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Spiritualità
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La potente intercessione di san Michele spiegata da un esorcista e un cardinale

ST MICHAEL,ARCHANGEL,STATUE

Pcdazero | CC0

L'arcangelo Michele.

don Marcello Stanzione - pubblicato il 15/05/21

L’incenso, spiegava padre Amorth è un profumo importante per invocare l’arcangelo. Così come un particolare modo di pregare, affermava il cardinale belga Schotte

La potente intercessione di san Michele, spiegata con le parole di un famoso esorcista e un autorevole cardinale belga.

Dalla Bibbia apprendiamo che il patriarca Giacobbe una sera s’addormenta nel deserto: egli vede una scala il cui piede tocca la terra e il cui vertice si perde nei cieli. E attraverso questa scala degli angeli salgono e discendono. Così gli angeli salgono recando i nostri voti e le nostre preghiere, e discendono riportando grazie e favori. 

SAINT MICHEAL
San Michele, l’angelo guerriero: è lo spirito celeste che ha combattuto contro il diavolo, in una battaglia durissima raccontata nell’Apocalisse.

I profumi emanati con le preghiere

San Michele lassù riceve le nostre preghiere: è lui che ha l’incarico di presentarle a Dio. Noi siamo autorizzati a riconoscerlo in quell’angelo visto da san Giovanni in piedi, davanti all’altare con un incensiere d’oro in mano. Gli si diede una grande quantità di profumi, affinché egli presentasse le preghiere di tutti i santi sull’altare d’oro che è davanti al trono. Ed il fumo dei profumi composti dalle preghiere dei santi, levandosi dalla mano dell’angelo, salì davanti a Dio .

Ecco perché la Chiesa chiede a Dio nella sua liturgia di degnarsi di benedire l’incenso e di gradirlo attraverso l’intercessione del beato arcangelo Michele che è alla destra dell’altare dei profumi. 

L’incenso esorcizzato

Riguardo all’incenso benedetto nel nome di san Michele, ancora oggi molti esorcisti lo utilizzano. Uno dei più noti, scomparso da qualche anno, in una intervista ha dichiarato: 

“Che cosa è l’incenso esorcizzato? È un incenso diventato sacramentale, ossia benedetto con una formula ufficiale della Chiesa. Lo si usa per ottenere vari scopi, soprattutto per cacciare i demoni. Io lo uso per benedire le case. Prima benedico l’incenso con la formula con cui si invoca l’Arcangelo Michele: Per intercessionem Sancti Michaelis Archangeli, stantis a dextris altaris incensi, et omnium electorum suorum, incensum istud dignetur Dominus benedicere, et in odorem suavitatis accipere. Per Christum Dominum nostrum. Amen. Per intercessione di San Michele Arcangelo, il Signore si degni di accettare, di accogliere questo incenso […]. 

GABRIELE AMORTH
Padre Amorth.

Le tre azioni di don Amorth

Ricapitolando, per benedire le case don Amorth faceva tre azioni: prima benedice ogni stanza con l’acqua benedetta; poi benedice l’incenso con la formula con cui invoca San Michele Arcangelo e incensa ogni luogo”. (Intervista a Don Gabriele Amorth in Angela Musolesi, Presidente degli esorcisti. Esperienze e delucidazioni di Don Gabriele Amorth, Edizioni Carismatici Francescani, Ravenna 2006, p. 37 e p. 149).

Nessuno è come san Michele. Parola di un cardinale

Così san Michele ha l’incarico di presentare a Dio le nostre preghiere. Abbiate fiducia, chiunque voi siate, servitori di questo santo Arcangelo: presentate dalle sue mani, le vostre suppliche saranno gradite al Signore e vi otterranno grazia e misericordia

Riguardo alla preghiera ha detto un cardinale:

“E’ alla preghiera che dobbiamo affidare  le nostre aspirazioni e le nostre necessità, i timori e le angosce, la protezione della Chiesa e il destino dei popoli. Gli angeli ci sono vicini, raccolgono le nostre invocazioni, perché siano esaudite dal Padre e Signore del tempo e della storia. Michele ripete il suo annuncio e il suo appello “Chi come Dio?”. Nella nostra risposta, fatta umile supplica, diremo: “Nessuno è come te, Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo, che hai creato, redento e santificato l’umanità e hai convocato la Chiesa come tuo popolo, segno elevato tra le nazioni, perché diffonda fino agli ultimi confini la tua parola di salvezza”. (Card. Jean P. SCHOTTE, Dall’Omelia pronunciata nella Basilica di San Michele Arcangelo al Gargano (FG) l’8 maggio 2002).

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