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Il vescovo Barron mette in guardia sull’ideologia del testo di “Imagine”, di John Lennon

BISHOP BARRON

Bishop Robert Barron | Youtube

Francisco Vêneto - pubblicato il 02/08/21

La canzone induce a giudicare la religione come una fonte di grandi mali, quando le ideologie atee si sono dimostrate molto più letali

Il vescovo ausiliare di Los Angeles, monsignor Robert Barron, fondatore del ministero Word on Fire, mette in guardia sull’ideologia del testo di Imagine, famosa canzone di John Lennon, perché induce a giudicare la religione come una fonte di grandi mali, quando di fatto le ideologie atee si sono dimostrate molto più letali.

La celebre canzone è stata cantata all’apertura dei Giochi Olimpici di Tokyo 2020, cosa che il presule ha commentato:

“È stata suonata e cantata da un coro di bambini. In seguito ci sono state versioni pre-registrate da varie stelle del pop, e questo è stato fatto come una specie di inno laico”.

Inno” laico e tendenzioso

Imagine è considerata da molti un inno alla pace mondiale e all’unione dell’umanità, visto che il testo composto da colui che molti indicano come il più famoso dei Beatles sembra indicare un mondo in cui non ci saranno più divisioni né preoccupazioni per il futuro: tutti vivrebbero letteralmente “per l’oggi”.

La presunta visione del mondo idilliaca descritta nella canzone lascia però trasparire un’ideologia apertamente materialista, che prescinde dalla trascendenza spirituale.

“Inizia così”, ha sottolineato monsignor Barron: “’Immagina che non esista il Paradiso; è facile se ci provi. Non c’è inferno sotto di noi; sopra di noi solo il cielo’ (…) Dire che non esiste il Paradiso, che non esiste l’inferno, significa che non c’è alcun criterio assoluto per il bene e il male. Non c’è un giudizio morale”.

Commentando il testo con un video condiviso su YouTube, il vescovo statunitense ha proseguito:

“Non ho assolutamente nulla contro i Beatles né contro l’opera di John Lennon, ma devo dire che non mi piace Imagine (…) ‘Immagina che non esistano Paesi; non è difficile. [Che non esista] nulla per cui le persone muoiono, né religione’. Quello che mi irrita di più in questo passo è la parte finale, ‘né religione’ (…) E quello che molte persone della sinistra laica in genere deducono è che la fonte reale dei mali è la religione. Sarebbe per colpa loro che le persone litigano”.

È proprio in questo passo che la canzone rafforza una visione ideologica fallace. Il vescovo critica:

“Guardate meglio al XX secolo: le ideologie atee sono state responsabili di molta più violenza della religione”.

Osservando che fattori etnici, economici, politici e coloniali si sono mostrati “molto più letali” della religione, monsignor Barron aggiunge che a suo avviso ciò che è necessario per ottenere la pace è proprio il contrario dell’abbandono della fede:

“Quando mettiamo Dio da parte, mettiamo da parte anche ciò che è trascendente, mettiamo da parte il senso obiettivo della moralità. Ed è qui che abbiamo problemi”.

Ipocrisia

Oltre ad avvertire del messaggio antireligioso sviato e fallace diffuso dall’ideologia del testo di Imagine, il vescovo non trascura un fatto quantomeno incoerente, per non dire ipocrita, durante l’esecuzione del brano all’apertura delle Olimpiadi di Tokyo:

“Quello che mi ha fatto ridere è stato sentire tutte quelle celebrità, e non ne dirò i nomi, perché potete andare su YouTube e vederle, ma tutte quelle celebrità che cantano il passo ‘Immagina che non esistano proprietà’ (…) Ciascuno di coloro che hanno cantato è multimilionario. E non ritengo necessario un grande sforzo di immaginazione per dire che loro, probabilmente tutti, hanno molte case, flotte di macchine e armadi pieni di vestiti”.

“Non c’è niente di sbagliato nelle proprietà in sé, e del resto difendiamo la proprietà privata. Il problema è quando non si ha una base morale per collocare le mie proprietà in un contesto morale più ampio: quello del bene comune. Il problema è questo. È lì che le proprietà possono diventare problematiche”.

Tutti “fratelli”… ma senza un Padre

Il vescovo ha infine ricordato un’altra incoerenza di una presunta “fraternità universale” che finge che non abbiamo un Padre in comune:

“È semplicemente impossibile avere una fraternità tra tutti gli esseri umani se il nostro Padre comune viene messo da parte. Se si vuole parlare di una fratellanza reale, di un rapporto fraterno, è impossibile tagliare fuori il nostro Padre comune”.

La stessa incongruenza si è verificata nel motto della Rivoluzione Francese, che, ispirata da “ideali” non solo laici, ma ferocemente anticristiani, predicava il mantra “libertà, uguaglianza e fraternità” mentre nella pratica ricorreva alla persecuzione ideologica, alle condanne sommarie alla ghigliottina contro tutti gli “uguali” che non erano poi così “uguali”.

La stessa ipocrisia dell’“uguaglianza selettiva” è stata usata da George Orwell per sintetizzare magistralmente un’altra ideologia fallace e totalitaria che si finge umanitaria e fraterna: il comunismo, in cui “tutti sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”.

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