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Ogni vera preghiera inizia con Dio che si rivolge a noi

WOMAN, THOUGHTS

Amadeo Valar | Unsplash

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 25/10/21

Dio non smette di cercarci, lì dove siamo. Gratuitamente viene a rialzare il nostro sguardo da terra.

In quel tempo, Gesù stava insegnando in una sinagoga il giorno di sabato.
C’era là una donna che aveva da diciotto anni uno spirito che la teneva inferma; era curva e non poteva drizzarsi in nessun modo.
Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei libera dalla tua infermità»,
e le impose le mani. Subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.
Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, rivolgendosi alla folla disse: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi curare e non in giorno di sabato».
Il Signore replicò: «Ipocriti, non scioglie forse, di sabato, ciascuno di voi il bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi?

E questa figlia di Abramo, che satana ha tenuto legata diciott’anni, non doveva essere sciolta da questo legame in giorno di sabato?».
Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.

(Lc 13, 10-17)

È un miracolo strano quello raccontato nel vangelo di oggi. È paradossale credere che solitamente siamo abituati a pensare che “cercare” è una prerogativa nostra verso Dio, fa un certo effetto invece sapere che sia invece Dio a “cercarci”, ad accorgersi della nostra sofferenza, della nostra incapacità ad alzare lo sguardo (“era curva e non riusciva in alcun modo a stare dritta”).

Dovremmo quasi dire che la vera preghiera ha inizio con Dio che si rivolge a noi e non il contrario. Noi possiamo perdere anche la capacità di pregare, di desiderare, di sperare, ma è Lui stesso che ci viene a cercare lì dove siamo.

Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.

La malattia di cui è afflitta questa donna le permette di guardare solo a terra. Ella rappresenta in maniera plastica cos’è una paranoia: il fissarsi su qualcosa fino al punto da non riuscire più a vedere nient’altro. Chi vive così non riesce nemmeno più ad accorgersi di Dio, di Gesù, di una Grazia che la circonda. Eppure noi da una parte vorremmo essere liberati ma poi quando concretamente si presenta l’occasione facciamo in modo di non assecondare questa liberazione.

Se non abbiamo più fede per pregare, dovremmo però cercare di avere fede nell’accettare di essere esauditi anche oltre le nostre stesse aspettative. Dobbiamo, cioè, non negare l’evidenza dei fatti, volendo difendere a tutti i costi ciò di cui ci siamo convinti. È decidere se voler credere a Gesù o alle nostre paranoie. Questa donna crede a Gesù, e poco importa se tutti gli altri si innervosiscono. La preghiera più bella è quella della lode, la preghiera che nasce dall’aver riconosciuto i benefici che il Signore ha operato nella nostra storia nonostante la nostra storia.

Ma questa cosa turba sempre quel “capo della sinagoga” che ci portiamo dentro. È quella parte di noi che censura tutto ciò che è semplicemente gratuito, perché pensiamo di poter comprare tutto. L’amore vero è gratis, non lo si merita.

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