Da schiava dei miliziani dell’Isis ad ambasciatrice delle Nazioni Unite per la dignità dei sopravvissuti alla tratta di esseri umani. Un ruolo che la vede «alleata del Papa». E per questo ha voluto fortemente incontrarlo.
LA STRAGE DEI SUOI FAMILIARI
È impressionante la storia che Nadia Murad Basee Taha, ventiduenne yazida, ha raccontato a Francesco. Rapita nel suo villaggio di Kocho, nel nord dell’Iraq, il 3 agosto 2014, ha visto morire sei fratelli e la madre. Portata con due sorelle a Mosul, Nadia ha subito ogni sorta di soprusi fino a essere venduta più volte come schiava. Dopo tre mesi è riuscita a fuggire rocambolescamente (l’Osservatore Romano, 3 maggio),
LA FUGA
Uno dei suoi carcerieri si era dimenticato la porta della prigione aperta. La ragazza è riuscita a scappare, trovando rifugio presso una famiglia della zona che la ha aiutata a raggiungere il campo profughi di Duhok, nel nord dell’Iraq. Da lì è stata condotta a Stoccarda, in Germania.
CORAGGIOSE DENUNCE
Da allora la giovane donna denuncia coraggiosamente le atrocità perpetrate contro la sua gente, portando avanti «la battaglia perché nessuna persona subisca simili violenze e venga trattata come una bestia». Nadia ora è candidata al Premio Nobel e al Premio Sacharov.
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LA CONFERENZA ALL’ONU
Il 16 dicembre 2015 Nadia apparve anche all’Onu per discutere di tratta di esseri umani e conflitti. Ora Nadia partecipa attivamente ad iniziative per sensibilizzare al tema della tratta. Nel settembre 2016 l’avvocata Amal Clooney ha accettato di rappresentare Nadia nell’azione legale contro i comandanti dell’Isis.
L’avvocato Clooney, in quell’occasione, ha descritto il genocidio, lo stupro e la tratta come «burocrazia del diavolo a scala industriale» e ha sottolineato come la tratta di esseri umani è tuttora praticata dai soldati Isis, sia tramite social network sia nelle zone da loro controllare (Il Messaggero, 3 maggio).