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Muore a 102 anni l’ultimo sacerdote internato nel campo di concentramento di Dachau

Weak and ill survivors of the Nazi conce

ERIC SCHWAB/Getty Images

Weak and ill survivors of the Nazi concentration camp in Buchenwald march April 1945 towards the infirmary, after the liberation of the camp by Allied troops. The man in foreground is General Audibert, an officer in the French Army and member of the French resistance. The construction of Buchenwald camp started 15 July 1937 and was liberated by US General Patton's army 11 April 1945. Between 239,000 and 250,000 people were imprisoned in this camp. About 56,000 died among which 11,000 Jews. On the 5th of April Patton's army liberated the Buchenwald commandos in Ohrdruf. A few thousand Russian and Hungarian Jews, and gypsies were then miserably evacuated from the main camp Buchenwald by the Germans to camps such as Dachau and Fl?ssenburg. On the 11th of April the International Committee (created in August 1943 by the prisoners), who managed to obtain and hide arms during previous shelling, gave the order for an insurrection which pave the way for the US army. (FILM) AFP PHOTO ERIC SCHWAB AFP PHOTO AFP/ERIC SCHWAB/lab/ls (Photo credit should read ERIC SCHWAB/AFP/Getty Images)

John Burger - Aleteia - pubblicato il 14/06/16

Padre Hermann Scheipers è sopravvissuto ai nazisti e ai comunisti

È morto a 102 anni l’ultimo sacerdote sopravvissuto all’internamento nel campo di concentramento di Dachau.

Padre Hermann Scheipers era un giovane sacerdote nel 1940, quando venne arrestato dai nazisti e portato nel campo vicino Monaco. A Dachau c’erano molti sacerdoti: circa il 95% dei 2.720 religiosi che vi erano imprigionati era composto da cattolici.

Padre Scheipers è morto il 2 giugno a Ochtrup, nel Münsterland, la stessa città in cui era nato il 24 luglio 1913.

Il lavoro che iniziò a svolgere tra i giovani subito dopo l’ordinazione attirò l’attenzione dei nazisti. Un necrologio su KNA, un’agenzia di notizie cattolica tedesca, tradotto da Mark de Vries, ricorda:

Visto che aveva simpatia per i polacchi costretti ai lavori forzati, celebrava la Messa con loro e ne ascoltava le confessioni, venne arrestato nell’ottobre 1940 e portato a Dachau cinque mesi dopo. Il suo dossier, in cui si imbatté per caso, riportava la vera ragione del suo arresto: “Scheipers è un fanatico sostenitore della Chiesa cattolica, e quindi è probabile che porti scompiglio tra la popolazione”.

La sua uniforme da prigioniero riportava il numero 24255.

Padre Scheipers ricordava il modo in cui il comandante del campo aveva accolto lui e i suoi compagni di prigionia: “Siete senza onore, senza aiuto e senza diritti. Qui potete lavorare o morire”.

Il necrologio di padre Scheipers afferma che come molti dei sacerdoti internati a Dachau “si spaccava la schiena lavorando nei campi, ricevendo come cibo perlopiù zuppa annacquata. Le persone che non erano abbastanza rapide venivano frustate, passate per le armi o gettate nell’acqua gelida. Molti morivano”.

“L’unica cosa che si poteva fare era fuggire o pregare”, ricordava padre Scheipers nelle sue memorie, Gratwanderungen – Priester unter zwei Diktaturen (Atto di equilibrio – Un sacerdote tra due dittature).

A un certo punto rischiò di finire nella camera a gas, ma venne risparmiato quando la sorella gemella Anna si rivolse a degli ufficiali a Berlino avvertendoli della forte reazione tra la popolazione cattolica del Münsterland nel caso in cui il fratello fosse stato giustiziato in quel modo.

Un altro sacerdote non fu così fortunato, e anni dopo padre Scheipers ricordava che gli diede la sua razione di pane prima che venisse condotto a morire. “Ogni volta che celebro la Messa e spezzo il pane ripenso a quell’episodio”, affermava.

Alla fine, nell’aprile 1945, padre Scheipers riuscì a fuggire da una marcia della morte verso Bad Tölz.

Dopo la guerra tornò a lavorare nella diocesi di Dresda-Meissen, resistendo a chi governava nella Repubblica Democratica Tedesca (Germania Est). Quando Scheipers trovò il dossier della Stasi che lo riguardava, dopo la caduta del comunismo, scoprì che 15 spie avevano lavorato al suo caso e che avrebbe dovuto svolgersi un processo contro di lui per distribuzione di materiale propagandistico sovversivo.

“Ero stato rinchiuso a Dachau per le stesse ragioni”, commentava Scheipers.

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John Burgerapporta i suoi 23 anni di esperienza ad Aleteia. È stato editore del National Catholic Register e reporter del Catholic New York, e ha scritto per un’ampia gamma di pubblicazioni cattoliche.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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