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Le due menzogne del nostro tempo che uccidono l’amore

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Flickr.com/ Bill Gracey

Silvia Lucchetti - Aleteia - pubblicato il 26/05/17

I falsi miti del nuovo e della libertà che ci negano di vivere “il per sempre”

L’amore eterno è ancora possibile? Perché sembra per molti un valore definitivamente morto? Spesso assistiamo ai discorsi molto cinicidi chi sostiene che qualunque amore, anche il più grande, è inevitabilmente destinato a non durare per sempre, ma è veramente così?

Nel libro “Diario di uno psicologo distratto” il dottor Davide Cinotti, psicoterapeuta e Direttore del Centro Diocesano Famiglia della Diocesi di Alife-Caiazzo (CE), affronta le problematiche attuali dell’amore individuando due falsi miti peculiari del nostro tempo.

LA MENZOGNA DEL NUOVO

Il primo è la menzogna del nuovo: siamo convinti che la novità sia di per sé fonte di felicità per la nostra vita, siamo ossessionati da quello che ci manca, viviamo senza godere del presente ma con lo sguardo continuamente proiettato al futuro che sogniamo meraviglioso e ricco di cose nuove e attraenti, che desideriamo ad ogni costo pur senza sapere chiaramente cosa vogliamo.

«(…) nel nostro alienante contesto culturale, il bene, la felicità, la gioia sono sempre proiettati nel nuovo. Nuovo oggetto, nuovo partner, nuova esperienza. Il presente è costantemente svuotato dal potenziale futuro. Il presente è come una sacca svuotata del suo contenuto e inesorabilmente pronta a colmarsi di nuove illusorie sostanze. Desideriamo ciò che non abbiamo ancora. Quando invece ci si potrebbe soffermare a osservare, a maturare un senso di appartenenza con quello che già si ha. Sant’Agostino diceva che la felicità è poter desiderare ciò che si ha. Noi purtroppo viviamo aspirati dal ciclone del nuovo, dal ciclone famelico del “non ho”».



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LA MENZOGNA DELLA LIBERTÀ

La seconda menzogna è la bugia della libertà e di conseguenza, come afferma l’autore, quella dell’autodeterminazione.

Siamo assetati di una libertà e di un’indipendenza fasulla, che fa acqua da tutte le parti. Pensiamo di essere gli unici padroni della nostra vita senza accorgerci che dipendiamo da tutti, che la vita non ce la siamo dati da soli, ma siamo fragili e figli. Dei nostri genitori e ancora prima di Dio.

«Attualmente l’essere umano sembra doversi fare da sé senza passare dall’altro. Viviamo nel fantasma narcisistico dell’autogenerazione, dell’autoaffermazione, dell’auto-produzione, del self employed. Noi non siamo padroni delle nostre vite, ci illudiamo di esserlo. La nostra vita perché scorre? Perché c’è un cuore nella nostra cassa toracica che pulsa indipendentemente dalla nostra volontà, non è controllabile. Più cerchiamo di fermarlo, più accelera il battito. E con il cuore il respiro, i polmoni. I nostri organi interni funzionano indipendentemente dalla nostra volontà, come se avessimo tanti stranieri dentro di noi che ci spaventano dal momento in cui cominciano a parlare».

In fondo in fondo arriviamo a pensarci come esseri senza legami generativi, negando addirittura la stessa biologia e la condizione di creature venute al mondo grazie a qualcun altro.

«Quale potere abbiamo sulla nostra vita? Siamo schiavi di altre funzioni e soprattutto siamo stati generati da un altro, non ci siamo autogenerati dal nulla, nessuno si genera da sé. Se solo ci fermassimo a pensare che tutti noi siamo “figli”, potremmo cominciare a riflettere sulla necessaria oggettività di “non poter mai esser autodeterminati”. Noi tutti siamo sempre figli, senza necessariamente diventare padri o madri o fratelli o nipoti. In quanto tali, tutti siamo inesorabilmente venuti, partoriti da un altro. Tutti proveniamo dall’altro e lo portiamo nel nostro corpo e nel nostro inconscio portiamo le parole dell’altro. Noi siamo fatti dell’altro, siamo fatti “di Altro”».



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“IL PER SEMPRE” È LA VERA RIBELLIONE!

