolico». È questa la vera chiave di lettura dell’evento: quella prospettiva di «visione universale» che rende la Russia e il Vaticano così sensibili l’uno all’altro.
L’ambasciatore russo ricorda infatti gli scambi culturali degli ultimi anni, mostre e conferenze, confronti tra studiosi ed eventi per il grande pubblico, che hanno mostrato la sintonia tra il «padre spirituale» dell’Occidente e la «madre Russia» che vuole rappresentare l’Oriente. Papa Francesco ispira grandi simpatie in Russia per la sua stessa personalità, «a cui si debbono i grandi progressi nelle relazioni reciproche negli ultimi tempi», ma soprattutto, afferma Avdeev, «è giunto il tempo in cui i cattolici non possono risolvere molti problemi e sfide aperte, senza tener conto della logica politica della Russia e dell’esperienza della nostra Ortodossia».
Leggi anche:
Quei cattolici contro Francesco che adorano Putin
Il soccorso del cristianesimo di Stato
Anche nella recente intervista di Putin al Financial Times (27 giugno), ripresa dai giornali di tutto il mondo, il presidente russo aveva preso le difese della Chiesa Cattolica, «aggredita dalle ideologie liberali», proponendo il soccorso del cristianesimo «di Stato» della Russia (Asianews, 2 luglio).
Nel luglio scorso, nelle chiese della Russia, dell’Ucraina e di altri Paesi un tempo compresi nell’impero russo, tanti cristiani hanno celebrato la festa per i 1130 anni dal battesimo del principe Vladimir il Grande nelle acque del fiume Dnepr (che oggi scorre nel territorio ucraino e ne è il simbolo), rinnovando anch’essi le proprie promesse battesimali. Anche in quell’occasione Putin spese (non a caso) parole importanti per il ruolo del cristianesimo in Russia.
Ortodossia come simbolo identitario
La conversione al cristianesimo – insisteva Putin nel suo intervento – è stato «il punto di partenza per l’istituzione e lo sviluppo della compagine statale russa», la vera «nascita spirituale» che ha determinato l’identità e l’autocoscienza «dei nostri antenati», e ha anche irrigato «la prosperità della cultura e dell’educazione nazionale», favorendo «legami multiformi con altri Paesi».
Anche negli interventi della leadership russa e degli esponenti più in vista del Patriarcato di Mosca – il patriarca Kirill e il metropolita Hilarion – si accentuavano i toni di misticismo patriottico, quelli che esaltano l’Ortodossia russa come “anima” e scrigno dell’orgoglio identitario nazionale (La Stampa, 31 luglio 2018).
Leggi anche:
8 cose da sapere se si vuol “provare” il battesimo degli ortodossi
Il conflitto con l’Ucraina
Toni legati anche al rafforzamento dell’identità russa rispetto a quella ucraina, che si rispecchiano nel conflitto sia politico-militare che religioso, in atto dal 2014: una guerra civile che ha provocato sinora 11mila vittime.
Il confronto armato è tra l’Ucraina e due regioni orientali del Paese, russofone, che si sono levate in armi per – esse sostengono – difendere i loro diritti conculcati, ma che Kiev considera invece ribelli e sostenute dalla Russia. Nel marzo di quell’anno, poi, l’esercito russo ha occupato la Crimea che, quindi, è stata annessa a tutti gli effetti alla Russia (alla quale apparteneva fino al 1954, quando il leader sovietico Nikita Khruscëv, che era di origine ucraina, la “regalò” all’Ucraina). Il governo di Kiev continua a considerare “aggressione” quella alla Crimea; L’Unione europea e gli Usa hanno imposto alla Russia, come punizione, sanzioni economiche.
Leggi anche:
Perché papa Francesco non può andare ora in Ucraina
La frattura tra le due chiese ortodosse
La questione ucraina ha diviso radicalmente anche le Chiese del paese: la neonata Chiesa ortodossa d’Ucraina, autocefala, condanna aspramente la “occupazione” russa della Crimea, mentre più prudente è la (quasi) omonima Chiesa ortodossa ucraina, maggioritaria nel paese, legata a Mosca.
Su una posizione di dura denuncia della «aggressione» russa vi sono, in prima fila, anche i greco-cattolici ucraini, chiamati “uniati” dagli ortodossi. Ebbene, per il 5 e 6 luglio il Papa ha convocato a Roma il loro arcivescovo maggiore, Sviatoslav Shevciuk, con i massimi dirigenti del Sinodo della sua Chiesa, per una valutazione situazione del loro paese.
Il Papa tra due “fuochi”
Non sarà un incontro facile, perché la Santa Sede deve muoversi tra il punto di vista di Putin, che nega la “aggressione”, e gli “autocefali” e gli “uniati” che quella tesi sostengono. Sullo sfondo rimane il patriarca di Mosca, Kirill, in sostanza allineato alle tesi politiche del Cremlino (ladige.it, 2 luglio).
Una posizione che lo ri-allontana da Francesco dopo il primo storico incontro a Cuba nel 2016 tra il Capo della Chiesa Cattolica e il Capo della Chiesa ortodossa di Russia (che è la più importante e autorevole tra le confessioni ortodosse), al termine del quale i due leader stilarono una “dichiarazione comune” di 30 punti, in cui si metteva in evidenza l’appello congiunto per la fine della persecuzione dei cristiani in Medio Oriente, oltre ad idee comuni sul contrasto ad ateismo, secolarismo, consumismo, migranti e rifugiati, l’importanza della famiglia e del matrimonio tra uomo e donna e le preoccupazioni relative all’aborto ed eutanasia.
Leggi anche:
Papa Francesco squarcia il velo di silenzio sulla dimenticata crisi umanitaria in Ucraina
In questo contesto – in cui si incrociano conflitto tra Russia e Ucraina, scontro tra le chiese ortodosse russe e ucraine, il ruolo della minoranza cattolica sempre in Ucraina – si spiegano ancora meglio le parole sopra riportate dell’ambasciatore russo: «E’ giunto il tempo in cui i cattolici non possono risolvere molti problemi e sfide aperte, senza tener conto della logica politica della Russia e dell’esperienza della nostra Ortodossia».
Leggi anche:
In Ucraina è “invasione russa”, non “guerra civile”