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Cos’è un “horarium” (e perché tutti dovrebbero averne uno)

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Min C. Chiu | Shutterstock

Philip Kosloski - pubblicato il 18/05/22

L'"horarium" dovrebbe essere una parte essenziale della vita di preghiera di tutti

La regolarità nella preghiera è una delle principali difficoltà che sorgono nel cammino della crescita spirituale. Ci sono giorni in cui ci sentiamo pieni di grande fervore e preghiamo per un’ora intera senza distrazioni, ma quando ci alziamo la mattina dopo quel fuoco si è già spento e il nostro orario frenetico finisce per ostacolare il raccoglimento in qualsiasi momento della giornata.

La nostra vita di preghiera diventa così nel migliore dei casi sporadica, e non sappiamo quando ci tranquillizzeremo per pregare di nuovo.

Per risolvere questo problema comune e dare maggiore consistenza alla vita di preghiera, le comunità religiose hanno creato già all’inizio del cristianesimo l’horarium. Questo termine latino, che significa “orario” in generale, acquisisce in questo contesto il senso specifico di orario per la preghiera. È una tradizione con profonde radici bibliche.

Nell’Antico Testamento

Il re Davide, a cui vengono attribuiti i Salmi, ha proclamato: “La sera, la mattina e a mezzogiorno mi lamenterò e gemerò, ed egli udrà la mia voce” (Salmo 55, 17).

Sembra che anche il profeta Daniele avesse un orario specifico di preghiera: tre volte al giorno si metteva in ginocchio, invocando e lodando Dio (cfr. Daniele 6, 11).

Il popolo ebraico avviò la tradizione di pregare tre volte al giorno, al mattino, di pomeriggio e di sera.

Inizi del cristianesimo

Anche i cristiani hanno riconosciuto fin dall’inizio la necessità di mettere da parte le altre attività per dedicarsi alla preghiera in vari momenti specifici della giornata, per garantire che la preghiera fosse integrata nel loro orario quotidiano.

Gli apostoli di Gesù avevano continuato inizialmente a osservare le tradizioni ebraiche, mantenendo le preghiere nelle ore designate. Col tempo, però, non sembrò più sufficiente pregare tre volte al giorno, visto che si poteva, come San Paolo esortava i Tessalonicesi, “pregare incessantemente”.

Oltre a trasformare tutti i loro atti in offerta a Dio, sapevano che è importante dedicare dei momenti “esclusivi” a stare con il Padre, senza distrazioni e preoccupazioni.

Le campane delle chiese, ad esempio, ricordavano questo impegno e invitavano tutto il popolo a una pausa per il raccoglimento.

Ispirandosi a passi come quello che dice “Io ti lodo sette volte al giorno per i tuoi giusti giudizi” (cfr. Salmo 119, 164), San Benedetto ha creato un orario di preghiera rigoroso per i suoi monaci, che interrompevano tutte le altre attività nel corso della giornata per pregare nelle ore indicate.

Nella quotidianità

In epoche come la nostra, in cui gli orari sono più rigidi che mai, mantenere un horarium è molto importante per radicarci sempre più nella vita spirituale e rispettare la priorità che merita la preghiera.

I momenti e la durata dipendono da ciascuno, ciò che conta è integrare la preghiera nella quotidianità. Ad esempio, 10 minuti al giorni potrebbero essere un buon punto di partenza per chi non è ancora abituato a fermarsi per raccogliersi e conversare con Dio. Questo tempo aumenterà man mano che si cresce nel rapporto con Lui. San Francesco di Sales, al riguardo, è arrivato a dichiarare:

“Ciascuno di noi ha bisogno di mezz’ora di preghiera al giorno, a meno che non sia occupato. In questo caso, abbiamo bisogno di un’ora”.

È vero che tutte le nostre attività possono (e devono) essere offerte a Dio come preghiera viva, ma è anche vero che è fondamentale dedicare momenti specifici della giornata a conversare di cuore con Lui, senza alcun’altra distrazione. In questo modo promuoviamo un rapporto più profondo e ci apriamo alle grazie che nostro Padre desidera offrire alla nostra libertà.

E allora, state già pensando a definire il vostro horarium?

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