Il pensiero egoistico dominante, la mancata capacità di assumersi responsabilità durature, sempre a causa delle famose menzogne della libertà e del nuovo, citate poc’anzi, non lascia spazio all’amore per sempre, all’indissolubilità del vincolo matrimoniale. Il Papa interviene spesso su questo argomento per invitare, soprattutto i giovani, ad andare controcorrente e ribellarsi a questa cultura dell’effimero e del provvisorio:

«Dio chiama a scelte definitive, ha un progetto su ciascuno: scoprirlo, rispondere alla propria vocazione è camminare verso la realizzazione felice di se stessi. Dio ci chiama tutti alla santità, a vivere la sua vita, ma ha una strada per ognuno. Alcuni sono chiamati a santificarsi costituendo una famiglia mediante il Sacramento del matrimonio. C’è chi dice che oggi il matrimonio è “fuori moda”. E’ fuori moda? [No…]. Nella cultura del provvisorio, del relativo, molti predicano che l’importante è “godere” il momento, che non vale la pena di impegnarsi per tutta la vita, di fare scelte definitive, “per sempre”, perché non si sa cosa riserva il domani. Io, invece, vi chiedo di essere rivoluzionari, vi chiedo di andare contro corrente; sì, in questo vi chiedo di ribellarvi a questa cultura del provvisorio, che, in fondo, crede che voi non siate in grado di assumervi responsabilità, crede che voi non siate capaci di amare veramente. Io ho fiducia in voi giovani e prego per voi. Abbiate il coraggio di “andare contro corrente”. E abbiate anche il coraggio di essere felici». (Incontro con i volontari della XXVIII GMG)

L’AMORE NON VIVE DI RENDITA

Tutti noi desideriamo nel nostro cuore un amore che duri per sempre, una vita intera, ma come dice l’autore “nessun amore vive di rendita”, è un lavoro continuo su noi stessi e sulla coppia, accettare ogni giorno le caratteristiche dell’altro così lontane dalle nostre, senza temere le difficoltà che si incontrano e le discussioni:

«Il matrimonio (…) è un investimento che, se nutrito e curato giornalmente, arricchisce entrambi come uomini e come donne. Bisogna saper aspettare i tempi dell’altro, anche se questi tempi si allungano eccessivamente. Non esiste il matrimonio perfetto, c’è sempre anche nelle coppie più solide qualcosa che “non va”, qualcosa che non gira. L’aspetto che rende unico ogni matrimonio è la consapevolezza che la relazione coniugale può e deve avere un limite che lo mantiene a una certa distanza dall’idea di matrimonio perfetto. Magari negli anni si aggiusta una dimensione e si scompensa un’altra. La linearità è la morte del matrimonio, un buon matrimonio dura se si ridefinisce ogni volta nei nuovi problemi che emergono, ma più che problemi direi nelle nuove realtà che si delineano».



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LA NEVROSI DEL MATRIMONIO

La nevrosi dell’amore moderno, come la definisce l’autore, è da una parte la famiglia, dall’altra l’amante. Quando invece che accettare la sfida, il problema, la difficoltà, il sacrificio che il matrimonio genera si cercano altre vie… tutto tranne il confronto serio, profondo, e talvolta lo scontro con la persona che abbiamo accanto. E così è tutto un fiorire di amanti e uno sfiorire di matrimoni.

«La nevrosi del matrimonio, lì dove non c’è unitarietà ma frammentarietà, lì dove c’è fuga di fronte al sacrificio di restare e di godere dei benefici dell’altro, rifiutando a prescindere l’impegno ad approfondire la conoscenza dell’altro. Piuttosto l’amante. Piuttosto la fuga nel lavoro. Piuttosto l’isolamento. Ma mai la condivisione, la complicità, la tensione diadica, la fruttuosa conflittualità intrafamiliare. In realtà quando diciamo ti amo dovremmo invece sostenere che io amo tutto di te, significa non solo amo la tua immagine, ma amo tutto il tuo corpo, tutto il tuo essere in tutta la tua completezza: i tuoi difetti, le tue irregolarità, le tue stramberie, i tuoi sintomi, le tue manie, le tue peculiarità, la tua UNICITA’ e però il miracolo o la potenza dell’amore sta nel trasformare il corpo unico della moglie o del marito, che è sempre lo stesso, in sempre NUOVO».

Il matrimonio cristiano non è solo un umano vincolo di coppia, ma un indissolubile legame triadico in cui la presenza di Dio sostiene gli sposi nelle piccole e grandi prove della vita, rendendo nuove tutte le cose.




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