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Gesù aveva il senso dell’umorismo?

Jesus Christ

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Edifa - pubblicato il 28/03/21

Se nel Nuovo Testamento non vediamo Gesù né ridere né scoppiare a ridere, questo non significa che Gli mancasse il senso dell'umorismo.

Ridere è salutare per l’uomo. Ci libera dalle nostre rigidità, dalle nostre paure, dalla tentazione di prenderci sul serio. Tuttavia, ci si può chiedere se ridere non sia una conseguenza del peccato originale, ma allo stesso tempo una consolazione per la situazione di esilio in cui ci troviamo. La vita dell’uomo è dura. Ridere a volte può addolcirla, altre volte indurirla ancora di più.

Il sorriso abita il cuore prima di illuminare il viso

In effetti, è impossibile beatificare la risata, qualsiasi tipo di risata. Come dice un Padre della Chiesa, “chi ride con Satana non potrà gioire con Cristo”. C’è una cattiva risata, la conosciamo bene: l’ironia offensiva, lo scherno sprezzante, il basso vaneggiamento contro cui l’apostolo Paolo mette in guardia le sue comunità (Ef 5,4). Come l’indica l’espressione, scoppiare a ridere può essere il segno di una perdita di controllo, in definitiva disumanizzante. Le Beatitudini secondo San Luca sono seguite dai quattro “guai”, tra le quali queste parole che fanno riflettere: “Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete”. Senza fare il guastafeste e senza prendersi per il Curato d’Ars, che spesso metteva in guardia i fedeli contro le feste, bisogna ammettere che le riviste, i film, i programmi, le serate che dovrebbero far ridere, a volte non sono proprio divertenti. Ci si chiede fino a che punto arriverà la derisione, la volgarità, la stupidità di certi intrattenitori pubblici.

Eppure c’è una buona risata, tonica, amichevole e anche morale. I veri comici sono persone che amano gli altri. Con loro, ridere è bello. A casa loro, umorismo e umiltà si tengono per mano; hanno la stessa radice: l’humus della nostra comune condizione umana. Con loro, non impariamo le risate, ma la gioia. Forse rideremo meno, di quella risata spasmodica che alla fine decade e ci lascia con le nostre tristezze non guarite. Ma sorrideremo di più; il sorriso è la gioia che rimane; abita il cuore prima di illuminare il viso.

Nella Sua Santa umanità, Gesù ha sperimentato e irradiato la gioia divina

Nei Vangeli, Gesù non manca di umorismo. Ne ha bisogno, inoltre, di fronte alla pesantezza dei discepoli, che pensano al fornaio quando Gesù parla del lievito dei farisei, o che, dopo due moltiplicazioni dei pani, temono ancora di morire di fame! Mi piace pensare al sorriso di Gesù. Lo vediamo nel Vangelo condividere le nostre gioie umane: le nozze di Cana; il balbettio dei bambini che gli apostoli, troppo seri, vogliono scacciare; i pasti conviviali, anche e soprattutto tra i peccatori; lo stupore davanti ai gigli del campo, i tramonti, il seme che diventa albero… E anche la gioia liturgica delle assemblee nella sinagoga; i pellegrinaggi al Tempio; la “prima messa”, tanto desiderata nella sera del Giovedì Santo.

E anche la gioia dell’evangelizzazione. Lo Spirito Santo Lo ha fatto tremare di gioia e ha cominciato a lodare il Padre, che Si fa conoscere ai piccoli. La gioia più profonda del Padre e del Figlio è di amarSi così totalmente: in Lui ho messo tutto il Mio Amore. Nella Sua Santa umanità, Gesù ha sperimentato e irradiato quella gioia Divina, che è superiore a qualsiasi altra, e che vuole diventare la nostra stessa gioia: “Dico questo mentre sono ancora tra voi, perché la Mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.” (Gv 17,13).

Padre Alain Bandelier

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