di Andrés D’Angelo
“La tradizione consiste nella trasmissione del fuoco, non nell’adorazione delle ceneri”. È una delle frasi spesso attribuite a G.K. Chesterton.
La frase, con il tipico acume chestertoniano, ci mette davanti a una domanda che in genere le persone che detestano le “tradizioni” ci pongono quando noi, che ci rifacciamo a tradizioni antichissime, le esprimiamo con orgoglio: “Perché celebriamo tradizioni estranee di culture forestiere come se fossero nostre?”

Ad esempio, la “tradizione” di mangiare cibi ipercalorici (adatti all’inverno europeo) nell’emisfero sud, dove fanno 35 gradi all’ombra, non sembra una tradizione molto ragionevole, no? O mettere un pino simulando che le sue foglie siano coperte di neve quando fuori gli uccelli si sciolgono dal caldo… non sembra avere una grande logica.
Noi cattolici siamo pieni di tradizioni che non hanno molto senso, come quella delle uova di cioccolato a Pasqua. Da dove nascono queste tradizioni?
Perché le manteniamo anche quando alcune di loro non hanno il minimo senso e lo sappiamo? Cos’avrà a che vedere un coniglio che nasconde delle uova con la Gloriosa Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo?
È un caso che questo accada con la religione cattolica?
No. Il cattolicesimo è una religione “incarnata”. Una religione che non solo non disprezza il corpo, ma lo inserisce come parte cruciale delle devozioni.
Così, ad esempio, entrando in una chiesa in cui il Santissimo è nel tabernacolo facciamo una genuflessione, cosa che molti fratelli separati definiscono “calistenia cattolica”.
Facciamo il segno della croce, ci inginocchiamo e ci fermiamo durante alcune parti della Santa Messa, e facciamo molte cose con il nostro corpo importantissime per le nostre devozioni.
Compiamo anche pellegrinaggi e digiuni, e tutti i nostri sacramenti hanno una parte “fisica” che ci rende visibili le realtà spirituali.