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La violenza come “malattia sociale”

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Chiara Santomiero - pubblicato il 16/04/13

Il presidente di Pax Christi commenta i fatti di Boston

Una giornata di festa e di pacifica convivenza civile come quella della maratona di Boston è stata trasformata in tragedia da un attentato guidato – per le modalità dell'esecuzione – da una precisa volontà di fare male e uccidere ad ampio raggio. Aleteia ne ha parlato con mons. Giovanni Giudici, vescovo di Pavia e presidente di Pax Christi Italia alla vigilia del Congresso nazionale dell'organizzazione che si svolgerà a Roma dal 26 al 28 aprile sul tema “E' l'ora della nonviolenza. Spalancare la finestra del futuro, progettando insieme, osando insieme”.

Quale reazione suscita l'attentato di Boston?

Mons. Giudici: L'attentato rende più tragicamente evidente come la violenza abbia acquistato un carattere di “malattia sociale” nel mondo attuale. Non si tratta più di contrapposizione tra popoli ma all'interno dello stesso popolo l'affermazione in modo impositivo, senza margini di dialogo, di una diversità di intendimenti se non della visione stessa della vita. Alle tenebre della violenza fa tuttavia riscontro il desiderio di aiutare il fratello, tanto più se ferito in modo tragico e assurdo, che scatta nel cuore umano di fronte all'emergenza e che ha ispirato i gesti di tanti che dopo l'attentato si sono prodigati per recare soccorso in vario modo alle vittime.

Perché ritiene che la violenza sia diventata “quasi endemica” nella vita dei Paesi del mondo?

Mons. Giudici: La globalizzazione e le migrazioni hanno portato a vivere l'una accanto alle altre popolazioni con prospettive culturali, esperienze e anche scelte religiose diverse. Si tratta di una condizione nuova rispetto al passato quando in linea di massima c'era corrispondenza tra regione geografica e appartenenza religiosa. Un altro aspetto è la partecipazione alle vicende del mondo resa corale e in tempo reale grazie ai mass media che portano in “casa” la violenza attraverso le immagini, suscitando emozioni e reazioni. Entrambi questi aspetti sono occasioni date dalla Provvidenza di Dio per riscoprire l'unità della famiglia umana, la preziosità della diversità e l'arricchimento reciproco che ne deriva. Gli stessi eventi storici, tuttavia, possono essere occasioni d'inciampo o fatti di salvezza.

Gli Stati Uniti, dove persiste la vendita generalizzata delle armi nonostante le stragi avvenute anche di recente nelle scuole, possono essere un esempio di questa attitudine alla violenza?

Mons. Giudici: Si tratta certamente di un'immagine tradizionale della propria identità forgiata in tempi in cui erano diverse le armi e anche il contesto: possiamo pensare alla fase della conquista dei territori da parte dei pionieri con la necessità di difendersi da soli. Questa tradizione perpetuata nell'attualità porta a dei guasti perché fa ruotare l'identità nazionale attorno al trinomio “galf, God, gun” cioè “grinta, Dio e armi”. Certe caratteristiche, nondimeno, sembrano più evidenti perché la società americana vive davanti a un cristallo, ha aspetti meno oscuri di altre società: pensiamo, per esempio, a cos'è la violenza mafiosa in Italia. La maggioranza dei cittadini americani vive il dibattito democratico in maniera corretta.

Perché Pax Christi propone la campagna “Scuole smilitarizzate” ai più giovani?

Mons. Giudici: Ci sembra che a livello giovanile dobbiamo aiutare a crescere una mentalità nonviolenta che abbia nel cuore l'utopia di una società senza guerre. Togliere la necessità della violenza all'origine dei rapporti personali e sociali: è questa la prospettiva educativa che ci sembra più efficace evitando che nella scuola vengano proposte delle linee di presenza in società in cui le armi sono ancora quasi necessarie, quasi dovute.

Si ricorda quest'anno il ventesimo anniversario della scomparsa di don Tonino Bello, vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi dal 1985 al 1993: quale eredità ha lasciato?

Mons. Giudici: Don Tonino ha lasciato soprattutto due cose: una passione per la pace da saper desiderare al di là dei limiti che le vengono posti e l'attenzione ai piccoli e ai deboli della società cui hanno diritto di appartenere. Questa attenzione è prodromo alla pace perché la pace è messa in crisi dalle situazioni nelle quali non c'è giustizia e non viene rispettata la dignità della persona. Avvertiamo nelle parole e nei gesti di papa Francesco una sintonia particolare con quanto affermava Bello e in ciò che il movimento propone. Questa sintonia è di incoraggiamento e di aiuto a riportare nella comunità cristiana – come noi ci sforziamo di fare – la sensibilità ai temi della pace, della giustizia e della dignità della persona.

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