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La durata ideale di una omelia secondo papa Francesco 

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VINCENZO PINTO | AFP

Mathilde De Robien - pubblicato il 01/02/23

Mentre riceveva i partecipanti a un corso di liturgia preso il Pontificio Istituto Sant’Anselmo, venerdì 20 gennaio, papa Francesco ha invitato i preti ad abbreviare la durata delle omelie e ha ricordato che esse sono un “sacramentale”.

L’omelia, un tema caro a papa Francesco, che le ha dedicato una parte della sua esortazione apostolica Evangelii Gaudium, nel 2013. Recentemente essa è stata tema di un discorso tutto contro le prediche troppo lunghe, qualificate perfino di “disastro”. Secondo lui, le predicazioni che seguono la lettura del Vangelo della messa non devono essere né delle lezioni di filosofia né delle conferenze. Esse sono invece dei sacramentali

[…] a volte io sento qualcuno: “Sì, sono andato a Messa in quella parrocchia… sì, una buona lezione di filosofia, 40, 45 minuti…” Otto, dieci: non di più! E sempre un pensiero, un affetto e un’immagine. La gente si porti qualcosa a casa. 

Dopo aver lungamente invitato i responsabili diocesani che gli rendevano visita a curare la liturgia e a favorire il silenzio per «condurre il popolo a Cristo e Cristo al popolo», il Papa è tornato sulla nozione di efficacia “sacramentale” per definire l’omelia: 

[…] l’omelia non è una conferenza, è un sacramentale. I luterani dicono che un sacramento, è un sacramentale – credo che siano i luterani –; è un sacramentale, non è una conferenza. La si prepara in preghiera, la si prepara con spirito apostolico. 

L’omelia, un sacramentale 

Evidentemente l’omelia non è un sacramento (i sacramenti sono sette, per la Chiesa cattolica): ha però un carattere «quasi sacramentale» (Francesco, Evangelii gaudium 142) in quanto 

può essere realmente un’intensa e felice esperienza dello Spirito, un confortante incontro con la Parola, una fonte costante di rinnovamento e di crescita. 

Francesco, Evangelii gaudium 135 

La predicazione è dunque una «mediazione della grazia che Cristo effonde nella celebrazione» (ivi, 138). 

Essa infatti – scriveva Benedetto XVI – “è parte dell’azione liturgica”; ha il compito di favorire una più piena comprensione ed efficacia della Parola di Dio nella vita dei fedeli».[209] L’omelia costituisce un’attualizzazione del messaggio scritturistico, in modo tale che i fedeli siano indotti a scoprire la presenza e l’efficacia della Parola di Dio nell’oggi della propria vita. 

Benedetto XVI, Verbum Domini 59 

Analogamente a come i sacramenti sono segni visibili ed efficaci della grazia di Dio, e permettono agli uomini di accedere alla presenza di Dio tra loro, l’omelia è un vettore tramite cui Dio cerca di raggiungere gli uomini attraverso il predicatore. 

Ecco perché l’omelia deve essere breve e non prendere tanto spazio nella celebrazione liturgica: 

Il predicatore può essere capace di tenere vivo l’interesse della gente per un’ora, ma così la sua parola diventa più importante della celebrazione della fede. Se l’omelia si prolunga troppo, danneggia due caratteristiche della celebrazione liturgica: l’armonia tra le sue parti e il suo ritmo. Quando la predicazione si realizza nel contesto della liturgia, viene incorporata come parte dell’offerta che si consegna al Padre e come mediazione della grazia che Cristo effonde nella celebrazione. Questo stesso contesto esige che la predicazione orienti l’assemblea, ed anche il predicatore, verso una comunione con Cristo nell’Eucaristia che trasformi la vita. Ciò richiede che la parola del predicatore non occupi uno spazio eccessivo, in modo che il Signore brilli più del ministro.

Francesco, Evangelii gaudium 138 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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