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Le Piccole Sorelle dei Poveri rispondono al consiglio di un libro popolare su come aiutare i morenti

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Grace Emily Stark - pubblicato il 18/01/19

Il testo contiene molte considerazioni interessanti, ma non considera alcune verità spirituali

Come infermiera nel reparto di cure palliative, Sally Tisdale ha visto morire molte persone, e nel suo nuovo libro Advice for Future Corpses and Those Who Love Thempromette ai suoi lettori una “prospettiva pratica sulla morte e i morenti”. Secondo suor Rosario Flor, suor Mary William e suor Catherine Mary, delle Piccole Sorelle dei Poveri di Villa Guadalupe a Gallup, New Mexico (Stati Uniti), la guida pratica della Tisdale non considera l’aspetto più importante della morte e dei morenti: quello spirituale.

La missione delle Piccole Sorelle dei Poveri è “offrire agli anziani più bisognosi di ogni razza e religione una casa in cui verranno accolti come Cristo, curati come in famiglia e accompagnati con dignità finché Dio non li chiamerà a sé”. Se il libro della Tisdale sembra offrire molti suggerimenti pratici preziosi su come “essere lì” per i morenti, il ministero delle Piccole Sorelle dei Poveri porta i concetti della Tinsdale molto oltre.

I consigli dell’autrice – come “Non pensate che una persona morente sia confusa”, “Non chiedete a una persona di non morire” e “Se siete al capezzale del morente dategli sicurezza” – colpiranno la maggior parte delle persone, che li riterranno rispettosi, appropriati e pieni di buonsenso. Secondo suor Rosario, suor Mary e suor Catherine, però, suggerimenti come “Resisti all’urgenza di di portare a termine ‘compiti non terminati’, di cercare di ‘chiudere’” non vanno.

“È un buon momento per chiedere perdono”, dice suor Mary. “Può essere necessario per la famiglia, e creare un legame più forte tra questa e il morente, offrendo una grande pace a entrambe”.




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Tutte le Sorelle possono riferire esperienze del loro ministero in cui il perdono tra la persona morente e i membri della sua famiglia ha favorito una grande pace. “Nessuna quantità di morfina può eliminare il dolore emotivo e psico-sociale che può provare un morente”, afferma suor Catherine. Chiedere o concedere il perdono e prendersi cura di altri aspetti della persona – non solo del corpo fisico – alla fine della vita è un modo prezioso per accompagnare qualcuno nel processo della morte e aiutarlo ad avere una buona morte, indipendentemente dal fatto che il morente sia religioso o meno.

La cosa più importante che si può fare per i morenti, sostengono le religiose, è accompagnarli.

“Quando nostro Signore stava morendo sulla Croce, sua madre era lì, ai suoi piedi. E cosa ha chiesto Cristo ai suoi discepoli la notte prima di morire? Di rimanere con lui”, ha affermato suor Rosario. Il consiglio della Tinsdale di “dare al morente un po’ di solitudine in certi periodi, anche se si è solo nella stanza accanto”, è pratico, ma le Piccole Sorelle cercano di assicurare che gli anziani morenti della loro residenza vengano accompagnati fisicamente nel processo, circondati da persone care e preghiera.

“Quando qualcuno sta morendo, la sua stanza diventa un centro di preghiera – il cuore della residenza, in cui Sorelle, residenti e staff si fermano sempre a pregare e a stare con il morente”, dice suor Rosario. “Tanti anziani non hanno paura della morte, ma di morire. Quando, però, gli altri residenti vedono come si muore nella nostra residenza non hanno più paura. Anche chi non è religioso dice ‘Voglio morire anch’io così’”, dice suor Mary. E se alcuni residenti possono morire nei rari lassi di tempo in cui non c’è nessuno nella stanza, “nessuno è mai solo nella comunità dei santi”, sottolinea suor Rosario.

Questo porta le Piccole Sorelle a discutere il consiglio successivo della Tisdale: “Tutto è guidato dal comfort della persona. Tutto”. Le religiose sottolineano di non essere contro la morfina o altri metodi usati per controllare il dolore alla fine della vita – concordano sul fatto che siano importanti, e che hanno un ruolo nella cura dei morenti. Morire, però, a volte può essere un processo lungo ed estenuante sia per il morente che per la sua famiglia, e le Sorelle considerano un dovere cristiano accompagnare il morente nella totalità di questo processo, senza un uso eccessivo di metodi per il controllo del dolore per alleviare quel dovere. “Vogliamo che continuino a vivere finché muoiono”, dice suor Catherine citando la tendenza di usare eccessivamente alcuni metodi per controllare il dolore, al punto da far perdere la consapevolezza alla persona morente. “È una questione di equilibrio. Vogliamo che le persone siano a proprio agio, ma non vogliamo fare un uso eccessivo di morfina, al punto da derubare il morente di tutte le capacità che gli rimangono alla fine della vita”, sostiene suor Mary.


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Sottolineando gli aspetti principali del suo libro, la Tinsdale dice che “morire non è un evento passivo. Non possiamo controllarlo, ma vi partecipiamo. Non stiamo semplicemente guardando o aspettando che ci accada qualcosa. Stiamo morendo, e questo è un verbo. Un atto”.

Il concetto stesso della morte cristiana è quello di portare a un nuovo inizio, e un sacerdote che ha lavorato a stretto contatto con le Sorelle di Villa Guadalupe si riferisce a quanti sono morti affidati alle loro cure come a dei “diplomati”. Ascoltando le Piccole Sorelle descrivere le loro esperienze con i morenti, non si può fare a meno di pensare che il modo in cui approcciano l’idea della morte, e il modo in cui accompagnano gli altri mentre muoiono, sia “attivo”, perché coinvolge tutta la persona – mente, corpo e anima –, sia del morente che di chi lo circonda, mentre la persona morente si “diploma” in vita eterna.

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