"I vaccini sono ancora in via di sperimentazione" e "chi si vaccina è una cavia da laboratorio".
Nel report realizzato dalla Fondazione Mesit - Fondazione per la Medicina Sociale e l'Innovazione Tecnologica, in collaborazione con Reputation Manager ed Eehta - Ceis dell'Università degli Studi di Roma "Tor Vergata" una delle fake news più diffuse su internet riguarda la presunta natura sperimentale del vaccino (18,2% del totale delle notizie diffuse dai no-vax).
Questa è una notizia doppiamente falsa e tendenziosa perchè non vuol dire nulla. In primo luogo perchè i vaccini sono stati immessi sul mercato nell’arco di un anno, ma dopo una fase di sperimentazione che ha coinvolto campioni significativi. E in secondo luogo perchè non sono nuovi. Nel senso che le modalità con cui sono stati realizzati, si sviluppano nei laboratori delle industrie farmaceutiche da oltre trenta anni. Vediamo di capirci di più.
Si legge sulla rivista scientifica Focus (marzo 2021) che i timori in parte associati alla brevità dei tempi impiegati per la sperimentazione vera e propria, hanno alimentato l'idea che la fase di controllo e sorveglianza, nota come farmacovigilanza (o vaccinovigilanza), sia stata una fase di sperimentazione. In questa fase la popolazione sarebbe stata utilizzata come cavia.
Dopo la commercializzazione, ogni sostanza con proprietà curative/preventive si monitora tramite attività di controllo permanente, per la verifica di diverse criticità. Come, ad esempio, il corretto uso del farmaco, le eventuali reazioni avverse (ADR, Adverse Drug Reaction) o gli eventuali eventi avversi che seguono l'immunizzazione (AEFI, Adverse Events Following Immunization), nel caso di un vaccino. L'obiettivo della farmacovigilanza è quello di monitorare, in maniera costante e continuativa, il rapporto rischio/beneficio.
Questa attività è svolta sia dalle case produttrici, sia da enti nazionali ed internazionali: in Italia ne è responsabile l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA).
La farmacovigilanza non ha nulla a che fare con le fasi di sperimentazione propriamente dette che i farmaci attraversano prima di giungere nelle nostre case. Ancora prima di arrivare ai famosi trial clinici, quelli che prevedono il coinvolgimento di persone che partecipino alla sperimentazione, tutti i potenziali medicinali vengono testati in laboratorio. Inizialmente si effettuano studi sperimentali in base ai quali è possibile stabilire quale sia la composizione qualitativa e quantitativa ideale di un vaccino (tipologia e quantità della componente attiva e di tutte le altre sostanze previste).
Una volta definito questo aspetto, il potenziale vaccino viene sottoposto alla sperimentazione pre-clinica. Che include studi in vitro, ossia in provetta, e in vivo, cioè su modelli animali. Questa fase permette di definire il meccanismo d'azione di un potenziale vaccino (cioè la capacità di indurre la risposta immunitaria), il profilo tossicologico e le prime evidenze di efficacia e sicurezza su un organismo vivente complesso (www.ema.europa.eu).
Dopo la fase pre-clinica si entra nel percorso di sperimentazione clinica. Cioè trial clinici, divisi in tre diverse fasi. Durante queste fasi, viene progressivamente aumentata la popolazione volontaria a cui viene somministrato il vaccino. E si passa da un centinaio di persone a migliaia. I trial clinici servono per verificare se il vaccino si comporta come previsto sulla base dei test di laboratorio. Ossia se attiva la risposta immunitaria attesa, e se ne valuta l'efficacia oltre che gli effetti collaterali più comuni.
Le autorità regolatorie analizzano i dati ottenuti in queste fasi, scrive ancora Focus, e autorizzare o negare l'immissione in commercio dei prodotti.
Solo a questo punto, insieme alla commercializzazione, inizia la farmacovigilanza. Si tratta di un sistema complesso di monitoraggio della sicurezza e di gestione dei rischi che proseguirà per tutto il tempo che il prodotto sarà presente sul mercato. Questo succede sempre e con tutti i farmaci in commercio.
I vaccini anti-Covid hanno attraversato tutte le fase appena descritte. Ma a differenza di altri vaccini, lo hanno fatto in tempi più rapidi. Basti pensare che il vaccino sviluppato in minor tempo, in precedenza, aveva richiesto 4 anni (quello per la parotite, negli anni '60).
Ma questa accelerazione si è resa possibile grazie a un enorme sforzo condiviso. Che ha permesso di rispondere rapidamente all'emergenza senza compromettere sicurezza e qualità della ricerca.
La rivista scientifica Nature ha spiegato che la rapidità è stata determinata grazie ad anni di ricerche su virus simili e sullo sviluppo di metodi più rapidi per produrre vaccini.
Sono stati inoltre stanziati enormi finanziamenti pubblici che hanno consentito alle aziende di eseguire diversi trial in parallelo. Parliamo di cifre stimate superiori ai 100 miliardi di euro.
Infine, le autorità regolatorie sono intervenute più rapidamente, dialogando continuamente con gli sviluppatori. Il risultato di tutto ciò è che oggi abbiamo ben quattro diversi vaccini sicuri ed efficaci autorizzati in Europa, a solo un anno dall'inizio della pandemia.
Un’altra fake news sul vaccino sperimentale è che hanno tecnologie nuove. In un’intervista al Corriere della Sera, Fabrizio Pregliasco, virologo, docente all’Università Statale di Milano, spiega la diffusione di questa bufala: «Molto è da attribuire a una sorta di cacofonia dell’informazione. E passata, per esempio, l’idea che i vaccini siano sperimentali e che alcuni possano interferire con il nostro Dna. Ma non è così. Le tecnologie che hanno permesso di mettere a punto i preparati a Rna (come Pfizer, ndr) e quelli a vettore virale (tipo AstraZeneca, ndr) sono allo studio da anni. E questa confusione informativa continua».
Il virologo Matteo Bassetti ha aggiunto: «La fake news che va per la maggiore è che questo vaccino sia sperimentale: la tecnologia a mRna è del 1990. Non è vero che il vaccino ha un anno di vita» (www.la7.it).