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Cosa fare se il figlio adolescente si allontana da Dio?

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Edifa - pubblicato il 21/11/20

Vostro figlio adolescente non vuole più pregare con voi ed è riluttante ad andare a Messa? Non preoccupatevi, questo non vuol dire che abbia perso la fede. Ci sono alcune astuzie per alimentare il suo interesse per il Signore.

di Christine Ponsard

È abbastanza frequente che gli adolescenti siano riluttanti a pregare con la loro famiglia e ad andare a Messa. Come reagire? Rimaniamo tranquilli e vigili. Queste ribellioni adolescenziali non sono necessariamente obbligatorie, ma sono in ogni caso normali. Sono allo stesso tempo un buon segno (è bello crescere, anche se scomodo a volte) ed un segnale di allarme: non è così facile passare dalla pietà del bambino, molto legata a quella dei genitori, ad una fede adulta. In un certo modo, è nell’adolescenza che si decidono le sorti, ma naturalmente la realtà è più sfumata, anche se tuttavia, è chiaro che l’adolescenza segna una tappa decisiva nella vita spirituale.

Ascoltare ed osservare attentamente

Da qualche tempo vostro figlio dimostra un’aperta ostilità al momento della preghiera familiare? Sogghigna, ridacchia, si rifiuta di partecipare. Ma è la preghiera che rifiuta… o la preghiera in famiglia? Non è affatto la stessa cosa! Quanti adolescenti, in effetti, si trovano improvvisamente in imbarazzo a pregare con i loro cari! Persa la semplicità dell’infanzia, sono bloccati da una sorta di pudore che non ha nulla a che vedere con l’empietà. Per lo stesso motivo, possono essere irritati di andare a Messa con tutta la loro famiglia e preferiscono sedersi all’altro capo della chiesa.

Accettiamo che la loro vita spirituale ci sfugga sempre più. Quando erano piccoli, pregavano in braccia a noi, li guidavamo sulle vie della fede, raccogliendo le loro confidenze con meraviglia. Ma mentre crescono, tacciono, come se chiudessero la porta di un giardino al quale non avremmo più avuto accesso; e se aprono quella porta, il più delle volte è ad altri. È un bene che sia così, anche se è difficile, la nostra missione continua, ma sempre più passa attraverso altre persone: amici, sacerdoti, capi scout, insegnanti ed altri educatori. Da qui l’importanza della scelta delle scuole, dei movimenti giovanili, delle attività del tempo libero.


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Ci sono alcune responsabilità che possono aiutare un adolescente

Mettiamo dei punti fermi. L’educazione degli adolescenti non è mai conquistata. Rispettare la loro fede personale non impedisce assolutamente di presentare delle esigenze che gli sono esterne ma che, nella vita spirituale come negli altri campi, sono come delle barriere per guidare e proteggere la loro ancora fragile libertà. Obbligare un giovane ad andare a Messa è insegnargli che la fedeltà, in questo caso la fedeltà al suo battesimo (e alla sua professione di fede), presuppone che non si segua il desiderio del momento, ma che ci si obblighi a fare qualcosa che non ci attrae, è aiutarlo a perseverare. Ne sarà disgustato? Forse… Ma può anche condurlo attraverso una fase difficile, dalla quale uscirà più forte nella sua fede. Tante sono le testimonianze in tal senso: adolescenti che si lamentano ogni domenica e che, da adulti, sono pieni di gratitudine per i loro genitori, grazie ai quali non hanno rinunciato a tutto. Rendiamo loro le cose più facili, per esempio, per quanto riguarda la Messa, diamo priorità alle chiese che preferiscono. Avranno il tempo di scoprire, in seguito, che il valore di una Messa non si misura in base alla qualità dei canti o anche dell’omelia.

Certe responsabilità possono aiutare un adolescente a venire a Messa senza troppa malavoglia: prendersi cura di un bambino piccolo, curare il servizio all’altare, suonare uno strumento musicale, partecipare al coro, fare una lettura. Ma bisognerebbe che le nostre comunità parrocchiali lasciassero che i giovani prendano il loro posto (per esempio, nelle équipe liturgiche), ma non sempre è così!

Cerchiamo di essere coerenti. Come possiamo chiedere ai nostri figli di andare a Messa se non ci andiamo, o solo di tanto in tanto? Come possiamo incoraggiarli a partecipare alle attività della parrocchia se, in fondo, diamo più importanza ai loro risultati scolastici che al loro progresso spirituale? Come possiamo parlargli del valore della preghiera se le nostre pratiche e devozioni rimangono atti formali che non cambiano nulla nella nostra vita? Come possiamo rendere credibile la nostra gioia di vederli crescere se esprimiamo solo preoccupazioni e rimproveri? Gesù ce l’ha indicato: dobbiamo piantare il seme, ma senza girarsi continuamente per vedere se comincia a germogliare, così si rischierebbe di distruggere la pianta. Lasciamo stare il seme: Dio è più forte.

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