In cielo vi è una gerarchia e all'interno di essa figura un angelo splendente: San Michele. Nel firmamento le stelle differiscono per chiarezza. In cielo anche gli angeli devono brillare d’uno splendore più o meno vivo, a seconda di come si accostano più o meno vicini alla Santa Trinità.
Lo Pseudo-Dionigi e san Tommaso dicono che vi sono tre gerarchie in mezzo agli angeli, e che ognuna di esse è divisa in tre cori od ordini distinti.
Nella prima figurano i Serafini, che possiedono ad un grado sovreminente il privilegio dell’amore, i Cherubini ai quali si attribuisce la scienza, i Troni che giudicano nella pace e la stabilità.
La seconda gerarchia comprende le Dominazioni che rappresentano il sovrano dominio del Creatore, le Virtù che hanno la forza come appannaggio, le Potenze che hanno per attributo la giustizia.
Infine nella terza gerarchia vi sono i Principati che vigilano sulle nazioni, gli Arcangeli che sono i messaggeri straordinari dell’Altissimo e gli Angeli che sono i suoi normali messaggeri.
Ecco l’ammirabile esercito di Dio in cielo: al vertice c'è San Michele. Anche il segretario e uomo di fiducia del riformatore protestante Lutero ebbe a scrivere: “Michele guida le schiere degli angeli, egli è davvero un principe di alto rango, sotto la sua bandiera volano tutti gli angeli, combattendo giorno e notte contro l’astuzia e la potenza del diavolo” (Filippo MELANTONE, 1539, Innario evangelico, Bayern 1958, n. 116).
Qual’è in mezzo a queste migliaia di spiriti beati il posto di San Michele? E’ al vertice delle sacre gerarchie che occorre contemplarlo. Egli porta, è vero, il nome di arcangelo e lo porta perché è stato nel mondo l’inviato straordinario di Dio. Tuttavia la Scrittura, i Padri, i teologi ci autorizzano a porlo più su che nella terza gerarchia.
Il profeta Daniele definisce l’angelo Michele uno dei primi principi, il grande principe. E’ come dire che occorre piazzarlo nell’ordine supremo che è quello dei Serafini? Questa locuzione d’altronde, nel vocabolario della lingua ebraica, significa: il primo tra i principi.
San Giovanni, parlando del grande combattimento del cielo, dice che Michele ed i suoi angeli lottavano contro il Dragone. Prova evidente, scrive San Roberto Bellarmino, che Michele è il principe degli angeli. Michele ed i suoi angeli! Ossia Michele e il santo esercito del cielo che lo riconosce come suo generale.
Un autore protestante contemporaneo ha scritto: “Gli Angeli sono ben organizzati. Si differenziano per dimensioni, forza e rango, hanno una gerarchia e un capo. Probabilmente gli Angeli meno importanti stanno ancora imparando il mestiere, proprio come noi! Originariamente esistevano due Arcangeli, ma poi, con la caduta di Lucifero, è rimasto solo Michele. Il termine “Arcangelo” significa semplicemente capo, l’angelo più importante o il principale. Michele é incaricato di amministrare la creazione di Dio, e la sua preoccupazione primaria è rappresentata da Israele e dal popolo di Dio” (David LAMB, Angeli e demoni. La battaglia invisibile, Edizione Il Dono, Mantova 2001, p. 27).
Un notissimo biblista cattolico ha affermato: “(Michele) è definito come “il gran Principe”, ma questo suo titolo è da connettere alla sua collocazione nell’Assemblea della Corte celeste. Ove gli Angeli sono raffigurati – secondo un’antica concezione giudaica, passata anche nel cristianesimo – in varie gerarchie. Nel Libro di Daniele, al capitolo 10, si presenta Michele come “uno dei primi Principi”: il suo compito è quello, infatti, di essere a capo spirituale di Israele, suo Protettore dall’Alto.
Tutte le nazioni, infatti, hanno un loro “Principe” angelico: nella stessa pagina si parla del Principe del Regno di Persia, l’Angelo che sovrintendeva dal cielo alle azioni di quel re e alle vicende del suo impero. Con queste presenze soprannaturali si vuole ricordare che la storia non è solo in mano ai principi terreni e alle loro manovre politiche. C’è un progetto più alto che Dio conduce attraverso i suoi messaggeri, gli Angeli” (Gianfranco RAVASI, Michele difende le anime da Satana, Famiglia Cristiana n. 46/2003, p. 165).
Uno scrittore cappuccino tedesco, prima del Concilio Vaticano II aveva notato: “La Chiesa ha la profonda convinzione che Michele abbia un immenso significato anche nella nostra vita, soprattutto verso la fine. Nel Breviario per la festa dell’apparizione dell’8 maggio, lo definisce: “Reggitore del paradiso, che i sudditi angelici ossequiano” e gli fa parlare da Dio stesso: “Arcangelo Michele io ti ho posto come principe, al di sopra di tutte le anime che qui verranno accolte”.
Forse in queste preghiere risuonano antiche concezioni sulla guida delle anime da parte degli angeli verso l’eternità. Sono errate: in ogni caso per San Michele sono basate sulla Bibbia e sul senso cristiano” (Otto HOPHAN, Gli Angeli, Pia Società San Paolo, Roma 1959, p. 355).
Sull’autorità della Scrittura noi possiamo aggiungere il parere dei Padri e dei Dottori della Chiesa: “O san Michele, grida san Basilio Magno, io ti rivolgo le mie umili suppliche, a te che sei il capo degli spiriti beati, a te che per la dignità e gli onori sei innalzato al di sopra di tutti gli altri”.
Cornelio A Lapide chiama san Michele il primo dei Serafini, il primo degli angeli assistenti al trono di Dio.
Infine la Chiesa nel suo ufficio per molti secoli ha chiamato san Michele il Preposito del Paradiso, Colui che onorano i concittadini degli angeli, il Principe della milizia degli angeli. Essa indica così la sua superiorità sugli altri angeli.
Noi possiamo dunque dire con il santo diacono di Costantinopoli, Pantaleone, che in cielo, san Michele è il primo ed il più bello di quegli angeli le cui miriadi popolano il Paradiso: la più grande e radiosa stella dell’ordine angelico: