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Perché l’ultima indicazione prima della Comunione è tanto importante

PADRE PIO,CHALICE

Jeffrey Bruno | Aleteia

Padre Peter John Cameron, O.P. - pubblicato il 19/01/23

Siamo invitati al silenzio, alla meraviglia e alla comprensione immersi nel mistero mentre ci lasciamo alle spalle distrazioni, preconcetti e presunzioni


A Messa, proprio prima di ricevere la Santa Comunione, il sacerdote dice elevando l’Ostia consacrata: “Ecco l’Agnello di Dio. Ecco Colui che toglie i peccati del mondo”.

Queste parole appartengono a San Giovanni Battista (Gv 1, 29), che le pronuncia per il bene di coloro che gli sono accanto perché riconoscano Gesù che va verso di lui. È interessante che Giovanni non dica di ascoltare l’Agnello di Dio o di studiarne gli insegnamenti. L’abate cistercense del XII secolo Gilberto di Hoyland indicava che “la ragione umana desidera qualcosa di più del credere. Cos’altro? Osservare”. In che senso?

San Gregorio Magno risponde che “quando chi ama osserva l’oggetto del proprio amore, è ancor più infiammato nei suoi confronti”. È per questo che teniamo le foto dei nostri cari sulla scrivania e in luoghi in cui possiamo guardarle spesso. Vogliamo che l’amore che proviamo per i nostri cari si infiammi ancor di più, e osservare provoca proprio questo.

Osservare è un atto di attenzione. Jordan Peterson spiega che l’attenzione non è lo stesso del pensiero. L’attenzione è guardare per vedere cosa c’è davanti ai nostri occhi. Guidiamo poi noi stessi come conseguenza di quello che percepiamo attraverso l’attenzione. Fare attenzione è la capacità di guardare oltre quello che conosciamo per incontrare ciò che è molto di più. Se glielo permettiamo, l’attenzione trasforma davvero il pensiero.

Il sacerdote ci invita al silenzio, alla meraviglia e alla comprensione immersi nel mistero mentre ci lasciamo alle spalle distrazioni, preconcetti e presunzioni. Ancor di più: è proprio osservando Dio che diventiamo come Lui. Sant’Ireneo di Lione si meraviglia per il modo in cui “la radiosità di Dio vivifica. E chi guarda Dio, quindi, riceve vita”. Gesù vuole darci la vita, e l’Eucaristia riguarda proprio questo.

Ma perché osserviamo un agnello e non un leone, o un’aquila, o qualche altra creatura che incute rispetto e timore? Scott Hahn sottolinea l’ironia di questo fatto:

“Il titolo ‘agnello’ sembra quasi comico nella sua inadeguatezza. Gli agnelli in genere non figurano ai primi posti nella lista degli animali più ammirati. Non sono particolarmente forti, intelligenti, rapidi o belli. Altri animali sembrerebbero più degni, e tuttavia è l’Agnello che guida un esercito di centinaia di migliaia di uomini e angeli, incutendo timore nel cuore dei malvagi (Ap 6, 15-16). Quest’ultima immagine, dell’Agnello feroce e spaventoso, è quasi troppo incongrua da immaginare”.

Ma deve trattarsi di un agnello, e il certosino del XIV secolo Ludolfo di Sassonia ce ne spiega il motivo:

“Dicendo ‘Ecco l’Agnello di Dio’, Giovanni Battista intendeva che Gesù era stato inviato da Dio per essere l’offerta più perfetta. Cristo si identifica con l’agnello piuttosto che con altri animali perché l’agnello pasquale prefigura espressamente il Cristo innocente che si offre in sacrificio. L’agnello è stato condotto al macello ma non ha aperto bocca”.

Quanto è importante per noi osservare sempre, in fede, adorazione e ringraziamento, l’Agnello che ha sacrificato la Sua vita per noi! Il benedettino tedesco del IX secolo Haymo di Halberstadt ci incoraggia così: “Guardate l’Innocente tra i peccatori, il Giusto tra i malvagi, il Reverente tra gli empi. In Lui non poteva essere trovato alcun peccato, ed è per questo che toglie i peccati del mondo”.

Ludolfo di Sassonia ci mostra un modo perfetto per osservare Gesù: “Agnello di Dio, possa Tu riconoscere me, un povero peccatore, tra le pecore che porrai alla Tua destra! Ma prima perdona i miei peccati e le mie offese, per potermi riconoscere ancora meglio!”

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