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Il tuo esame di coscienza di fine anno deve concludersi con: “grazie”

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Armin Staudt | Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 30/12/21

Il dono più grande è sentire gratitudine per le cose belle ma anche per ciò che abbiamo imparato da quelle brutte. Il demonio teme la gratitudine, vorrebbe sempre che vivessimo di sensi di colpa e rimpianti. Non assecondiamolo.

Vangelo del 31 dicembre 2021

In principio era il Verbo,
il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era in principio presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui,
e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre,
ma le tenebre non l’hanno accolta.
Venne un uomo mandato da Dio
e il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per rendere testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Egli non era la luce,
ma doveva render testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo
la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Egli era nel mondo,
e il mondo fu fatto per mezzo di lui,
eppure il mondo non lo riconobbe.
Venne fra la sua gente,
ma i suoi non l’hanno accolto.
A quanti però l’hanno accolto,
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali non da sangue,
né da volere di carne,
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi vedemmo la sua gloria,
gloria come di unigenito dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli rende testimonianza
e grida: «Ecco l’uomo di cui io dissi:
Colui che viene dopo di me
mi è passato avanti,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto
e grazia su grazia.
Perché la legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio nessuno l’ha mai visto:
proprio il Figlio unigenito,
che è nel seno del Padre,
lui lo ha rivelato.

(Giovanni 1,1-18)

L’ultimo giorno dell’anno è un buon giorno per poter far memoria del principio. Forse per questo la liturgia ci fa leggere l’incipit del Vangelo di Giovanni affinché esso diventi la chiave di lettura di tutto ciò che è accaduto dopo.

Sarebbe però un problema dover commentare tutte le parole in esso contenute. Vorrei però che fissassimo la nostra attenzione su un dettaglio in esso scritto:

la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

Ogni vita per essere vissuta ha bisogno di argini. L’esperienza di non vivere a caso ma secondo un metodo, una strategia, è l’unica via che ci conduce da qualche parte. La Legge, di cui parla il Vangelo, ci è necessaria come ad un giovane albero è necessario un supporto per poter crescere verso l’alto. Ma non basta la Legge.

Ogni vita per essere davvero degna di questo nome non ha solo bisogno di regole, ma di senso. Gesù è colui che è venuto a portarci il senso. Ed esso è sempre esperienza di grazia e di verità. La grazia è la verità che si fa esperienza, è sentirsi amati, sentirsi di qualcuno, sentirsi unici.

La verità è l’esperienza della grazia che si fa direzione, orientamento, significato, via. Dovremmo domandarci quanta grazia e quanta verità ci sono stati nella nostra vita in questo anno appena trascorso.

Quanta grazia e verità abbiamo sprecato perché abbiamo vissuto senza metodo. E quanta grazia e verità c’hanno salvato la vita. È questo il nostro esame di coscienza che in ogni caso deve concludersi sempre con un “grazie”.

Infatti il dono più grande è sentiregratitudine per le cose belle ma anche per quello che abbiamo imparato dalle cose brutte. La gratitudine è lo splendore del Verbo che ha vinto le tenebre del mondo, e del nostro cuore. Il demonio teme la gratitudine, vorrebbe sempre che vivessimo di sensi di colpa e rimpianti. Non assecondiamolo.

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